22 Novembre 2024

Fonte: Huffington Post

di Pietro Salvatori

A spasso tra la gente di Forcella e Pignasecca, tra una pizza e un caffé, con Manfredi, Di Maio, Fico e due dioscuri delle correnti M5S

Una pizza margherita da “Michele”, storica pizzeria di Forcella in compagnia di Gaetano Manfredi e Luigi Di Maio, poi una passeggiata per le vie del quartiere Pignasecca. Giuseppe Conte va a spasso per Napoli dopo aver presentato il candidato al Comune condiviso con il Partito democratico, Gaetano Manfredi. Passeggiate programmate per segnare il “ritorno in mezzo alla gente” del leader in pectore del Movimento 5 stelle. Riparte dal capoluogo partenopeo l’ex premier, alla sua prima iniziativa pubblica nelle sue nuove vesti, lo definisce un cammino “più semplice, perché abbiamo la possibilità di tornare tra la gente”. Riparte da Forcella e Pignasecca, che il quotidiano della città il Mattino descrive come zone che “hanno una media di percettori del reddito di cittadinanza da paura”.
Riparte dal granaio pentastellato, 157mila famiglie che ricevono il sussidio ideato dal Movimento a dar retta agli ultimi dati dell’Inps, 459mila persone coinvolte su una città che a dar retta ai numeri ufficiali conta 940mila abitanti, una spesa (102 milioni di euro) di un soffio inferiore a quella dell’intero Nord Italia (dove i milioni elargiti si fermano a 109).
“Per quella misura ci sarà sempre spazio, la povertà non è facile eliminarla”, dice Conte che per l’occasione ha dismesso cravatta e pochette pur non rinunciando alle immancabili giacca blu e camicia bianca, con buona pace di Di Maio che lo ascolta dalla prima fila, lui che la povertà l’aveva abolita. Fioccano le domande sul reddito di cittadinanza, arriva la difesa d’ufficio: “Tanti professoroni ci hanno detto che è una misura assistenziale, ma io la rivendico, è una misura di giustizia sociale”. Non creerà poi così tanto lavoro, ma definirla “assistenzialismo” non è più un insulto, come gli esponenti M5s la prendevano fino a qualche tempo fa, non lo è più qui, non lo è più ora.
Conte si circonda della nomenklatura del partito. In prima fila accanto a Di Maio il presidente della Camera, Roberto Fico, entrambi per ragioni istituzionali e di opportunità giù dal palco, sostituiti da Valeria Ciarambino e Gilda Sportiello, consigliera regionale e deputata storicamente annoverate tra le truppe del ministro degli Esteri, la prima, e del presidente della Camera, la seconda. È un Cencelli delle correnti che ci sono ma ufficialmente non esistono, la blindatura di una discesa in campo che ha l’elefante nella stalla della non decisione sulla regola dei due mandati, sulla quale Conte ha uno dei pochi scatti d’autorità: “Deciderò io il momento in cui parlarne”, taglia secco di fronte a chi gli pone la più ovvia delle domande, se nel suo Movimento quei due lì davanti non siano fondamentali.
Ad accoglierlo attivisti festanti ma anche un drappello di contestatori, che di fronte all’hotel Bellini dove è atteso per incoronare Manfredi inalberano lo uno striscione con su scritto “No alleanze”, ispirati dal capogruppo in comune Matteo Brambilla e dalla consigliera regionale Maria Muscarà, che sul nuovo corso con il Pd sono più che scettici. “Il Movimento è unito, se ci sono altre opinioni sono opinioni personali”, dice il nuovo leader (come si auto definisce) salvo poi fare retromarcia: “Ammettiamo i dissenzienti, non siamo una forza politica bolscevica”, qualunque cosa avrebbero pensato i bolscevichi nell’essere definiti “forza politica”.
Conte incontra una delegazione della Whirpool, uno dei grandi boomerang dei suoi anni di governo, una mediazione con l’azienda sbandierata come cosa fatta prima che i vertici decidessero di abbandonare la città. Poi l’incontro con gli eletti campani, quindi la passeggiata alla Pignasecca, un caffé in piazza della Carità, un selfie per Manfredi con la maglia di Maradona, che sulla juventinità del candidato sindaco si gioca un pezzo della campagna elettorale e dunque di corsa a convertirsi, a spiegare che bianconero lo era sì da bambino, ma che oggi esulterebbe per il Napoli.
“Conosco il grande entusiasmo di Napoli e oggi è stata una bella sensazione trovarmici. La gente crede nella politica e non dobbiamo deluderla”, dice il premier passeggiando e prestandosi alle foto, che qui nel granaio dei 5 stelle e con l’unico candidato frutto di un’intesa con la sinistra si gioca il primo pezzo della sua credibilità di leader, e che si gioca la partita tenendosi in equilibrio tra le varie anime pentastellate e invocando il “patto per Napoli”, una pioggia di soldi da far arrivare in città attraverso “interventi legislativi ed emendamenti che presenteremo al più presto”, ma non si parli di assistenzialismo.

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