Fonte: Corriere della Sera

Gran parte delle nazioni del Vecchio Continente stanno imitando per necessità le scelte del nostro Paese, rinunciando a una sorta di arroganza occidentale iniziale


Parlare di «modello italiano» nel contrasto al coronavirus può apparire esagerato, o prematuro. Ma probabilmente, nella rivendicazione del premier Giuseppe Conte si avverte l’eco delle ironie che all’estero hanno accompagnato la scelta del governo di chiudere il Paese; e una punta di soddisfazione per il modo in cui la popolazione reagisce, pur tra passeggiate e fughe sciagurate in treno da Nord a Sud. È un fatto che gran parte delle nazioni europee stanno imitando per necessità le scelte italiane, rinunciando a una sorta di arroganza occidentale iniziale rispetto al contagio.
Perfino negli Usa, dove il caso italiano viene declinato rozzamente nei dibattiti elettorali come esempio da non imitare, si è costretti a fare i conti con una situazione che non consente la sottovalutazione pericolosa di questi giorni. Che il modello evocato da Conte possa estendersi anche alla strategia economica, appare più azzardato: prima o poi la politica espansiva del governo, avallata dalla Commissione europea, si troverà a dover pagare un conto elevato. Ma al momento questa incognita è destinata a passare in secondo piano.
La priorità è battere la pandemia e fare in modo in parallelo che il sistema economico non si blocchi e non si perdano posti di lavoro. Quando ieri Conte, dopo l’approvazione che prevede 25 miliardi di euro in aiuti a famiglie, medici e imprese, definisce il decreto «Cura Italia», magari pecca di enfasi. In parallelo, però, riflette la necessità di rassicurare un Paese che si sta sacrificando; e in cambio chiede di essere informato, aiutato e rassicurato.
Con un filo di ironia Giorgia Meloni, presidente di FdI, parla di «cerotto Italia» e di «misure insufficienti per rimetterla in piedi». E si prepara, insieme con Lega e FI, a «migliorarle in Parlamento». Ma nessuno ritiene che basteranno. Lo stesso Conte ammette che è «una prima risposta» e ringrazia «le forze politiche, comprese le opposizioni, per il prezioso contributo». E prepara altri«ingenti investimenti».
È la conferma di un simulacro di coesione nazionale che cerca di manifestarsi tra gli scarti della Lega e di Iv; meno delle regioni. La stessa Meloni e il leghista Matteo Salvini si compiacciono che il governo «ci abbia ascoltato». La polemica, più che con Conte, è con un’Europa accusata di fare poco; e con la presidente della Bce, Christine Lagarde, per le sue parole sullo spread: sono apparse come minimo imprudenti, e tali da far nascere la diffidenza verso il successore di Mario Draghi. Ma anche questa polemica non può che essere diplomatizzata, almeno fino a quando la curva dell’epidemia non mostrerà segni di discesa: con un’attenzione particolare all’evoluzione nei prossimi giorni a Sud.

A.N.D.E.
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