Dai vessilli Ue a quelli arcobaleno e pro Kiev
E insomma, una cosa Elly l’aveva portata a casa: il diritto di cittadinanza in piazza per il suo Pd. Ve lo ricordate quanti segretari del Partito democratico, negli anni, sono dovuti scappare via dai cortei perché subissati dai fischi, dalle urla e pure dai pomodori? Oppure sono restati, con l’umiliazione della protezione del servizio d’ordine e della polizia? Stavolta pareva fatta, macché, non c’è pace tra gli ulivi, si ricomincia, e pure la manifestazione di sabato prossimo, a piazza del Popolo, che pareva un pranzo di gala, rischia di diventare un calvario.
Già di per sé si è trasformata via via, dialetticamente si intende, in un guazzabuglio che ognuno si cucina come vuole. Schlein aderisce all’appello lanciato su Repubblica da Michele Serra e si presenterà con le bandiere dell’Europa, Nicola Fratoianni si porta le bandiere arcobaleno, Carlo Calenda sventolerà quelle ucraine e georgiane, Daniela Fumarola con i vessilli Ue e Cisl, mentre Annamaria Furlan, mollato il Pd, sarà insieme a Matteo Renzi.
Ancora bandiere della pace per Maurizio Landini, che poco lo riparano dal fronte pacifista-ista, che vede quella manifestazione come una banda di ipocriti al servizio della reazione e delle lobby delle armi. Tanto da spingere Serra a chiosare: «Credo che nessuna delle persone che saranno in piazza ignori che la risposta armigera formulata da Ursula von der Leyen cozzi tristemente contro i valori fondativi della Ue».
Si dirà: è la democrazia, bellezza, e non puoi farci nulla, si può stare insieme anche così. E magari è anche un po’ vero, ma per il Pd è un altro paio di maniche. Perché da Schlein si pretende che il suo parlare sia sì sì, no no, ché tutto il di più viene dal demonio. Fino a tarda notte la segretaria è stata sulle spine: che cosa votare oggi a Strasburgo sulla risoluzione che riafferma il sostegno all’Ucraina e, soprattutto, sorride all’idea del Re-arm Ue? Così, per non saper né leggere né scrivere, una tentazione sarebbe quella dell’astensione, un po’ pilatesca, magari, ma passa la paura. Sì, la fai facile. Il problema è che il gruppo si spacca a metà. In testa Pina Picierno, Giorgio Gori e Pierfrancesco Maran. Per altro sostenuti dai padri nobili, Romano Prodi e Paolo Gentiloni che salutano il Re-arm come una prima tappa per arrivare alla difesa comune, dannazione di Putin. Elly in realtà sarebbe più attirata dal votare no, ma il gruppo altroché se si spacca, e poi, le dicono, se aspiri a fare la presidente del Consiglio, mica ti puoi mettere contro tutta l’Europa. E in ballo c’è pure il sì, con la foglia di fico che sono state raccolte alcune tue raccomandazioni, ma Giuseppe Conte, che di manifestazioni si fa le sue, non aspetta altro per prenderla di infilata. E soprattutto, poi, chi ci va a dirglielo a piazza del Popolo? Roba da Daniele nella fossa dei leoni.
Certo, lì ci saranno pure Matteo Renzi e Carlo Calenda, che dicono che «il riarmo non cozza contro i valori europei». Ma staranno accanto alla Fondazione Perugia Assisi, il cui verbo è «spendere 800 miliardi per fare la guerra è una follia, non basterà dire Europa Europa per evitare l’inferno». Così, ad occhio, sarà quest’ultima posizione a interpretare il sentimento di chi affollerà piazza del Popolo, e non quella di Sandro Gozi, deputato del gruppo Renew Europe, convinto che «l’Europa deve difendersi da sola».
Però, bisognerà pur dirlo, il vero casino l’ha combinato Ursula von der Leyen. Ma come? Si organizza una manifestazione a favore dell’Europa, più che giustamente, per ribellarsi al modo indegno con il quale Donald Trump ha trattato Volodymyr Zelensky e una nazione invasa, e lei che fa? Ti chiede 800 milioni per i cannoni. Per forza poi si creano le fibrillazioni.
La Cgil aderisce ma Landini fa i conti con i maldipancia di un bel po’ di Rsu aziendali. L’Arci non si fida e si chiama fuori, l’Arcigay rincara: «No alla piazza di un blu indistinto». Le Acli sì che ci vanno, e pure la Comunità di Sant’Egidio, la Legacoop e l’Alleanza per lo sviluppo sostenibile. Anche un po’ di Anpi ci sarà, ma sconta una ribellione nelle sezioni locali. I sindaci tengono duro e in parecchi saranno in piazza con i loro gonfaloni, a cominciare dal bolognese Matteo Lepore e dal napoletano Gaetano Manfredi, e poi Roma, Bari, Cagliari, Milano, Firenze, Reggio Calabria, e l’elenco è lungo. Anche i Dem ci sanno un po’ tutti, almeno nelle intenzioni. Da Gori a Picierno, da Gianni Cuperlo a Sandra Zampa, Stefano Bonaccini, Pierfrancesco Maran, Walter Verini, Matteo Ricci, Piero Fassino, Anna Ascani, Simona Malpezzi e tanti altri. Un po’ perché l’idea originaria piaceva davvero, e anche dopo il Re-arm, che li divide, nessuno ha voglia di sfidare più di tanto a viso aperto la segretaria, anche perché sarà lei a fare le liste per le elezioni politiche.