20 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Antonello Guerrera

La premier britannica May vede il caponegoziatore europeo Barnier e il presidente della commissione Juncker. Manca l’accordo su alcuni dettagli fondamentali, tra cui il confine irlandese. E il vertice decisivo slitta ancora

Il vertice a Bruxelles tra la premier britannica Theresa May e i leader dell’Unione Europea non ha portato alcuna novità. Lo stallo rimane: per ora, hanno deciso i 27 Paesi Ue, resta in sospeso anche il vertice straordinario del 17-18 novembre fino a quando non ci saranno evidenti passi concreti in avanti. Difatti, nonostante l’ottimismo di circostanza, le divergenze sono spiccate anche in frasi e intenti apparentemente simili dei protagonisti. Se May ha detto arrivando nella capitale belga che “l’accordo è a portata di mano, può essere raggiunto nei prossimi giorni o settimane”, il capo negoziatore dell’Unione Europea, Michel Barnier, un’ora dopo ha subito puntualizzato che invece manca “molto tempo” per arrivare alla soluzione.
Per il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani May “non ha portato niente di nuovo al tavolo”. Ed era previsto, viste le spaccature interne del partito conservatore e di tutto il governo britannico, in forte crisi d’identità. La presidente della Lituania, Dalia Grybauskaite, è stata più sarcastica su Twitter: “Cena sulla Brexit: negoziati non nel menù. Ci aspettiamo una ‘full English breakfast’ (colazione inglese completa, ndr) al prossimo Consiglio europeo”. May non ha neanche partecipato alla cena con i 27 leader europei, è andata via prima.
Sono dettagli, ma cruciali, quelli che stanno rallentando il raggiungimento di un accordo sulla Brexit che farebbe tirare a tutti un sospiro di sollievo. Il 29 marzo 2019, il limite massimo entro cui l’accordo dovra essere approvato e votato dai parlamenti britannici ed europei, è sempre più vicino. Fonti britanniche parlano di “85% di obiettivi raggiunti”, Merkel si è spinta addirittura al 90%. Ma mancano quei “dettagli” fondamentali. Innanzitutto, la risoluzione dell’annosa questione irlandese e del ritorno dei confini tra nord e sud che potrebbero aizzare vecchie tensioni e violenze. Rimane dunque il nodo del “backstop”, cioè il regime temporaneo di pressoché libera circolazione di merci e persone attraverso il confine irlandese in attesa di una soluzione a lungo termine. Londra la vuole limitata nel tempo, l’Europa in vigore fino a quando ce ne sarà bisogno.
L’Ue ieri ha anche offerto un prolungamento di un anno del periodo di transizione (sinora previsto da aprile 2019 a dicembre 2020, in caso di accordo entro il marzo prossimo), per avere più tempo per raggiungere un compromesso stabile. Una ipotesi che May stessa aveva già ponderato nelle settimane scorse, ma ieri la sua reazione è stata fredda sempre a causa delle fratture interne a Londra. Intanto, oggi il governo francese ha minacciato l’obbligo di visto per i cittadini britannici in Francia, in caso di nessun accordo Uk-Ue entro la fatidica data del 29 marzo 2019, quando il divorzio sarà ufficiale. E coloro che a quel punto non dimostreranno di essere cittadini regolarmente residenti verranno considerati immigrati irregolari, a rischio espulsione.

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