22 Novembre 2024

Fonte: Huffington Post

“Andiamo in mare aperto e uniamo i riformisti da Sala a Carfagna. Basta subalternità”

Carlo Calenda, non giriamoci attorno: questa vicenda dei Cinque Stelle interroga anche il centrosinistra, o no?
Certo che interroga anche la sinistra, il centrosinistra. E lo pone davanti al famoso “che fare”.

Che poi la risposta è sempre la stessa: “fare politica”. Ma visto che siamo partiti all’antica, iniziamo dall’analisi.
È presto fatta: da un certo punto in poi la sinistra ha avuto come unico obiettivo quello di tenere l’alleanza con i Cinque Stelle e con Conte. Ieri con Bettini e Zingaretti, oggi con Boccia e Letta. Direi: un capolavoro, con gli occhi di oggi!

Conte è un incapace?
L’ho detto per primo e oggi mi trovo davanti al paradosso di Zenone. Se Grillo, che non può dire niente di giusto è d’accordo con te, stai forse sbagliando tu? Scherzi a parte, vanno cancellati dalla storia politica italiana. Chiudiamo il dibattito.

Io lo volevo aprire: come si spiega la crisi proprio ora, e che conseguenze immagina?
È una crisi di sbandamento di un movimento che era destinato ad avere uno spazio di qualche elezione, come l’Uomo qualunque. Sostanzialmente di destra per le cose che affermava, non democratico, di fatto una emanazione e pseudo artistica del suo fondatore che non prevede eredità. Come Giannini con l’Uomo qualunque appunto.

Anche lei ha fatto una scissione. Immagino capirà le ragioni di Conte, che cerca agibilità politica.
Io me ne sono andato da solo per non avere a che fare con i 5S. Senza pandemia Conte non esisterebbe, sarebbe uno dei tanti trasformisti di cui è piena l’Italia. Ma lo ricorda che prima del Covid stava cadendo sulla prescrizione? È ovvio che l’emergenza ti dà popolarità. Quel che non è ovvio è che il Pd, perennemente subalterno ai Papi stranieri, lo abbia incoronato.

La vulgata è: Conte rappresenta un Movimento democratico, progressista, alleato del Pd, Grillo è quello dei Vaffa. Grillo però è quello che impone Draghi ai suoi mentre Conte voleva votare. Come se ne esce?
Tempo sprecato. Il tempo utile è, per il centrosinistra, andarsi a cercare i voti. Reggersi in piedi con quelli di un altro non mi pare una linea. Sa quale è il dramma? Pensare di non avere più la forza di vincere. Francamente, pensavo meglio: Letta mi ha deluso, è staccato dalla realtà.

Era meglio Zingaretti?
Forse sì. Almeno non proponeva cose che non vedranno mai la luce, tipo il voto ai sedicenni e la dote ai diciottenni o si arrovellava sull’inginocchiamento della nazionale.

Lei dirà: è la conferma che avevo ragione, quando uscii dal Pd in nome della contrarietà all’alleanza con i Cinque Stelle.
Direi.

Faccio l’avvocato del diavolo: è il contrario. Se non ci fosse quell’alleanza non sarebbero esplose le contraddizioni lì dentro.
Eh no, mica vale. Avevano detto che era il “punto di riferimento dei riformisti”, mica il punto di riferimento delle contraddizioni. Che capolavoro: lo hanno reso più popolare nel Pd che tra i suoi. Vediamo chi lo segue…

Diciamocelo, siamo ancora dentro il default che ha prodotto il governo Draghi, è lo stesso film.
Esatto, il default di una legislatura, che nasce dalla sottomissione, unica in Europa, di popolari e socialdemocratici ai populisti. Invece di rinnovarsi e andare a cercare i voti respingendo gli estremisti, Pd e forza Italia si sono sottomessi a Conte e Salvini.

Arriviamo al “che fare”.
Organizzare un contrasto dei popolari, socialdemocratici e liberali. Io dico: caro Letta, abbandona la subalternità al Movimento o a Conte che sono lo stesso tipo di frutto avvelenato e andiamo in mare aperto a cercare voti di riformisti e popolari insieme a chi in Forza Italia, ci sta come la Carfagna e altri, a Sala che sta facendo un gran lavoro nei Verdi.

Un po’ pochino. Basta una somma di sigle oppure è il momento di andare oltre queste sigle? Insomma, il momento di una mossa del cavallo che sparigli e parli anche a quel mondo dei Cinque Stelle che sta implodendo?
Io penso che l’unica cosa che rimane al Pd è la sua sigla. Tanti elettori ci riconoscono, hanno un rapporto sentimentale, non si tratta di cambiare i nomi ma di ritrovare i valori.

Ma lei, se ci fosse un congresso, rientrerebbe nel Pd?
No. Direi al Pd, chiaritevi le idee. L’obiettivo di Azione, che dopo le elezioni di ottobre metterà insieme un’area liberaldemocratica, non è mai stato di distruggere il Pd. L’Italia ha bisogno del Pd, ma non di questo Pd di capibastone furbi e codardi. Fatevi coraggio, che diamine.

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