19 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

Oltre all’aumento di capitale, stimato di un miliardo, lo Stato prevede anche 300 milioni di garanzie per emissioni obbligazionarie fino a 3 miliardi

Il governo mette a punto i paracadute per Carige. Secondo il decreto firmato questa sera dal Capo dello Stato e trasmesso alle Camere, il governo mette in conto subito un fondo da 1,3 miliardi di euro per ‘salvare’ la banca. Il testo non è altro che un copia e incolla del Dl 237/2016, che il governo Gentiloni pubblicò per salvare Monte dei Paschi e le venete, PopVicenza e Veneto Banca, identico dalle regole sulle garanzie fino ai meccanismi, con burden sharing, per la nazionalizzazione. I fondi, secondo quanto scritto nel decreto, saranno un miliardo al massimo di ricapitalizzazione e 300 milioni di garanzie sull’emissione di passività da parte della banca fino a un massimo di 3 miliardi. Resta il fatto che nell’ipotesi teorica che Carige emettesse titoli di debito per tutti e 3 i miliardi e poi non fosse in grado di ripagarli, toccherebbe allo Stato che ha dato la sua garanzia far fronte alle obbligazioni, portando il conto totale dell’intervento fino a un massimo teorico di 4 miliardi. Ma questa è un’ipotesi che il governo non prende nemmeno in considerazione, ritenendola di fatto impossibile.
“Al fine di evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell’economia e preservare la stabilità finanziaria il ministero dell’Economia è autorizzato, fino al 30 giugno 2019, a concedere la garanzia dello stato su passività di nuova emissione di Banca Carige, nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di stato, fino a un valore nominale di 3.000 milioni”, si legge al primo articolo del decreto legge per il ‘salvataggio’ di Carige.
Saranno i tagli ai fondi multilaterali di sviluppo e al fondo globale per l’ambiente a ‘pagare’ il salvataggio. Le risorse del fondo non più necessarie sono versate al bilancio dello Stato e riassegnate ai capitoli di provenienza.
Per chiedere l’intervento dello Stato, Banca Carige dovrà presentare a Bce e Bankitalia un piano di rafforzamento patrimoniale. Il “programma” dovrà indicare l’entità del fabbisogno di capitale necessario, le misure che la banca intende intraprendere per conseguire il rafforzamento, nonché il termine per la realizzazione del programma. Lo stato dal canto suo, tramite il Mef, è autorizzato a sottoscrivere o acquistare, sempre entro sei mesi, “anche in deroga alle norme di contabilità di stato”, nel limite massimo di un miliardo, azioni emesse da Carige.

Le richieste dei commissari
All’indomani dell’intervento del governo a sostegno dell’istituto ligure i commissari della banca hanno fatto sapere che “sono in procinto di chiedere l’attivazione della garanzia statale sulla emissione di obbligazioni”. L’obiettivo di questa misura è di “garantire la stabilità della raccolta a medio termine nella presente fase di transizione traendo beneficio dal decreto legge approvato ieri dal Consiglio dei Ministri”.  Allo stesso tempo però, assicurano i commissari, quella di una ricapitalizzazione precauzionale di Carige, ovvero di un intervento dello Stato a supporto del capitale della banca, sarebbe una misura “a tutela dei clienti, da attivarsi come ipotesi del tutto residuale”.
Dalla Commissione europea la situazione è monitorata “in contatto con l’Italia”. Un portavoce ha fatto sapere che l’esecutivo comunitario ha “preso nota dell’adozione del decreto” legge su Carige e che la Commissione è “pronta a discutere con le autorità italiane sulla disponibilità e sulle condizioni degli strumenti all’interno del quadro legale dell’Ue”.
Sempre i commissari dell’istituto ligure hanno fornito poi un aggiornamento sull’incontro avvenuto ieri con i vertici dello schema volontario di intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi, in cui è stata formulata “una proposta volta a porre le basi della ridefinizione delle condizioni del prestito subordinato di 320 milioni” sottoscritto dal Fondo, “tale da garantire la sostenibilità nel quadro del piano industriale in corso di preparazione e della prospettata aggregazione”. Il problema di Carige è che il rimborso di quel prestito sarebbe dovuto arrivare grazie all’aumento di capitale da 400 milioni, che però l’assemblea ha bocciato. Questo fattore – oltre a portare il commissariamento della banca – ha anche fatto salire l’interesse sul bond del Fondo interbancario al 16%: troppo, per i conti della banca.
Intanto i tre commissari, Fabio Innocenzi, Raffaele Lener e Pietro Modiano, sono attivi anche sul fronte della pulizia di bilancio e “hanno deciso di avviare una due diligence sugli npe della banca”, ovvero l’esposizione ai crediti deteriorati. Questa analisi “sarà condotta da primari operatori del settore, con l’obiettivo di una ulteriore drastica riduzione degli stessi (che segue quella di oltre 1,5 miliardi appena effettuata) al fine di includere nel piano industriale una percentuale degli npe compresa tra il 5% e il 10% del totale dei creditì. Il tutto ‘senza impatti significativi sui ratio patrimoniali in analogia con le operazioni di mercato appena finalizzate’.
Alla due diligence “saranno invitati alcuni tra principali operatori italiani e esteri”. Per la cessione dei crediti deteriorati è attiva anche la Sga, la bad bank in mano pubblica già operativa sul dossier delle venete, che potrebbe rilevarne una parte rilevante nell’ambito del pacchetto complessivo da 2,8 miliardi.

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