Fonte: La Stampa
Gli ex membri del Govern sono detenuti a Madrid: gli uomini nella prigione di Estremera, le donne in quella di Alcalà. Prima di entrare hanno invitato la popolazione alla calma. L’ex presidente ancora a Bruxelles con 4 ex consiglieri-ministri. Migliaia in piazza a Barcellona: “Prigionieri politici”
ONO in carcere i sette membri del Govern catalano per cui la Procura spagnola aveva chiesto l’arresto. Un provvedimento senza precedenti deciso dalla giudice della Audiencia Nacional, Carmen Lamela, per eliminare ogni “rischio di fuga”. E l’avvocato belga Paul Bekaert, legale dell’ex presidente della Generalitat catalana, Carles Puigdemont, scappato in Belgio ed irreperibile, ha annunciato alla tv fiamminga che la magistratura spagnola avrebbe già spiccato il mandato di cattura europeo per il suo assistito. La notizia, però, non è stata confermata dalla procura di Madrid. Fonti giudiziarie spagnole hanno ribadito comunque che il provvedimento potrebbe essere emesso nelle prossime ore.
Dalle 19.30 circa, l’ex vicepresidente Oriol Junqueras, Jordi Turull (Presidenza), Josep Rull (Territorio), Carles Mundò(Giustizia), Raul Romeva (Esteri) e Joaquim Forn (Interno) si trovano nel carcere di Estremera, a Madrid. Mentre le due donne, Meritxell Borras (Governo) e Dolors Bassa (Lavoro), sono detenute nella prigione femminile di Alcalà, poco fuori dalla capitale spagnola. Convocati questa mattina, erano tutti comparsi dinanzi al giudice ma si erano rifiutati di rispondere alle domande.
LE ACCUSE
Pesanti i capi d’imputazione: sono accusati di “ribellione”, sedizione e malversazione, rischiano fino a 30 anni di carcere. La stessa giudice giustifica il provvedimento con un “rischio fuga” degli imputati, oltre alla possibilità di “reiterazione del reato” e “distruzione di prove”. E il magistrato allude all’ex governatore Puigdemont e altri quattro membri del Govern deposto, riparati in Belgio: “Basta ricordare il fatto che alcuni denunciati già si sono spostati in altri Paesi, per eludere responsabilità penali in cui avrebbero potuto incorrere”.
IL CASO DI SANTI VILA
L’unico ad aver ottenuto il rilascio in libertà condizionata è stato l’ex ministro Santi Vila: si era dimesso il giorno prima della dichiarazione di indipendenza ed è stato il solo ad aver risposto stamani alle domande della giudice per una quarantina di minuti. Ma nel pomeriggio il suo avvocato ha reso noto che non pagherà alcuna cauzione e andrà in carcere “assieme agli altri compagni per solidarietà”.
L’OMBRA DEL MANDATO D’ARRESTO EUROPEO
È prevedibile, a breve, un analogo provvedimento di detenzione, ma in questo caso con un mandato d’arresto europeo, anche per Carles Puigdemont, il presidente esautorato della Regione catalana che da lunedì si trova in Belgio insieme ad altri quattro ex consiglieri-ministri. La Procura spagnola lo ha già richiesto, “così è la normale procedura” aveva dichiarato in mattinata il presidente della Corte Suprema spagnola, Carlos Lesmes.
Secondo La Vanguardia, la giudice Lamela in queste ore sta ultimando la stesura del provvedimento ma ancora non lo avrebbe emesso. Con Puigdemont, rischiano anche Clara Ponsatí, Mertitxell Serret, Antoni Comin e Lluís Puig. Spetterebbe poi alla giustizia belga eseguire l’ordine e decidere se mandare in carcere gli imputati. Almeno fino a quando un tribunale non decida in merito a una eventuale estradizione in Spagna, entro un arco temporale massimo di circa due mesi.
IL COMMENTO DI PUIGDEMONT
L’ex presidente della Catalogna ha deciso di non mostarsi in pubblico per ora, ma dal suo profilo twitter ha scritto: “Il governo legittimo della regione incarcerato per le sue idee e per essere stato fedele al mandato approvato dal parlamento catalano”. In un secondo messaggio, con la foto delle migliaia di cittadini scesi per strada per protesta, il leader indipendentista aggiunge: “Il clan furioso della 155 (la legge che è stata applicata da Madrid per destituire il governo, ndr) vuole il carcere. Il clan sereno dei catalani, la libertà”
LE REAZIONI POLITICHE
“Carcere per tutti. Sensazione di grande ingiustizia. Un giorno molto triste per la democrazia”, così scrive Jaume Alonso-Cuevillas, avvocato di Puigdemont. “È una giornata buia per la Catalogna”, così la sindaca di Barcellona Ada Colau che ha aggiunto: “Il governo eletto democraticamente nelle urne va in carcere” ha denunciato, auspicando un “fronte comune per ottenere la liberazione dei detenuti politici”. “Mi vergogno che nel mio paese si metta in carcere gli oppositori – ha commentato Pablo Iglesias, leader di Podemos – .Noi non vogliamo l’indipendenza, ma oggi chiediamo la libertà per detenuti politici”.
LE PROTESTE IN PIAZZA
Intanto, in tutto il Paese, migliaia di catalani si sono concentrati davanti ai luoghi di lavoro a mezzogiorno per osservare un minuto di silenzio, rispondendo all’appello delle organizzazioni della società civile indipendentista e protestare contro il “processo politico” avviato contro il Govern. La concentrazione maggiore è stata quellad davanti al Palazzo della Generalitat di Barcellona, dove i manifestanti hanno gridando “Puigdemont è il nostro Presidente”, “Libertat!”, “Sono prigionieri politici” e hanno cantato l’inno di Els Segadors. In tutta la Catalogna si protesterà per giorni: l’associazione indipendentista Omnium Cultural ha infatti chiamato una settimana di protesta che culminerà in una “grande manifestazione” il 12 novembre.
L’INVITO ALLA CALMA
Prima di entreare in carcere, i leader indipendentisti hanno lanciato appelli affinché la popolazione catalana mantenga la calma. Lo stesso appello è stato lanciato, “nell’indignazione”, dalle segretarie di Erc e Pdecat, Marta Pascal e Marta Rovira.
Così ha fatto anche il vicepresidente del Govern Oriol Junqueras, leader del primo partito catalano, Erc, che su Twitter ha scritto: “affinché il bene sconfigga il male, rispondete a Madrid con il voto delle elezioni del 21 dicembre. Fate ogni giorno quello che potete perché il bene sconfigga il male nelle urne. In piedi, con determinazione, fino alla vittoria!”.
Ma Madrid va dritta per la sua strada e anche la Guardia Civil stamani è di nuovo entrata nel commissariato dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, a Lleida, per cercare informazioni legate al setacciato il commissariato per 11 ore.