Il governo Meloni potrebbe puntare su esoneri ed eccezioni alle nuove regole o (scenario meno probabile) puntare sull’incentivazione statale
All’indomani del voto dell’Europarlamento sulle case «green» oggi è il giorno delle domande: tutti si chiedono cosa accadrà e se le nuove regole che impongono la classe E entro il 2030 e la D entro il 2033 nell’edilizia residenziale privata si abbatteranno come uno tsunami sulle tasche dei proprietari di casa. La filosofia che attraversa la direttiva è quella della riqualifcazione del parco immobiliare esistente: è qui che secondo Bruxelles e da ieri anche secondo il Parlamento di Strasburgo è necessario intervenire per imprimere un brusco cambio di passo nelle emissioni inquinanti degli edifici. Ed è qui che si appuntano le preoccupazioni del governo italiano spaventato anche dall’impopolarità di una misura di queste proporzioni arrivata per giunta a una manciata di giorni dalla chiusura dei rubinetti del Superbonus.
La riclassificazione energetica
Ma chi bazzica il settore sa molto bene che Bruxelles preannuncia misure draconiane sull’efficienza energetica degli edifici almeno da 15 anni. E che gli immobili «near zero» sono tra i capisaldi delle politiche energetiche e ambientali dell’Unione europea. Ora in sostanza si materializza ciò che volteggiava nell’aria da diversi anni. Con tutte le conseguenze del caso. Il testo della norma europea prevede quindi che gli Stati membri presentino piani nazionali per la riqualificazione, seguendo un prinicipio-guida: bisognerà costruire una mappa degli edifici più energivori individuando quindi il 15% degli immobili prioritari che secondo le stime in Italia sono circa 1,8 milioni di case. In sostanza si procederà a una riclassificazione energetica di tutto il patrimonio immobiliare, a partire dagli immobili residenziali per arrivare a quelli destinati ad altri usi per i quali è prevista la classe E a partire dal 2027 e la D dal 2030.
La strategia della maggioranza
La maggioranza di governo in Italia è compatta a fare fronte contrario, in Europa meno con un Ppe spaccato e che ha votato in ordine sparso. Il fronte di Meloni, guidato dal vicepremier e ministro Salvini ha già annunciato che darà battaglia aprendo quindi diversi scenari. Il più probabile è quello di un ammorbidimento dei paletti da portare a casa in sede di trilogo, il negoziato tra Commissione, Parlamento e Consiglio Ue previsto in fase di nuova legislazione. Qui gli sherpa italiani avranno parecchio da fare per tentare di allargare il più possibile le maglie degli esoneri e delle eccezioni, via di fuga principale che potrebbe mettere al riparo una buona fetta degli immobili italiani, soprattutto quelli situati nei centri storici e nei tanti campanili della Penisola.
Lo scenario dell’incentivazione
Il secondo scenario, meno probabile al momento ma non da escludere nel futuro, si chiama incentivazione. Già alcune associazioni stanno spiegando che l’impatto della direttiva non potrà cadere sulla testa dei proprietari e che lo Stato dovrà farsi carico delle spese che scaturiranno dalla norma europea. A Superbonus chiuso e con gli altri bonus edilizi in fase di ridimensionamento sarà una bella sfida. Significa dover riaprire una fase che si considerava conclusa, con tutti gli ostacoli. A cominciare dai conti pubblici e dalla nuova contabilizzazione delle risorse imposta da Bruxelles. La strada è ancora lunga, molte cose possono ancora succedere. Molte tranne una: la proroga del cronoprogramma stabilito da Bruxelles e varato dal Parlamento Ue.