20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Danilo Taino

Il Pew Research Center ha condotto uno studio sulle ricerche online effettuate su Google nel 2015 e 2016, con risultati interessanti che fanno capire come si orientano le masse di popolazioni


I flussi migratori possono essere previsti con una buona approssimazione, usando il Big Data, cioè la raccolta e l’analisi di grandi quantità d’informazioni. Operazione utile per adeguare la risposta da dare ai movimenti di masse di popolazioni come quelli visti in questi anni verso l’Europa. Il Pew Research Center ha condotto uno studio sulle ricerche online effettuate su Google nel 2015 e 2016, con risultati interessanti. Nel periodo, centinaia di migliaia di persone affrontarono il viaggio dalla Siria e dall’Iraq passando per la Turchia diretti in Grecia via mare. Dall’analisi si nota che le ricerche della parola «Grecia» in arabo effettuate in Turchia (Paese in cui si parla il turco) raggiunsero un picco nell’agosto 2015, a 86 di interesse nella scala di Google Trends. Due mesi dopo — probabilmente il tempo di organizzarsi e di partire — gli arrivi in Grecia toccarono un picco, a 212 mila nel mese di ottobre. Anche il numero di richieste di asilo da parte di siriani e iracheni in Europa toccò un picco di 91 mila al mese nello stesso periodo. Interessante notare che le ricerche online della parola «Grecia» in arabo effettuate in Turchia raggiungevano massimi orari tra l’una e le tre di notte, periodo nel quale solitamente le barche con i rifugiati prendevano il mare.
L’impronta digitale lasciata dai rifugiati non è limitata al loro primo passo verso l’Europa. Una volta sul Vecchio Continente, il 57% dei siriani e degli iracheni ha chiesto asilo in Germania. Le ricerche in arabo della parola «tedesco» effettuate in Germania (usata sul traduttore automatico) raggiunsero un massimo di 78 nella scala Google Trends verso la fine del 2015 e a esse seguì un picco di 48 mila richieste di asilo in Germania nel febbraio 2016. Gli sbarchi in Grecia poi crollarono dopo l’accordo del marzo 2016 tra la Ue e Ankara per trattenere i rifugiati in Turchia. In Germania, però, la ricerca della parola «tedesco» in arabo è continuata per parecchi mesi, segno delle operazioni di richiesta di asilo e poi dell’ingresso nei corsi di integrazione — spiega Pew. Non è detto che analisi di questo genere possano essere condotte, in anticipo invece che a posteriori, in tutti i casi: siriani e iracheni in genere avevano a disposizione smartphone; non tutti i migranti, per esempio sulla rotta libica, li hanno. Ciò nonostante, seguire le impronte digitali può essere utile a individuare tendenze e ad affrontare le crisi.

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