Fonte: La Stampa
di Fabrizio Assandri
Online l’edizione 2016 di Eduscopio, per chi esce dagli istituti tecnico economici maggiori difficoltà a trovare un impiego. All’università poche differenze tra classico e scientifico
I tecnici economici scontano maggiore difficoltà, meno 3%, nel trovare lavoro rispetto ai tecnologici. Ma il lavoro per chi esce da questi ultimi è meno coerente con l’indirizzo di studio. Sono alcuni dei dati della nuova edizione del portale Eduscopio, online da oggi. Non una classifica della scuola, ma un’insieme di classifiche da incrociare come in un gioco, stabilite dalla Fondazione Agnelli per aiutare i ragazzi di terza media e le famiglie a orientarsi nella fondamentale scelta delle superiori, che dovranno fare nelle prossime settimane. Eduscopio lo fa guardando ai risultati delle matricole all’università e, da quest’anno, il mondo del lavoro. Il portale è ormai un punto di riferimento, una strumento simile era stato promesso dal Miur ma non esiste qualcosa di paragonabile. Il successo lo dimostrano i 500mila visitatori unici e i due milioni di pagine cliccate in soli due anni. E la novità è, dopo la sperimentazione su Piemonte e Liguria, l’allargamento a sette regioni, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Basilicata e Sardegna, dei dati sul lavoro. Così è stato possibile includere gli istituti tecnici e i professionali, analizzando i dati di 200 mila diplomati in aggiunta ai 500 mila che già venivano esaminati. Sono stati mappati seimila istituti superiori.
«Eduscopio ha successo – dice Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli – perché dà risposte chiare alla domanda di trasparenza sulla scuola, perché usa dati oggettivi». Per il lavoro, sono stati registrati i contratti, la durata e coerenza col percorso di studio, basandosi sull’anagrafe nazionale degli studenti del Miur e le comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro. Per l’università sono stati messi a confronto voti agli esami, medie, numero di crediti, confrontando gli istituti di provenienza dello stesso indirizzo. I classici con i classici e così via. La classifica viene redatta per la stessa zona geografica, tra dieci e trenta chilometri, «cioè a parità di condizioni – afferma Gianfranco De Simone, responsabile del progetto – così i confronti reggono». Altrimenti più che la qualità della scuola pagherebbe il contesto. Come si vede per il mondo del lavoro.
I dati rimandano a un’Italia spaccata in due. «Le scuole piemontesi, lombarde e venete hanno un inserimento lavorativo molto più forte di Sardegna e Basilicata» spiega ancora De Simone. Un dato comune c’è: «Le donne hanno il 3% in meno di possibilità di trovare lavoro, gli immigrati dieci punti in meno».
Altra novità è l’ingresso in classifica dei licei artistici, ma sono dati parziali, perché molti diplomati vanno all’accademia ed escono dal database del Miur. Tra classici e scientifici non c’è grande differenza per i crediti raccolti in un anno all’università, ma chi ha fatto il classico è più puntiglioso nel non accettare voti bassi. Il sito fornisce profili chiari di ogni scuola, dalla media del voto di maturità al tasso di abbandono, agli atenei scelti dagli studenti, consultarlo è facile e anche divertente, ciascuna scheda si può condividere sui social. Un’altra delle tendenze è che la provincia batte la città. A Milano in testa ai classici c’è l’istituto (paritario) Sacro Cuore, ma se si estende la ricerca a trenta chilometri a primeggiare è il Don Gnocchi (sempre paritario) di Carate Brianza. «Le comunità più coese spingono di più gli studenti», spiegano dalla Fondazione. In alcuni casi a contendersi il podio sono i licei più «blasonati», come a Torino: il Gioberti retrocede in terza posizione, superato dal Cavour e dall’Alfieri, che erano sempre nei paraggi. A Roma lo storico Tasso si conferma secondo, dietro il Mamiani, uno dei licei più antichi della capitale.