21 Novembre 2024
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Intervista al leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte: «L’accusa di slealtà ci ha offeso. Io e Schlein non ci siamo sentiti in queste ore. L’uscita dalla maggioranza in Puglia? In settimana lo diremo: scriveremo nuove pagine»

Nessuno scambio chiarificatore con la segretaria del Pd. Niente telefonate. Zero messaggini. E un consiglio non richiesto, nel giorno delle primarie mancate: «Schlein cambi il Pd come aveva promesso, prima che il Pd cambi lei».

L’accusa di slealtà che le ha rivolto la segretaria brucia ancora, presidente Giuseppe Conte?
«Accusarci di slealtà offende il popolo che ha creato il M5S e che, dal 2009, ha fatto del principio della legalità la nostra stella polare. Per noi non sono in gioco delle beghe tra partiti o tra leader, è in gioco la sostanza politica. Si tratta di rinnovare la classe dirigente per costruire qualcosa di diverso dall’Italia che non ci piace. Non possiamo fare spallucce e questo per noi vuol dire essere leali con i cittadini».
Non vi siete sentiti con Schlein, dopo la rottura di Bari e l’accusa da parte sua di non aver liberato il Pd da «cacicchi e capibastone»?
«No, in queste ore non ci siamo sentiti».

Lei ha annunciato «una rivoluzione» molto ambiziosa. State per uscire dalla maggioranza che sostiene Emiliano in Puglia, dove avete un assessore e quattro consiglieri?
«In settimana terremo una conferenza stampa per annunciare gli obiettivi che ci prefiggiamo di raggiungere in regione Puglia, ma sicuramente si scriveranno nuove pagine».

Lei fa il misterioso e medita di far saltare la giunta, Emiliano invece al Corriere ha detto di non essere deluso da lei.
«Affronteremo il tema di persona a Bari. Voglio ricordare che abbiamo fatto saltare le primarie del campo progressista dopo le inchieste è perché per noi la lotta contro la corruzione e l’illegalità è un patrimonio non negoziabile».

Lei ha smentito di aver mai detto che sciogliere il comune di Bari sia legittimo. Come giudica la tentazione della destra di mandare a casa Decaro?
«Giorgia Meloni si permette di non far dimettere una ministra indagata per truffa sui fondi Covid, di non chiedere scusa ai foggiani dopo lo scioglimento per mafia del comune di centrodestra, di ignorare i vari arresti per voto di scambio nella coalizione di governo e dentro Fdi e di proporre una norma per dare incarichi negli enti locali ai condannati per corruzione. Bella faccia tosta. Non possiamo accettare da loro sermoni sulla legalità e attacchi strumentali su Bari».

Il prossimo sindaco sarà espressione dell’unitá del campo, come spera Emiliano, o la partita è chiusa?
«Noi ci siamo predisposti a Bari ad affrontare questa esperienza con spirito unitario, ma occorrono condizioni rafforzate di legalità e trasparenza e la consapevolezza, da parte del Pd locale, che i casi di inquinamento del voto e quell’area grigia di opacità amministrativa che sta emergendo, meritano un radicale repulisti».

Dietro le dichiarazioni di guerra, è anche lei alla ricerca di un terzo nome che risolva il duello Laforgia-Leccese?
«Non è nell’ordine delle cose impegnarsi a cercare un terzo nome dopo che per mesi ho implorato Decaro ed Emiliano di fare una loro proposta. Vorrei ricordare che Laforgia non lo conoscevamo ed è stato designato come candidato alle primarie non da noi, ma da una rete civica. Quel che rimane ancora oggi incomprensibile è perché Laforgia non vada bene al Pd, visto che tutti hanno confermato l’autorevolezza, forza e serietà di questa candidatura».

Il Pd è convinto di vincere anche senza il M5S…
«Con chi?».

Con Vito Leccese.
«Andare in piena continuità amministrativa puntando sul capo di gabinetto di Decaro mentre la destra preme per lo scioglimento del Comune? A me non sembra la soluzione ideale, ma loro ne sono convinti sin dall’inizio. Per quanto ci riguarda, su Bari occorre dare un segnale di forte rinnovamento e Laforgia è il candidato giusto».

Quindi ha ragione chi le rimprovera di allearsi col Pd solo se il candidato è il suo?
«È la cosa più ridicola e truffaldina che mi viene detta. Da quando lavoriamo col Pd sui territori credo che il 90% dei candidati alle elezioni locali abbia la tessera del Pd».

Dica la verità: ha avuto paura di perdere le primarie?
«I segnali che arrivavano dal territorio erano di un netto vantaggio di Laforgia rispetto a Leccese. Ma il tema non è la mera convenienza per la mia forza politica, è offrire alla città un progetto di rafforzamento dei presìdi anticorruzione e di contrasto a tutte le forme di trasformismo che inquinano le azioni amministrative, deviandole verso sistemi di mera gestione clientelare del potere».

Che ne sará del campo largo? Si riapriranno i giochi dopo il 9 giugno?
«Le sorti dell’area del campo progressista non dipendono solo da noi, ma anche da quel che vorrà fare Schlein. Vuole perseguire gli impegni presi con la comunità che l’ha investita segretaria, per trasformare il Pd? O finirà trasformata dal Pd?».

Punta a scavalcare il Pd alle Europee per correre da candidato premier e tornare a Palazzo Chigi? La accusano di opportunismo…
«Accuse lunari, a uno che non ha mai nemmeno commissionato un sondaggio. La legislatura scade nel 2027, le decisioni prese oggi non nascono pensando a un obiettivo così lontano, ma dalla coerenza dei nostri principi e valori. E dispiace che ogni qualvolta sul conflitto russo-ucraino, su Gaza, sugli scandali nostrani e su quelli europei, come il Qatar gate, quando noi usciamo con posizioni forti e coerenti, il Pd e le altre forze ci accusano, per miopia politica, di cercare il consenso elettorale».

Carlo Calenda si è detto convinto che se lei non riuscirà a diventare capo del centrosinistra, proverà ad allearsi con Salvini. Ci sta pensando davvero?
«Da quando sono alla guida del M5S e dopo aver adottato con la mia comunità la carta dei principi e dei valori, la nostra scelta dell’area progressista è netta e chiara».

Quindi lei non siglerà mai più alleanze con Salvini?
«Vorrei ricordare che nel 2018 il M5S si ritrovò con la Lega perché all’ultimo il Pd si era rifiutato di governare insieme. E vorrei rassicurare Carlo Calenda. Non c’è nessuna possibilità che noi si possa fare come fa lui sui territori».

Cioè?
«Cioè governare a destra e a manca a seconda dei rapporti di potere che hanno i capibastone locali, ai quali con la sua struttura partitica in franchising Calenda si appoggia di volta in volta».

Ha deciso in che gruppo si collocherà il M5S in Europa?
«Le trattative sono in corso».

Chi vedrebbe meglio come presidente della Commissione Ue, tra von der leyen, Metsola e Draghi?
«Noi guardiamo a un progetto che metta al centro politiche del lavoro e tutela del sistema sanitario pubblico. Ci batteremo perché la transizione ecologica non diventi transizione militare e per ridare sostanza alla politica e al dialogo, anziché alimentare i conflitti bellici».

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