Fonte: La Repubblica
di Alberto D’Argenio
I leader si sono buttati in una difficile discussione, “storica” secondo Angela Merkel, perché in gioco ci sono le modalità di uscita della Gran Bretagna. I più duri Macron, il lussemburghese Bettel e il belga Michel
Al termine di una riunione fiume cominciata nel pomeriggio, i leader dell’Unione trovano un modo per spostare un po’ più in là lo spettro di una Brexit senza accordo. Riuniti a Bruxelles, i capi di Stato e di governo europei dovevano decidere cosa fare con la richiesta avanzata da Theresa May di rinviare il divorzio tra Ue e Regno Unito – che altrimenti sarebbe scattato il 29 marzo con un alto rischio di “no deal” – fino al 30 giugno.
Richiesta inaccettabile, visto che in quel modo Londra sarebbe rimasta nell’Ue senza votare per le europee del 23-26 maggio, rischiando di inficiare la legalità del Parlamento di Strasburgo. D’altra parte i ripetuti fallimenti a Westminster della premier lasciavano troppi rischi di recesso disordinato, disastroso per l’economia britannica e comunque nocivo anche per quella europea.
Così i leader si sono buttati in una difficile discussione, “storica” secondo Angela Merkel perché in gioco ci sono le modalità di uscita della Gran Bretagna. E certamente anche accesa, come raccontano fonti europee. Ogni partecipante ha portato al tavolo la sua idea, spesso figlia di calcoli sulle convenienze dei vari scenari nel proprio scacchiere politico interno.
I più duri Macron, il lussemburghese Bettel e il belga Michel, legati da un solido rapporto di amicizia e uniti dalla fede liberale, che volevano tenere duro, mettere la May con le spalle al muro e non concederle ulteriore spazio. Un’ostinazione che alla fine – riferisce chi ha assistito al summit – ha portato a un battibecco proprio tra Macron e il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Quest’ultimo appoggiato di fronte ai colleghi da Angela Merkel, per una volta sul fronte opposto rispetto all’alleato francese che ha dovuto ripiegare.
“Secondo il Papa l’inferno è ancora vuoto, c’è molto spazio” commenta il presidente del Consiglio europeo a chi chiede se l’inferno dovrebbe essere allargato per contenere più brexiteers che non voteranno per l’accordo di May la prossima settimana ai Comuni.
Così intorno alle 23 si è arrivati alla bizantina soluzione. Settimana prossima Westminster sarà nuovamente chiamato a votare l’accordo di divorzio negoziato tra gli europei e May. Testo sonoramente bocciato già due volte. Se passerà, sarà fatta. Scatterà una proroga tecnica fino al 22 maggio per dar tempo agli inglesi di recepire e applicare l’accordo (il punto caldo la gestione del confine tra Irlanda e Uslter) e uscire alla vigilia delle europee.
In caso di bocciatura, scenario più probabile, la May avrà tempo fino al 12 aprile per decidere cosa fare (la data non è scelta a caso, ma viene considerata termine ultimo per permettere ai Paesi Ue di organizzare le europee sapendo se Londra vi prenderà parte o no, circostanza che muta il numero di seggi a Strasburgo a disposizione di ogni Nazione).
Un paio di settimane, dunque, per scegliere tra l’uscita disordinata o la richiesta di un rinvio lungo, finora respinto dalla premier conservatrice, che potrebbe andare dai 9 ai 15 mesi. Con un sottotesto chiarissimo, almeno per gli europei: lasciare tempo al Parlamento e alle forze politiche di Londra di costringere May alle dimissioni e convocare nuove elezioni generali nel Regno per cambiare lo scenario politico. Non a caso il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn, a Bruxelles ha incontrato i leader del Partito socialista europeo e diversi dirigenti dell’Unione.
“May ha accettato la proposta di proroga – ha fatto sapere nella tarda serata Tusk – fino al 12 aprile Londra avrà ancora la possibilità di un accordo, di una Brexit senza intesa, di una lunga estensione o di revocare l’uscita”. Dal canto suo, May ha ribadito: “Farò ogni sforzo per assicurare un’uscita con un accordo”. Dunque tutto è ancora aperto, la telenovela politica dell’anno resta viva anche se ormai gli europei mal sopportano la collega di Downing Street, dietro le quinte accusata di avere ripetutamente dato garanzie su soluzioni politiche nella sua maggioranza mai avveratesi.
Infine, a Bruxelles si dà quasi per scontato che si andrà a elezioni e proroga lunga e già c’è chi scommette che alla fine i britannici resteranno nell’Unione. Intanto, nello scenario di estensione del rinvio oltre maggio, i cittadini di sua Maestà dovranno recarsi alle urne anche per le europee. Ed eleggere i loro rappresentanti in un Parlamento che 1000 giorni fa tramite referendum avevano ripudiato.