22 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Antonello Guerrera

Il presidente del Parlamento europeo incontra il primo ministro britannico a Londra. La cancelliere tedesca Merkel: “Accordo quasi impossibile”. Il presidente del Consiglio Ue Tusk accusa: il premier gioca a “uno stupido scaricabarile”

Quando a tarda sera raggiunge i giornalisti a Londra, David Sassoli è una furia. Il presidente italiano del Parlamento europeo ha appena incontrato il premier britannico Boris Johnson. Un meeting disastroso. “Sono molto dispiaciuto. Il 31 ottobre è alle porte e sulla Brexit non c’è alcun progresso”. Sassoli è sconcertato: “Johnson me lo ha detto più volte: “Non chiederò mai un rinvio della Brexit!”. Ma se allora si vuole davvero un accordo, bisogna prendersi le proprie responsabilità. Sempre se lo si voglia…”. Ma Downing Street dice che le proposte le ha fatte e ora tocca all’Europa: “Quelle non sono proposte serie”, ribatte Sassoli con rabbia rara, “sono idee! Ma poi, come si può pensare che il Parlamento locale dell’Irlanda del Nord possa avere il potere di decidere sul futuro delle delicatissime relazioni tra Belfast e Dublino? Questo è compito delle autorità nazionali!”.
Insomma, a soli 23 giorni dalla possibile uscita senza accordo e forse catastrofica di Londra dall’Ue (“No Deal”), è scontro totale tra Regno Unito ed Ue sulla Brexit. I “nuovi negoziati” da sono ufficialmente moribondi, se non morti, dopo una giornata estremamente tesa. Sebbene il Guardian scriva che l’Ue sarebbe pronta a prolungare i colloqui sulla Brexit fino alla prossima estate. Le avvisaglie c’erano state ieri notte, quando una fonte di alto rilievo di Downing Street aveva passato a James Forsyth, capo della redazione politica dello Spectator, delle minute chiare e durissime: “Se i negoziati falliscono nei prossimi giorni (anticipando l’ultimatum di Macron per venerdì, ndr) allora sarà finita. Ma per noi non c’è problema. Il 31 ottobre usciamo, con o senza accordo, a noi non importa”.
Non solo: la stessa fonte, che in molti individuano nel “Rasputin” di Johnson Dominic Cummings, faceva capire che Londra starebbe cercando clamorosamente un Paese membro dell’Ue che ponga il veto (basta uno) a un’eventuale estensione della Brexit ora fissata al 31 ottobre, promettendo in cambio a tali Paesi (soprattutto dell’Est si sospetta) la “primissima fila” quando poi ci sarà da stringere accordi commerciali post Brexit, e allo stesso tempo “ostilità” nei confronti dei Paesi che avallassero il rinvio.
Erano solo le avvisaglie, appunto, probabilmente parte di strategia di Downing St. alla ricerca dello scontro, che puntualmente oggi è arrivato, totale, sulla Brexit. Questo perché in mattinata Downing Street ha fatto filtrare alcuni dettagli esplosivi della telefonata di oltre 30 minuti che stamattina il premier britannico Boris Johnson ha avuto con la cancelliera tedesca: durante la conversazione Angela Merkel avrebbe detto che il rompicapo del confine irlandese post Brexit potrebbe essere risolto solo con un’Irlanda del Nord che, a differenza del resto del Regno Unito, rimanga agganciata all’Unione Doganale Ue. Altrimenti, sulle basi della proposta Johnson, un accordo sarebbe “praticamente impossibile”.
È la bomba gettata da Johnson, molto probabilmente parte di quel “blame game”, lo “scaricabarile” delle colpe di un’eventuale uscita senza accordo “No Deal”. Un gioco pericolosissimo cui entrambi i blocchi (Ue e Uk) stanno oramai prendendo parte da tempo. Insomma, facendo trapelare la telefonata il governo britannico “incolpare” Merkel dell’oramai imminente fallimento degli ultimi negoziati. Lo scontro totale era questione di minuti.
Poco dopo, infatti, è arrivata la furiosa reazione dell’Unione Europea, tramite il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, che ha twittato parole di fuoco: “Boris Johnson, qui in gioco non c’è uno stupido scaricabarile, qui in gioco ci sono il futuro dell’Europa e del Regno Unito, la sicurezza e la vita delle persone. Non vuoi un accordo, non vuoi un’estensione, non vuoi revocare la Brexit, quo vadis?”. Che cosa vuoi?
Forse, solo il No Deal. Oppure spaccare l’Europa, sinora molto unita sul tema e determinata a restare tale nonostante le forti pressioni oltremanica. Da Berlino raccontano di una Merkel “molto preoccupata” dopo la telefonata con Johnson di ieri mattina ma sempre speranzosa per un accordo, mentre il presidente francese Macron considererebbe ogni negoziato oramai inutile. Intanto Londra ieri ha annunciato nuove monete da 50 centesimi dedicate alla Brexit. Una celebrazione al momento molto triste. Ma soprattutto il premier britannico ha fatto richiudere il Parlamento, ma stavolta, come ampiamente anticipato, senza polemiche e solo per qualche giorno prima dell’attesissimo discorso della Regina alla Camera dei Lord il 14 ottobre.
In ogni caso, come dicevamo, i negoziati Uk-Ue si sono dissolti, sciolti come neve al sole. Uno strappo gravissimo, difficilmente ricucibile, perlomeno nei prossimi giorni. Insomma, con queste basi sarà impossibile ora trovare un accordo entro il 17 ottobre, data del Consiglio europeo. Una pericolosissima uscita senza accordo del Regno Unito dall’Ue sarebbe ormai sempre più vicina, anche se c’è una legge delle opposizioni che imporrebbe a Johnson il rinvio se entro il 19 ottobre non avrà un accordo controfirmato dall’Europa. Impossibile, dicevamo. Dunque a Downing Street, tra cavilli legali, assurdi stratagemmi e la incredibile minaccia (ora non esplicita) di ignorare la legge, le stanno pensando tutte per evitare il rinvio imposto dalle opposizioni ed uscire, molto probabilmente rovinosamente il 31 ottobre, per saltare nel vuoto del No Deal.
Per il premier britannico si profila comunque una rivolta in seno al governo nel caso di una Brexit senza accordo. Secondo quando scrive il Times, cinque ministri sarebbero pronti a dimettersi. Nella “watch list” vi sarebbero il segretario alla Cultura Nicky Morgan, il ministro britannico per l’Irlanda del Nord Julian Smith, il ministro di Giustizia Robert Buckland, il ministro della Sanità Matt Hancock e il procuratore generale Geoffrey Cox. Secondo un membro dell’esecutivo citato dal Times, anche “un gran numero” di parlamentari conservatori si dimetterà nel caso di un ‘no deal’ per la Brexit.

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