Tra i favoriti Wallace (Difesa) e Truss (Esteri). L’astro nascente Mordaunt
A Downing Street, dopo la corte del caos di Boris Johnson, è arrivato il momento della restaurazione militare? Potrebbe essere di sì, a giudicare dalla pletora di candidati alla sua successione in grado di vantare trascorsi marziali (o presunti tali).
Infatti in testa alle preferenze della base del Partito conservatore c’è in questo momento il ministro della Difesa, Ben Wallace: una popolarità conquistata grazie all’impegno profuso nel sostenere la resistenza ucraina all’invasione russa. Wallace ha servito nelle Guardie Scozzesi ed è un «falco» in politica estera: nei mesi scorsi aveva messo in guardia dal «tanfo di Monaco», ossia di compromesso con la dittatura, che spirava nelle capitali europee troppo ansiose di raggiungere un accordo di pace con Mosca. E in un discorso all’ultimo Congresso conservatore aveva avvertito della minaccia sistemica rappresentata dalla Cina. Il limite del ministro della Difesa è che non ha mai espresso opinioni su temi di politica interna o economica, che sono in questo momento in cima alle preoccupazioni degli elettori: e nel Partito conservatore non esiste una vera corrente «wallaciana».
Le credenziali militari vengono vantate anche da Penny Mordaunt, che è una riservista della Marina e potrebbe essere la candidata in grado di unificare le diverse anime del partito. Penny è pure una donna di spirito: la si ricorda fasciata in costume da bagno rosso stile sirenetta in un reality tv e per un celebre discorso in Parlamento sui problemi del pollame, tenuto al solo scopo di pagare pegno con i suoi ex commilitoni che l’avevano sfidata a dire «cock» a Westminster il più possibile («cock» sta per gallo ma anche per c…o). Il suo problema sono le sue vedute molto liberali sui temi sociali e sessuali, che non risuonano bene fra i conservatori.
Veterano di guerra è Tom Tugendhat, che ha servito in Afghanistan e presiede ora la Commissione esteri del Parlamento: superfalco anche lui, potrebbe essere la carta a sorpresa per lanciare un homo novus. Ma questo è in realtà un ostacolo, perché non si è mai visto a Londra un premier che non avesse in precedenza ricoperto importanti incarichi di governo.
Soldatessa non è, ma si è fatta fotografare alla guida di un carro armato Liz Truss, la ministra degli Esteri che si atteggia a novella Margaret Thatcher. Anche lei popolarissima fra i militanti del partito, ha tenuto la posizione più massimalista sull’Ucraina, sostenendo in una recente intervista al Corriere che bisogna cacciare la Russia anche dalla Crimea e dal Donbass e trascinare Putin davanti a un tribunale internazionale. Truss è anche una ultraliberista anti-tasse che solletica gli istinti più atavici dei conservatori. Ma i suoi critici dicono che è una tipa «un po’ strana»: tra le altre cose, ama il karaoke e la musica techno.
Sul fonte dei liberisti l’astro nascente è Nadhim Zahawi, il neo Cancelliere dello Scacchiere che può vantare una formidabile storia personale: di origini curde, è arrivato in Inghilterra profugo dall’Iraq a nove anni senza parlare una parola di inglese. Nonostante ciò, è riuscito a diventare un ricco uomo d’affari ed è il ministro che ha guidato il riuscito programma di vaccinazione britannico.
Una storia personale simile ce l’ha alle spalle Sajid Javid, il dimissionario ministro della Salute: figlio di un autista pachistano di autobus, vittima di bulli razzisti da ragazzo, è diventato una star della finanza internazionale prima di entrare in politica. E finanziere è anche l’ex Cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak, indiano di origine, il cui limite è forse quello di essere troppo ricco (lo chiamano il maharajah dello Yorkshire) e di essere sposato a una ereditiera indiana miliardaria che neppure pagava le tasse in Gran Bretagna.
Ultimo — forse — della lunga lista di candidati in pectore è Jeremy Hunt, che aveva già sfidato Boris tre anni: rispettato, ma il partito non ama le ministre riscaldate.