20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Rita Querzé


Primo giorno con le nuove misure introdotte sabato notte dal premier Giuseppe Conte. Come hanno affrontato la situazione le imprese e i lavoratori del Nord colpito dall’emergenza Coronavirus? A sentire le prime reazioni a fine giornata, tutti hanno difeso a oltranza una parvenza di normalità. Nessun assenteismo: i dipendenti si sono presentati regolarmente all’apertura di uffici e fabbriche. Ma ecco le voci di chi è in prima linea.

Trasporti: mancano le mascherine
Nel primo giorno di applicazione del decreto varato sabato notte da Giuseppe Conte il settore dei trasporti in zona arancione sembra tenere. I camion arrivano a destinazione con i loro carichi di merci da consegnare. «Non abbiamo avuto particolari controlli — racconta Claudio Fraconti, titolare della Trial di Milano, 30 dipendenti diretti e 30 indiretti —. Certo, il giro d’affari è ridotto rispetto ai tempi normali. Diciamo del 30% circa». E la sicurezza? «Questo è un grosso problema — risponde Franconti, che è anche presidente di Conftrasporto Lombardia —. La mia attività ha sede a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. Servirebbero mascherine per i nostri autisti. I prezzi sul mercato sono insostenibili. Per una mascherina vengono chiesti 5 euro. Ma si arriva anche a 6-7 euro». Da qui la proposta di Conftrasporto nazionale che con il suo presidente Paolo Uggè si è resa disponibile per la distribuzione di mascherine ai lavoratori del settore, in caso la Protezione civile le mettesse a disposizione.

L’orgoglio della metalmeccanica
Ambra Redaelli è titolare dell’azienda familiare, la Rollwash, di Albiate (Monza e Brianza) produttrice di macchine per il trattamento delle superfici. La sua è una testimonianza che in un momento difficile restituisce speranza e fiducia nel futuro. «Sono molto orgogliosa degli uomini e delle donne della mia azienda — dice Redaelli —. Appena è iniziata la crisi abbiamo costituito una chat, siamo in tutto 56. Quando sono stata messa in quarantena perché avevo avuto contatti con una persona positiva ho spiegato tutto quello che stava succedendo. Da casa ho lavorato ancora più che dall’ufficio. Per fortuna non mi sono ammalata. Tutti hanno capito e mi sono stati vicino». Insomma, niente panico? «Niente panico. E adesso andiamo avanti. Ogni sera torno a casa portandomi dietro l’ufficio perché non so cosa succederà domani e voglio essere pronta se necessario a lavorare da casa. Con i miei dipendenti abbiamo studiato procedure d’emergenza per garantire la sicurezza a tutti. Chi è in produzione non può lavorare da casa. Ma tutti stamattina sono venuti in ufficio e nei reparti. Tutti sorridenti e determinati ad andare avanti e a difendere la nostra normalità».
Continua Redaelli: «Tutti sappiamo bene che non sarà finita il 2 aprile. Ma non per questo ci arrendiamo. Il momento è critico, ci sono state incertezze da parte del governo nella gestione per esempio delle ultime misure introdotte nel fine settimana. Ma la situazione è talmente complessa che non mi sento di accusare nessuno. Dobbiamo solo stare uniti. Non posso non notare, però, la distanza dell’Europa. Ci sta lasciando soli nell’emergenza». Il giro d’affari ne risente? «Dall’estero non arriva più un ordine. Per fortuna per noi le esportazioni valevano “solo” il 30% del fatturato, ma saremo comunque costretti a chiedere un po’ di cassa integrazione. Ma il mercato italiano per ora non si arrende. Tutto continua a funzionare».

Lo sforzo dell’alimentare per arrivare sugli scaffali
«Sabato notte sono andato a dormire alle 4 del mattino. Abbiamo 300 dipendenti e il primo obiettivo è tutelare tutti i nostri collaboratori», racconta Simone Zerbinati, amministratore delegato del gruppo omonimo di Casale Monferrato che produce zuppe pronte e confezionate per la grande distribuzione. «Quando è partito l’allarme abbiamo avuto una impennata di ordini. Ora è tutto tornato sostanzialmente alla normalità. Domenica mattina abbiamo continuato a produrre. Abbiamo attivato lo smart per uffici gli uffici. più che dimezzati. Abbiamo annullato gli incontri con i fornitori in sede, annullato le visite dai clienti. Cerchiamo di reagire. E così fanno i nostri dipendenti. Tutti si sono presentati puntuali al lavoro».

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