15 Gennaio 2025

Il leader, indagato per il tentativo di imporre la legge marziale a dicembre e sospeso dalle sue funzioni per impeachment, arrestato dopo l’ennesima giornata di caos a Seul

Buona la seconda. Dopo il fallito tentativo dello scorso 3 gennaio, gli investigatori sono riusciti ad entrare nella residenza presidenziale e ad arrestare il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol.
Yoon – che è indagato per insurrezione per aver cercato di imporre la legge marziale un mese e mezzo fa – è il primo presidente in carica del Paese (seppur sospeso dalle proprie funzioni dopo l’impeachment del 14 dicembre) ad essere detenuto. La Corea del Sud vive l’ennesima giornata di caos politico, degna della trama di un K-drama, una serie tv le cui puntate non sono ancora finite.
Dentro la residenza del presidente sudcoreano ci sono state ore interminabili di negoziati tra gli agenti del Cio (l’Ufficio per le indagini sulla corruzione per gli alti funzionari) e gli uomini di Yoon. Alle 10:33 l’arresto. Yoon è ora stato portato negli uffici del Cio per essere interrogato, ma al momento si sta rifiutando di rispondere.
L’attuale mandato dura 48 ore, poi gli investigatori possono richiedere un nuovo mandato per arrestarlo formalmente. Se il tribunale rifiuta di emettere un altro mandato, Yoon sarà rilasciato. In caso invece di un nuovo mandato di detenzione, Yoon può essere trattenuto fino a 20 giorni.
L’operazione per arrestare Yoon era scattata prima dell’alba. Gli agenti erano arrivati nei pressi della residenza presidenziale verso le 4 del mattino ora locale. “Gli investigatori hanno utilizzato delle scale per entrare nel complesso della residenza presidenziale nel centro di Seul, dopo essere stati bloccati dal servizio di sicurezza presidenziale, che ha eretto una barricata con dei veicoli vicino all’ingresso. All’ingresso sono stati bloccati anche da un gruppo di deputati del partito al governo e dagli avvocati di Yoon. Alcuni investigatori hanno tentato di assicurarsi l’accesso al complesso attraverso un vicino sentiero”, riferisce l’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap.
“Ho deciso di comparire davanti al Cio, anche se si tratta di un’indagine illegale, per evitare qualsiasi spiacevole spargimento di sangue”, ha detto Yoon in una dichiarazione video. “Tuttavia, questo non significa che io approvi la loro indagine”. Nel breve video – poco meno di 3 minuti – ha affermato che lo Stato di diritto nel Paese è crollato e che né le agenzie che indagano su di lui, né i tribunali che emettono i mandati di arresto, hanno il potere di farlo. Ha concluso dicendo che “sebbene questi siano giorni bui… il futuro di questo Paese è pieno di speranza. Ai miei concittadini auguro il meglio e di essere forti. Grazie”.
Un funzionario del Cio ha dichiarato che non si sono verificati scontri fisici al momento dell’ingresso nella residenza, situata su una collina nel quartiere Hannam della capitale sudcoreana. “A differenza del primo tentativo, questa volta non c’era personale di sicurezza che bloccava attivamente l’esecuzione”.
Sfidando il gelo, circa 6.500 sostenitori del presidente si sono radunati fuori dal complesso presidenziale fin dall’alba, alcuni avvolti in coperte di carta stagnola, scandendo slogan come “Mandato di arresto illegale!” e tenendo in mano cartelli con scritto “Stop the Steal”, uno slogan che i sostenitori di Donald Trump hanno usato per mettere in discussione i risultati delle elezioni statunitensi del 2020, perse dal tycoon americano. Ci sono stati lievi scontri tra la polizia e i manifestanti e le autorità hanno confermato che una persona è rimasta ferita. La polizia ha schierato circa 3mila agenti nei pressi del complesso presidenziale.
La polizia ha cercato di arrestare anche Kim Sung-hoon, il capo ad interim del Servizio di sicurezza presidenziale, per aver ostacolato le operazioni.
La Corte distrettuale occidentale di Seul aveva emesso i mandati contro Yoon dopo che il presidente aveva rifiutato tre convocazioni da parte degli investigatori per un interrogatorio sul suo fallito tentativo di imporre la legge marziale il 3 dicembre.
Yoon è indagato per insurrezione (reato non coperto dall’immunità presidenziale) e abuso di potere. Ieri (martedì 14 gennaio) è iniziato il processo alla Corte Costituzionale per quanto riguarda l’impeachment: la Corte ha tempo sei mesi per decidere il destino del leader conservatore.
Il 3 gennaio, per cinque ore e mezza, gli investigatori avevano cercato di entrare nella residenza di Yoon (sospeso dall’incarico dallo scorso 14 dicembre dopo il che il Parlamento votò per l’impeachment) per arrestarlo. Un braccio di ferro conclusosi con un nulla di fatto: Yoon rintanato nella sua abitazione nell’elegante quartiere di Hannam della capitale sudcoreana e protetto dalle proprie guardie era scampato alle manette.
Yoon sconvolse il Paese dichiarando la legge marziale per contrastare le “forze anti-statali”, mandando poi l’esercito in Parlamento per impedire ai deputati di riunirsi e abrogarla. Nella notte tra il 3 e il 4 dicembre alla fine i deputati riuscirono a votare la revoca, costringendo Yoon, quasi all’alba, al passo indietro dopo 6 ore di follia. Il 14 dicembre il Parlamento ha votato l’impeachment e ora spetta alla Corte Costituzionale decidere. Due settimane più tardi è stato messo sotto impeachment anche il suo sostituto: il presidente ad interim Han Duck-soo. Le funzioni presidenziali sono ora nelle mani del ministro delle Finanze Choi Sang-mok.

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