Fonte: Corriere della Sera
di Edoardo Segantini
Le esperienze migliori suggeriscono tre strade: creare i competence center che trasferiscono competenze dall’università alle imprese; rilanciare gli istituti tecnici professionali; riproporre in tutto il Paese le iniziative di collaborazione tra scuola e impresa
I lavoratori italiani sono più saggi di coloro che profetizzano l’apocalisse robotica dei posti di lavoro. Come emerge dalle ricerche più serie e documentate (l’ultima è il Randstad Workmonitor), la maggioranza degli operai e dei tecnici non vede l’intelligenza artificiale come una minaccia ma come un’opportunità. La preoccupazione semmai si concentra sulla disponibilità di competenze digitali, che oggi è largamente inferiore alle necessità. Chi vive in prima persona i processi d’innovazione, nelle aziende manifatturiere come nei servizi, si è fatto l’idea che né le imprese, né la scuola né la formazione professionale (così come oggi è organizzata) stiano preparando questi nuovi saperi. E’ dunque sulla formazione che deve concentrarsi lo sforzo di tutti: delle imprese, dei sindacati, del governo. Il che non vuol dire dunque che regni l’ottimismo, o che l’innovazione tecnologica e organizzativa siano viste come il mondo del mulino bianco. Il non incontro fra la domanda e l’offerta dei profili professionali, al contrario, è giustamente considerato un fenomeno reale e pericoloso, che molti denunciano da tempo. Ma un conto è dire che la tecnologia distruggerà ineluttabilmente i posti di lavoro, con ragionamenti che inducono alla depressione collettiva. Un altro conto è concentrarsi sulla riforma della formazione, che invece è un obiettivo realistico e a portata di mano.
Le esperienze migliori suggeriscono tre strade: creare i competence center che trasferiscono competenze dall’università alle imprese, come si è fatto al Politecnico di Milano; rilanciare gli istituti tecnici professionali, oggi neppure paragonabili alle Fachhochschulentedesche; riproporre in tutto il Paese le iniziative di collaborazione tra scuola e impresa, come quelle messe in campo con successo in Emilia Romagna. Tre strade percorribili purché la formazione delle persone diventi per tutti una priorità.