POLITICA
Fonte: La Stampa
Renzi scrive le sue proposte a 3 milioni di statali: tagli, risparmi ma anche l’assunzione di 10mila giovani
«Non ditemi che sono arrogante perché voglio fare la riforma, semmai ditemi che sto sbagliando.
Fatemi sapere cosa ne pensate». Matteo Renzi lancia la sua «rivoluzione» scrivendo direttamente a tutti i 3 milioni e più di dipendenti pubblici, scavalcando i sindacati. «Un datore di lavoro non è libero di parlare coi suoi dipendenti?» attacca polemico. «Da oggi – aggiunge il premer – cominciano a cambiare la Pa, lo facciamo coinvolgendo e non obbligando. Non mettiamo diktat ma il conto alla rovescia è cominciato».
Tempo 30 giorni, tanto durerà la consultazione pubblica, alla quale potranno partecipare tutti quelli che si sentono chiamati in causa, dai dipendenti al mondo produttivo, dai sindacati ai semplici cittadini. Ognuno potrà dire la sua scrivendo all’indirizzo di posta elettronica «Rivoluzione@governo.it». Poi il governo tirerà le fila e porterà i suoi provvedimenti al consiglio dei ministri in programma venerdì 13 giugno.
«Se la Pa non la cambiano rimaniamo un Paese impantanato ma noi crediamo che riusciremo a farlo» ha spiegato il presidente del Consiglio durante la conferenza stampa di ieri. «Come per la legge elettorale, abbiamo voluto tenere questi provvedimenti al riparo dalla campagna elettorale per evitare polemiche strumentali»).
Tre gli ambiti di intervento, capitale umano, taglio agli sprechi e riorganizzazione, open data/semplificazione/digitalizzazione. In tutto sono 44 le proposte messe nero su bianco.
Il premier mette subito in chiaro che non ci saranno esuberi, «perché non si tratta di tagliare i costi ma di razionalizzare i servizi», e perché «la riforma non sarà «contro i lavoratori o i fannulloni, perché avrebbe le gambe corte». Ma non ci saranno nemmeno trattative estenuanti o tavoli sindacali: per Renzi «si discute per decidere non per discutere, altrimenti siamo al bar sport. Le richieste di Camusso? Ho delegato il ministro Madia». Che a sua volta conferma: «Nessun tavolo, spero che i sindacati non abbiamo nulla in contrario se consultiamo i lavoratori, i referendum li fanno anche loro».
Tra i punti della riforma il governo vuole inserire il ruolo unico della dirigenza, che si porterà dietro anche la scomparsa della figura dei segretari comunali, e poi la possibilità di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico oltre un determinato termine, la mobilità tra amministrazioni, volontaria ma anche obbligatoria, i prepensionamenti, il dimezzamento dei permessi sindacali ma pure lo sblocco del turn- over in maniera tale da liberare entro il 2018 tra 10 e 14-15mila posti per assumere giovani. Nessun nuovo tetti ai compensi ma retribuzioni agganciate all’andamento dell’economia.
Molto corposo il pacchetto di tagli che potrebbe essere ribattezzato Sforbicia-Italia. Nel mirino prefetture, centri pubblici di ricerca, l’Aci, le sovrintendenze, gli uffici provinciali dello Stato come la Ragioneria, le autorità portuali. Verrà eliminato per le imprese l’obbligo di iscrizione alle Camere di commercio e si interverrà sul fronte della giustizia amministrativa con l’inasprimento delle sanzioni per le liti temerarie e la modifica dei poteri di sospensiva dei Tar. Infine per accedere a tutti gli atti «dalle multe il sù» ogni cittadino sarà dotato di un pin digitale.
Proteste? Quelle prevedibili: Forza Italia, la Cgil e l’Unioncamere. La Cisl invece è dialogante. Ma 40 giorni sono lunghi, può ancora succedere di tutto.