Fonte: La Stampa
di Ilario Lombardo
Tempi più lunghi, fino a sei anni in appello, per i processi per delitti con aggravante mafiosa. Il ministro Cartabia: «Ora bisogna accelerare»
Una giornata delicatissima, un consiglio dei ministri sospeso per oltre due ore e poi l’intesa. Al centro della riforma della giustizia il nodo della improcedibilità per i reati di mafia, imprescindibile per il M5S e il leader in pectore Giuseppe Conte. I ministri 5 Stelle avevano annunciato l’astensione senza la garanzia del premier Mario Draghi che «tutti i reati di mafia non saranno esclusi dall’improcedibilità», ovvero «la prescrizione processuale» al centro delle polemiche di questi giorni. «Non accetteremo cedimenti e sulla mafia non transigeremo in alcun modo» era quanto sostenuto davanti al premier in una riunione fiume in mattinata. L’intesa raggiunta riguarda un regime speciale per quello che riguarda i processi relativi a reati di mafia.
Nel dettaglio, l’accordo non prevede nessun «timing» per i reati riconducibili al 416 bis e ter, dunque processi sine die. Mentre per i reati aggravati da mafia sei anni di appello, con un regime transitorio da qui al 2024. Dal 2025, l’appello scenderà a 5 anni. La norma transitoria sulla improcedibilità prevede dunque un doppio binario per i reati di mafia e terrorismo, ma anche di violenza sessuale e traffico internazionale di stupefacenti. Mentre per tutti gli altri reati il giudizio di appello potrà durare al massimo 3 anni, prorogabili di uno, per questi ultimi non è previsto un tetto ma proroghe reiterabili da parte del giudice, che dovrà sempre motivare il suo provvedimento.
Il Movimento 5 Stelle ha dato via libera all’accordo allontanando ’ipotesi di una astensione dei suoi ministri, che avrebbe portato a scenari inquietanti. Il premier Conte ha rivendicato la «vittoria» dei Movimento («I processi per mafia e terrorismo non si estinguono, come volevamo») e ha aggiunto: «Voteremo compatti».
«E’ una giornata importante: lunghe riflessioni per arrivare a un’approvazione all’unanimità con convinzione da parte di tutte le forze politiche», ha dichiarato il ministro della Giustizia Marta Cartabia al termine del Cdm, annunciando che l amaggioranza a questo punto ritirerà tutti gli emendamenti. «Ora c’è l’obiettivo di accelerare il più possibile per concludere se possibile prima della pausa estiva questa importantissima riforma: una giustizia celere, nel rispetto della ragionevole durata del processo, che allo stesso tempo garantisca che nessun processo vada in fumo».
La giornata
Draghi aveva provato a forzare i tempi, convocando il Cdm per le 11.30, ma senza ordine del giorno, nella speranza che i 5 Stelle si sarebbero convinti ad accettare la proposta di mediazione, a cui avevano contribuito anche Lega e Pd. Secondo una prima (e insufficiente) bozza del testo, il termine di improcedibilità in Appello poteva salire da 2 a 3 anni e in Cassazione da 1 anno a 18 mesi per i giudizi «particolarmente complessi». Ma, si leggeva, ulteriori proroghe della stessa durata «possono essere disposte» per i delitti di terrorismo o eversione, per associazioni di tipo mafioso (art.416 bis), per scambio elettorale politico-mafioso (art.416 ter), per violenza sessuale, per le associazioni per spaccio di stupefacenti. Troppo poco per il M5S, che ha puntato i piedi senza muoversi dalla richiesta originaria: imprescrittibilità per i reati di mafia e terrorismo, tutti, non solo quelli che prevedono l’ergastolo.
Il parere del Csm. Intanto sulla riforma si addensano anche le nubi provenienti dal Csm: con 17 voti a favore, uno contrario e tre astensioni il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura ha approvato il parere complessivo sugli emendamenti del governo alla riforma del processo penale. Le maggiori critiche riguardano la norma contenuta nella riforma della giustizia che affida al Parlamento i criteri generali di priorità dell’esercizio dell’azione penale: secondo i consiglieri è in «possibile contrasto con l’attuale assetto dei rapporti tra i poteri dello Stato». E l’individuazione dei reati da perseguire «rispecchierà, inevitabilmente e fisiologicamente, le maggioranze politiche del momento».