Fonte: La Stampa
di Laura Aguzzi e Nicolas Lozito
Artiste, premi Nobel, atlete: storie poco raccontate che potrebbero ispirare le giovani generazioni
«It is a man’s world», cantava James Brown nel 1966. Quanto è cambiato da allora? Molto, non abbastanza. Non si può parlare di «a woman’s world» ma neanche, come sarebbe auspicabile, di un mondo che appartenga a entrambi i sessi. In Italia, e non solo, siamo abituate a vedere comparazioni non lusinghiere tra uomini e donne nei ruoli di potere (la politica, i board aziendali, i corpi militari). Eppure l’invisibilità delle donne è anche più subdola, radicata nella cultura e nell’educazione che si riceve, nell’immaginario che si costruisce. Da dove viene tutto ciò se non dall’arte e dalla storia? Le donne hanno conquistato spazio in tutti i campi, raccontando il mondo e se stesse. Ma non hanno ancora riconoscibilità (e compensi) pari a quelli degli uomini. Un peccato perché il bisogno di individuare punti di riferimento intellettuali, modelli e percorsi di vita con cui confrontarsi è fondamentale per la formazione delle (e dei) più giovani.
IMPARA L’ARTE
Per secoli le donne non hanno avuto accesso alla cultura, alla vita pubblica, alle pratiche artistiche. Lo raccontano per contrasto storie straordinarie come quelle di Artemisia Gentileschi, prima pittrice a essere ammessa all’Accademia d’arte di Firenze, o Rosa Bonheur, pittrice parigina che per dipingere si fece dare un permesso dalla questura per vestirsi da uomo. A lungo le donne per affermarsi “dovevano fare gli uomini”. Oggi in larga misura questa situazione è cambiata eppure le disparità permangono. Se andiamo a vedere la classifica dei quadri più costosi al mondo tra le prime dieci posizioni non c’è l’opera di nessuna pittrice. Secondo il prezzo di vendita, il primo quadro realizzato da una donna è quello di Georgia O’Keeffe, Jimson Weed/White Flower No. 1, 1932.
HOLLYWOOD DIVIDE
Proprio Georgia O’Keeffe nel 1972 a Los Angeles rifiutò di mostrare una propria opera all’esposizione di sole artiste “Women Artists: 1550 to 1950” a Los Angeles, convinta di non essere una delle migliori “pittrici” ma una dei migliori pittori (ovvero che la sua arte dovesse essere riconosciuta in termini assoluti e non di genere). Il quadro fu portato di nascosto da una curatrice femminista, Linda Nochlin, forse conscia delle disparità che colpivano il mercato dell’arte. Da allora a oggi si sono moltiplicate le mostre dedicate a sole donne, con l’intento di dare maggiore visibilità a figure centrali spesso neglette, fornire ispirazione alle giovani artiste e creare un “nuovo” mercato.
LETTERATURA E POP
Chi sentisse dentro di sé il sacro fuoco della scrittura, ha possibilità di trovare donne cui ispirarsi ai massimi livelli della letteratura mondiale. Sempre meno rispetto ai compagnucci di banco però: dei 113 Nobel per la letteratura finora solo 14 sono stati assegnate a donne. Nel 1926, ne fu insignita anche una italiana. Se non riuscite a ricordarne il nome vi diamo una mano: era Grazia Deledda.
ARTE UNIVERSALE
Si può certamente obiettare che l’arte è universale e l’ispirazione può venire sia dalla creazione maschile che da quella femminile. Verissimo. È vero però che la creazione artistica implica anche una serie di condizioni materiali e fisiche, che sono variate nei secoli e nei decenni per le donne. E che una donna può (o meno) decidere di affrontare temi che sente unici, come la maternità. Facendo un salto di quasi cento anni e passando dalle lettere al pop, sorprende ad esempio che la performance di Beyoncé alla cerimonia dei Grammy Awards, con la quale la cantante metteva in scena uno strano rituale ispirato alla maternità, sia stata accusata di «utilizzare la gravidanza a fini commerciali». E se fosse stata solo l’espressione artistica di un sentito femminile?
SORELLA, DOVE SEI?
Anche leggendo le strade della città sembra che le donne non siano mai passate su questa Terra, o l’abbiano fatto in minima parte. Secondo i dati in possesso di Toponomastica Femminile, un progetto nato su iniziativa di Maria Pia Ercolini, se una donna cercasse fonte di ispirazione nel nome della via o della piazza in cui abita, solo in 3 casi su 100 potrebbe scampare all’ipotesi di diventare uomo o santa. Non va meglio in altri Paesi europei: in Francia ad esempio solo il 2,5% delle strade di Parigi sono dedicate a eminenti figure femminili.
DONNE CHE RACCONTANO BENE
Proprio per l’esigenza di individuare modelli, non sentirsi invisibili nel mondo, molte donne e molte artiste hanno deciso di raccontare altre donne di successo, convinte che fosse un modo per stimolare lo spirito di emulazione e convincere altre donne a farsi valere. Il famoso «se ce l’ha fatta lei, magari ce la posso fare anch’io. Anche meglio». In particolare la fotografa Annie Leibovitz e la sua compagna di vita Susan Sontag hanno dedicato anni a realizzare un campionario delle donne nel mondo, nel loro progetto “Women”, cercando di uscire da un’immagine esclusivamente sessualizzata, e mostrando che l’universo delle donne è molto più vario, ricco, intenso di quello che siamo abituati a pensare e che le possibilità che una giovane ragazza ha di realizzarsi sono più ampie rispetto ai canoni dati spesso della società. Sempre Leibovitz è riuscita a trasformare il calendario Pirelli da celebrazione del nudo femminile, a celebrazione della donna.
LA DIVA SERENA E LA CLASSIFICA DI FORBES
Tra i ritratti di “Women” e del calendario c’è anche la tennista Serena Williams. Proprio lei, secondo Forbes, è l’atleta più pagata al mondo, tra le donne. Nella classifica assoluta però si situa al 40° posto, dietro 39 uomini. Anche questa è disparità di genere. Più donne ci saranno a reclamare il loro posto nel mondo, a dedicarsi ad attività sportive, ricreative, artistiche, letterarie, a riscoprire le proprie capacità, a trovare altre donne (o uomini) che siano in grado di valorizzarle, più riascoltare la canzone di James Brown ci sembrerà solo la traccia di un’epoca passata, un po’ sciovinista, e di un grande musicista.