Fonte: La Stampa
Dopo ore di discussioni e valutazioni su pro e contro il Premier Conte ha deciso: il governo porterà in Parlamento la proposta di prorogare al 31 ottobre lo stato di emergenza. Un modo per impedire alle opposizioni, Salvini in testa, di gridare contro l’esproprio delle Camere e la clausura forzata degli italiani. Ma anche e soprattutto per evitare di mettere troppo sale negli ingranaggi della gestione della pandemia. A cominciare dalla decadenza di Arcuri dal ruolo di commissario straordinario, con tutto quel che questo comporterebbe sulle difficoltà a far riaprire le aule a settembre senza una gara d’acquisto dei 3 milioni di banchi monoposto ancora da acquistare. Ma in assoluto non prorogare lo stato di emergenza implicherebbe non poter più derogare al codice degli appalti per acquisto di mascherine testi sierologici, tamponi e quant’altro necessario a contrastare la pandemia. Altro problema legato alla mancata proroga sarebbe il dover andare a rastrellare nuove risorse per finanziare i contratti del neo assunto personale sanitario in porti e aeroporti.
A decadere sarebbero poi provvedimenti che il governo giudica centrali da un punto economico e sociale, come la proroga dello smart working e, soprattutto, del blocco dei licenziamenti, contro il quale da tempo esercitano il loro pressing associazioni di imprese e commercianti. Se il Parlamento darà l’ok alla proroga al 31 ottobre, entrambe le misure verranno recuperate nel nuovo Dpcm, che ripristinerà anche le linee guida per la gestione di esercizi commerciali, spiagge, uffici, fabbriche, trasporti e quant’altro, mantenendo l’obbligo di mascherina nei locali chiusi e il divieto di assembramento. In caso di stop allo stato di emergenza i provvedimenti di natura economico-sociale finirebbero in un decreto legge ad hoc, quelli di natura sanitaria in Ordinanze del Ministro della salute Speranza. Ferno restano che senza stato di emergenza acquistare e assumere velocemente diventerebbe un problema.