19 Settembre 2024

Bocciata la sperimentazione della tariffa retributiva minima da affiancare alla contrattazione salariale

L’assemblea del Cnel ha approvato a maggioranza il documento finale sul lavoro povero e salario minimo. Nel documento si valorizza “la via tradizionale” della contrattazione collettiva.
L’assemblea del Cnel non ha approvato la proposta presentata dai cinque esperti, tra quelli nominati dal presidente della Repubblica, sulla sperimentazione della tariffa retributiva minima da affiancare alla contrattazione salariale.

Meloni: «Da analisi Cnel si evince che salario minimo non è strumento adatto»
In serata la premier Giorgia Meloni ha ricevuto a Palazzo Chigi il presidente del Cnel, Renato Brunetta, che le ha consegnato il documento contenente gli esiti dell’istruttoria sul lavoro povero e il salario minimo. In una nota di Palazzo Chigi, che riporta la posizione della presidente del Consiglio, si legge che «dall’analisi tecnica ricevuta emerge che il mercato del lavoro italiano rispetta pienamente i parametri previsti dalla direttiva europea sul salario minimo adeguato. La contrattazione collettiva, al netto dei comparti del lavoro agricolo e domestico, copre infatti oltre il 95% dei lavoratori del settore privato. Da ciò si evince – ha continuato la premier – che un salario minimo orario stabilito per legge non è lo strumento adattoa contrastare il lavoro povero e le basse retribuzioni».

«Prima possibile interventi organici sui salari»
Come sottolineato dal Cnel – ha continuato Meloni – occorre piuttosto programmare e realizzare, nell’ambito di un piano di azione pluriennale, una serie di misure e interventi organici. È la strada che il Governo intende intraprendere nel minor tempo possibile, tenendo in massimo conto le indicazioni e i suggerimenti formulati nel documento dalle rappresentanze delle forze sociali presenti nel CNEL e di quelli che arriveranno dall’opposizione. È intenzione del Governo proseguire nel contrasto al lavoro povero e ai salari bassi che affliggono l’Italia ormai da diversi decenni, contrariamente a quanto avviene nel resto d’Europa, dove si è assistito a una crescita sostenuta e costante dei livelli salariali».

Il voto sul documento a maggioranza
Il documento elaborato dalla commissione d’informazione del Cnel è passato in Assemblea con 39 voti a favore e 15 contrari su 54 votanti. È quanto si apprende da fonti presenti all’incontro. I presenti erano 62 quindi 8 consiglieri non hanno espresso il voto.A votare contro Cgil, Uil e Usb. No anche dai 5 consiglieri di nomina presidenziale.

La proposta dei 5 consiglieri di nomina presidenziale
Alla vigilia dell’assemblea del Cnel, chiamata a discutere e votare il testo finale sul lavoro povero e il salario minimo, cinque consiglieri del Cnel, esperti nominati dalla presidenza della Repubblica, avevano presentato una proposta per “la sperimentazione della tariffa retributiva minima” a partire dai settori più critici. Un elemento di grande novità rispetto alla linea finora emersa dal lavoro della commissione dell’Informazione, che ha approvato due documenti, uno tecnico e uno con le proposte (quest’ultimo con il no di Cgil e Uil) in cui si valorizza “la via tradizionale” della contrattazione e sostanzialmente si allontana il salario minimo legale, sostenendo che la sua “mera introduzione non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero né la pratica del dumping contrattuale né darebbe maggior forza alla contrattazione collettiva”. Un salario minimo per legge, “se ben implementato all’interno dei meccanismi della contrattazione collettiva, non indebolisce ma rafforza la stessa” era la convinzione dei 5 esperti, bocciata però dall’assemblea del Cnel.

Brunetta: testo sul salario minimo in 60 giorni, oggi a Meloni
Il documento del Cnel sul salario minimo “è l’esito di uno straordinario percorso che in 60 giorni è arrivato a produrre un testo importante approvato a larga maggioranza. L’11 agosto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, chiedeva al Cnel se eravamo in grado di redigere un testo di osservazioni e proposte. Oggi è 12 ottobre, in 60 giorni questa casa, la casa dei corpi intermedi ha prodotto un testo sostenuto della stragrande maggioranza” dei consiglieri. Così il presidente del Cnel, Renato Brunetta (video), in conferenza stampa dopo l’assemblea che ha approvato il documento, “ringraziando la presidente Meloni, a cui oggi stesso nel pomeriggio invierò il testo”.

