INCHIESTA
Fonte: La Stampa
Già accertate bustarelle per 6,4 miliardi, altri 5 sono spese ingiustificate Una maxi-esborso finito nel mirino del nuovo piano di Cantone e Lorenzin
Sanità sorvegliata speciale del nuovo Piano anticorruzione presentato ieri dal Presidente dell’Anac, Raffaele Cantone e dal Ministro della salute, Beatrice Lorenzin. Proprio mentre l’Ispe, l’Istituto per l’etica in sanità, fa i conti di quanto costa il malaffare in asl e ospedali. Quasi 10 miliardi, dice l’ultimo rapporto che siamo in grado di anticipare. Se a questi si sommano i 14 miliardi gettati al vento per sprechi vari si raggiunge la cifra monstre di 23,6 miliardi. Un costo abnorme, che convincerà ancor più Matteo Renzi di aver fatto bene a non cedere al pressing delle regioni che reclamavano più soldi per la sanità.
Il dato più certo è quello di 6,4 miliardi sperperati per la corruzione in senso stretto. L’Ispe, con un lavoro certosino, ha ricostruito tutti i danni accertati nei vari processi dalla magistratura (5,4 miliardi), ai quali va poi aggiunto un altro miliardo di danni erariali appurati dalla Corte dei Conti. Ma secondo i curatori del rapporto si tratta ancora «di un dato di minima, perché non tutti i crimini sono perseguibili e i termini di prescrizione rallentano e a volte annullano i procedimenti». Se corrotti e corruttori ci costano già tanto c’è poi da considerare lo sperpero da «inefficienze, uscite causate da mala gestione, assunzioni clientelari e investimenti non necessari». E fanno altri 3 miliardi e due, per un totale di 9,6, pari a circa l’8% della spesa sanitaria pubblica. «Dato superiore alla media europea», sottolinea l’Ispe.
Di stime non ne ha fatte Cantone, che però ha sottolineato come «ancora più enormi siano gli effetti collaterali del fenomeno», al quale ora vuol porre argine il nuovo Piano anti-corruzione. «Una rivoluzione copernicana», per il presidente dell’Anac, «un manuale delle procedure a disposizione delle singole realtà sanitarie», secondo la Lorenzin, che ha anche rimarcato il valore di due novità appena introdotte: quella contenuta nella legge di stabilità che vieta dal primo gennaio il rinnovo automatico dei contratti di fornitura in scadenza per aggirare le gare e l’estensione anche alle strutture private convenzionate delle nuove disposizioni anti corruzione. Che nel Piano messo a punto con la stretta collaborazione di Agenas, l’agenzia per i servizi sanitari regionali, puntano i riflettori su tutte le aree a rischio della sanità. I contratti di fornitura, certo, ma anche le nomine e le gestioni poco trasparenti delle liste d’attesa. «Come le centinaia di casi di chi in presenza di tempi d’attesa magari di tre mesi propone strutture alternative, magari private», denuncia Cantone. Illustrando poi anche la ricetta per arginare la truffa: «controlli a campione per accertare se quell’intervento programmato rispetti le liste d’attesa o se troppi soggetti non si presentino in ospedale».
Stretta decisa anche sui contratti d’acquisto. Qui a far scattare l’allarme nei responsabili anticorruzione di asl e ospedali è «l’eccessivo spacchettamento degli affidamenti», quelli senza gara insomma. Tanto più se si acquistano con troppa frequenza «beni infungibili», ossia che non possono sulla carta essere sostituiti da altri. In altre parole quando troppe volte la scelta ricade su beni esclusivi che impediscono di fare normali gare d’acquisto scatteranno i controlli. E poi occhio vigile ad eventuali conflitti di interessi tra chi ordina e chi rifornisce.
Per sconfiggere la piaga delle nomine clientelari si punta invece tutto sulla trasparenza. Il profilo professionale di chi deve essere nominato magari primario «deve essere connotato da elementi di specificità e concretezza», pubblici devono essere i criteri di selezione della commissione giudicante.
Sotto più stretto controllo finiranno i camici bianchi che prescrivono i farmaci con troppa manica larga e occhio vigile anche sulle «attività conseguenti al decesso in ambito ospedaliero». Con tanto di obbligo di riservatezza per il personale sanitario. Un modo arginare quel business del caro estinto che indica come in fatto di anticorruzione in sanità ci sia ancora tanto da lavorare.