10 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

ambiente

di Giordano Locchi

Nostra intervista a Yolanda Kakabadse, presidente del WWF International, a Roma per i 50 anni dell’associazione. E per incontrare Papa Francesco

È uno sguardo rivolto al domani, non privo di ottimismo, ma temperato da una buona dose di preoccupazione, quello di Yolanda Kakabadse. Con la chiara consapevolezza delle minacce che gravano sulla tenuta ambientale del pianeta, e la convinzione, altrettanto chiara, che gli attrezzi per cambiare passo siano nella disponibilità della comunità internazionale e vadano usati da subito, senza rinvii ulteriori. L’appello della presidente del Wwf internazionale, sigillo delle battaglie di una vita, a prendersi cura della «nostra casa comune» per le generazioni che verranno, è in uno spirito «del tutto in condivisione» con quello dell’enciclica «Laudato si’» redatta da Papa Francesco, che ha incontrato il 10 febbraio, in Vaticano, assieme ai delegati italiani e statunitensi dell’organizzazione ambientalista. «L’enciclica mette in connessione povertà, sovrasfruttamento e distruzione ambientale. In essa possiamo trovare una difesa degli obiettivi di sviluppo sostenibile».

Esperta di protezione della natura, 68 anni, già ministra dell’Ambiente dell’Ecuador, docente a Yale e presidente della «Fundación Natura», una delle organizzazioni ambientaliste più influenti dell’America Latina, Yolanda Kakabadse è a Roma in questi giorni in occasione dei 50 anni di attività del Wwf in Italia. Il 12 febbraio, in Senato, discuterà con Pietro Grasso, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, Piero Angela ed esperti del settore sulle «sfide per il futuro dopo la Cop21 sul clima e l’Agenda Onu 2030 per la sostenibilità». Tra le tante sfide, «quella più importante e generale, da qui ai prossimi anni, per il Wwf, è la gestione di quelle crisi a livello globale, dal cambiamento climatico al dramma dei rifugiati, che in ultima istanza sono il risultato della complessa integrazione tra i diversi fattori che contrastano con lo sviluppo sostenibile – dice la Kakabadse –. Il primo passo da compiere sta in una gestione comune, e quindi nella cooperazione tra Stati, di cui è stato un grande esempio l’accordo ottenuto alla Cop21 a Parigi».

C’è però molto scetticismo sul fatto che i risultati della Cop 21 basteranno a mantenere il riscaldamento globale entro i due gradi…

«Ma noi dobbiamo essere ottimisti. Dopo venti anni in cui si è solo discusso e avanzato accuse reciproche, a Parigi finalmente sono state prese delle decisioni operative, coinvolgendo anche le imprese. Il punto fondamentale, rispetto al contenimento della temperatura media globale, è che si è deciso di misurare a intervalli regolari i risultati che verranno raggiunti ed eventualmente correggere la rotta. È chiaro che si dovrà fare di più, ma è proprio questo meccanismo di monitoraggio costante che permetterà di ottenere, via via, ulteriori sforzi».

I dati 2015 sulle rinnovabili fanno ben sperare. Voi del Wwf chiedete una transizione verso una completa decarbonizzazione entro il 2050. È realistico?

«Perfino la Cina, spesso accusata di scarso impegno, sta disinvestendo sugli impianti a carbone. A livello mondiale gli investimenti nelle rinnovabili sono stati molto cospicui negli ultimi anni, anche a causa della maggiore stabilità del settore che non risente delle fluttuazioni nei prezzi del greggio. Mentre il settore petrolifero sembra ormai entrato in crisi. Se fino a pochi anni fa veniva messo in discussione il ruolo del carbone nel provocare il surriscaldamento globale, oggi nessuno può più negare questa evidenza. Ma, soprattutto, è ormai chiaro che gli effetti devastanti del cambiamento climatico, in primo luogo gli eventi estremi, riguardano tutti, non solo i Paesi del Sud del mondo. La decarbonizzazione è un interesse oggettivo».

Nel frattempo non va sottovalutato il ruolo delle strategie di adattamento al cambiamento climatico…

«Abbiamo bisogno sia di azioni di mitigazione, sia di azioni di adattamento. Se le prime richiedono investimenti estremamente ingenti in ricerca e in innovazione tecnologica, è sulle seconde che il Wwf, grazie al suo network internazionale e il suo capitale sociale, può fare di più. Ma ogni sforzo sull’adattamento è vano senza un impegno per la mitigazione».

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