Brunetta: 9 euro l’ora non vuol dire nulla, non amo anime bell
“Dire 9 euro l’ora non significa nulla se non c’è la sostenibilità economica. Perché o sparisce il lavoro, o sparisce l’impresa o aumentano i prezzi. Non fare i conti con il mercato e fare le anime belle e io non sopporto le anime belle” ha aggiunto Brunetta nel corso della conferenza stampa.

Il testo di 41 pagine e le tappe precedenti
Il testo di 41 pagine, intitolato «Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia», aveva avuto in precedenza il consenso dell’80% dei componenti della Commissione informazione ed era stato inviato ai 64 membri del Consiglio che si sono pronunciati nell’assemblea plenaria di oggi 12 ottobre, nel rispetto dei tempi previsti. Lo scorso 11 agosto, infatti, la premier Giorgia Meloni aveva incaricato il Cnel, presieduto da Renato Brunetta, di redigere in 60 giorni un documento con analisi e proposte in tema di salario minimo, tema che dal 17 ottobre sarà all’esame dell’Aula di Montecitorio.

La direttiva europea
Il documento finale del Cnel è costituito dalla prima parte di inquadramento e analisi e una seconda con le proposte, approvati nei giorni scorsi dalla commissione dell’Informazione. Il tema del salario minimo, nelle osservazioni del testo, va inquadrato dentro i vincoli e gli obiettivi della direttiva europea che non impone l’obbligo di introdurre un salario minimo legale, che – sottolinea il Cnel – esprime una chiara preferenza per la contrattazione collettiva e quindi per i minimi salariali contrattuali a condizione che abbia un tasso di estensione significativo (almeno l’80%). E l’Italia ha un tasso di estensione della contrattazione collettiva vicino al 100%. La quasi totalità dei lavoratori dipendenti, inoltre, è coperta dai contratti collettivi sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil. E le tariffe minime complessive di questi contratti “superano i parametri della direttiva europea (ad oggi calcolate da Istat tra i 6,85 e i 7,10 euro in attesa dei nuovi dati relativi al 2021) e anche le soglie retributive orarie previste nelle proposte di legge in discussione in parlamento”. Il fenomeno della contrattazione pirata è “marginale”.

Piano di azione nazionale per la contrattazione collettiva
Nel documento del Cnel si suggerisce l’adozione di un piano di azione nazionale a sostegno della contrattazione collettiva per superare aree e situazioni di criticità. E si raccomanda pertanto “di garantire il regolare funzionamento della contrattazione collettiva non attraverso interventi legislativi, ma attraverso la valorizzazione di accordi interconfederali”. Considerando le dinamiche tra salari e produttività, si propone l’idea di individuare nel Cnel la possibile sede del National productivity board. Il lavoro povero, viene premesso, riguarda in modo più accentuato lavoratori temporanei, parasubordinati, lavoratori fittiziamente autonomi, occasionali, stagisti, lavoratori con mansioni discontinue: è per questi che – sostiene il documento – si può immaginare di introdurre una tariffa tramite contrattazione, eventualmente sostenuta da una adeguata normativa di sostegno, parametrata sugli indicatori della direttiva europea o comunque interventi legislativi ad hoc per incrementare il numero di ore lavorate nell’arco dell’anno.

Lavoro domestico e di cura
L’introduzione di un salario minimo legale per il lavoro domestico e di cura “darebbe luogo, senza adeguate misure di sostegno alle famiglie e alle persone non autosufficienti, a un probabile drastico incremento del lavoro in nero”. Per arginare i contratti ’pirata’ e la proliferazione del numero dei contratti collettivi, si suggerisce invece un intervento legislativo a sostegno della contrattazione collettiva di qualità incentrato sull’individuazione dei contratti collettivi maggiormente diffusi per ogni settore di riferimento, condizionando la registrazione nell’archivio nazionale e al codice alfanumerico.

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