Fonte: La Repubblica
L’autorità Anticorruzione era stata chiamata in causa da Conte durante il suo intervento alla Camera: “Risultati inferiori alle aspettative”. Oggi il suo presidente dice: “Continuerò a fare l’anticorruzione”. In serata chiarimento al telefono tra il premier (“Mie parole interpretate male…”) e l’ex magistrato: “Suo obiettivo non era attaccare l’Anac, mi fido”
L’attacco in Aula, ieri, da parte del premier Giuseppe Conte. Un incontro oggi con il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli e una telefonata (cominciata con “le mie parole sono state interpretate male…”), dal presidente del Consiglio. Raffaele Cantone è protagonista involontario di queste prime ore del nuovo governo. Ieri si era limitato a far filtrare il suo “stupore” dopo le parole del premier (“Dall’Anac risultati inferiori alle aspettative”). Oggi, a margine di un convegno, ha risposto: “Continuerò a fare anticorruzione, il mio incarico scade nel 2020”. Si sente sotto assedio?, gli è stato chiesto. “No, sono tranquillo”, ha risposto. “Possiamo anche essere insoddisfatti ma abbiamo fatto grandi passi in avanti come paese, non mettendo la spazzatura sotto il tappeto ma buttandola fuori di casa. E non è vero che parlare di corruzione fa male al paese, è una bugia. Negli ultimi tre anni nella percezione della corruzione l’Italia ha guadagnato dieci posizioni nelle classifiche internazionali”. Nel pomeriggio poi una nota di Palazzo Chigi tenta di chiarire il malinteso. “Le mie parole sono state interpretate male…”, ha detto al telefono Conte a Cantone. Nel corso del colloquio, i due “hanno convenuto sulla necessità di rafforzare la lotta alla corruzione, individuando specifici percorsi di legalità nell’ambito della Pubblica Amministrazione, operando, tuttavia, una semplificazione del quadro normativo vigente, in modo da consentire il riavvio degli investimenti nel settore dei contratti pubblici”. Replica l’ex magistrato: “Conte mi ha detto che il suo obiettivo non era attaccare l’Anac, mi ha detto che non era quello l’obiettivo, io credo alle istituzioni e mi fido.
Passano poche ore e da Palazzo Chigi arriva la notizia di una telefonata tra Conte e Cantone. “Questa mattina Conte ha sentito al telefono il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. Un colloquio cordiale nel corso del quale hanno convenuto sulla necessità di rafforzare la lotta alla corruzione, individuando specifici percorsi di legalità nell’ambito pubblica amministrazione, operando, tuttavia, una semplificazione del quadro normativo vigente, in modo da consentire il riavvio degli investimenti nel settore dei contratti pubblici”. Insomma, una disfida giocata sul piano sottile delle parole scelte.
Difficile, per Cantone, gestire il peso delle dichiarazioni fatte ieri da Conte sull’Anac: “Cercheremo di valutare bene il suo ruolo che non va depotenziato, ma non abbiamo in questo momento i risultati che ci aspettavamo. Forse avevamo investito troppo”, aveva detto ieri il premier. E pensare che Cantone era un tempo nel cuore dei Cinquestelle, tanto da essere entrato nella lista delle Quirinarie. Simpatia svanita?
Non a caso, in mattinata, c’è stato un incontro tra Cantone e il neoministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli: “Il mio Ministero intende aprire un tavolo di confronto per le migliorie legislative che servono”, ha detto al termine Toninelli. “Cercheremo la massima collaborazione con Anac, nella convinzione che bisogna voltare pagina rispetto ai troppi scandali del passato”.
“Abbiamo parlato in particolar modo del nuovo codice dei contratti e di quello che in esso va migliorato per far partire e ripartire tante opere pubbliche oggi bloccate”, ha detto ancora Toninelli, definendo l’incontro costruttivo. “La corruzione fiorisce soprattutto laddove c’è eccessiva discrezionalità nelle decisioni, accompagnata da complessità e opacità nelle regole”.
Toninelli precisa cosa, a suo avviso, dovrebbe migliorare: “Una reale semplificazione, a favore soprattutto degli enti locali che devono investire per migliorare le loro infrastrutture e i servizi ai cittadini, può e deve coniugarsi con controlli più penetranti, in maniera da colpire non solo la pratica della mazzetta, ma anche e soprattutto quell’area grigia in cui prospera la collusione tra colletti bianchi, imprenditori compiacenti e criminalità organizzata”.