La Corte accoglie il ricorso della Commissione contro un testo legislativo accusato di violare l’indipendenza della magistratura. A Varsavia in 500mila contro la legge anti-Tusk
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha accolto il 5 giugno 2023 il ricorso della Commissione contro la riforma del sistema giudiziario approvata dalla Polonia nel 2019, stabilendo che il testo di Varsavia «viola il diritto» della Ue.<
Bruxelles aveva presentato ricorso alla Corte lussemburghese denunciando un atto legislativo accusato di infrangere i valori fondanti dello Stato di diritto Ue e reprimere l’indipendenza della magistratura, accentuando la china autocratica che ha già provocato più di una fibrillazione fra i vertici comunitari e Bruxelles.
Le strade di Varsavia hanno accolto nello stesso giorno un corteo da oltre 500mila manifestanti contro la cosiddetta legge anti-opposizione: l’istituzione di una commissione di inchiesta per valutare le influenze russe nel Paese, ritenuta una manovra per indagare e mettere fuori gioco l’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk in vista del voto di autunno.
Le critiche della Commissione al testo
La riforma di Varsavia si concentra sulla revisione di alcuni pilastri del sistema giudiziario polacco, intervenendo su organi giurisdizionali ordinari, organi giurisdizionali amministrativi e il ruolo della Corte suprema nazionale.
La Commissione europea aveva impugnato il testo, contestandogli una virata autoritaria su più fronti: l’eccesso di potere e controllo sui giudici attribuito alla Sezione disciplinare della Corte suprema polacca, un organo che non viene ritenuto garanzia di «indipendenza e imparzialità» rispetto alla linea del governo; il divieto agli organi giurisdizionali di verificare il rispetto dei requisiti dell’Unione, altra competenza assegnata esclusivamente alla Sezione disciplinare della Corte; la stretta sulle attività private dei giudici in fondazioni, associazioni o qualsiasi appartenenza politica.
La Corte di giustizia Ue ha accolto il ricorso dell’esecutivo Ue, ribadendo che il controllo sul rispetto dello stato di diritto è una competenza degli Stati membri e criticando l’eccesso di potere nelle mani di un organo singolo -e tutt’altro che imparziale – come la Sezione di controllo della Corte suprema polacca. Sul versante delle ingerenze più politiche, espresse con l’obbligo per i giudici di comunicare le proprie attività, la Corte europea ritiene che si violino la tutela dei dati sensibili e il rispetto della vita privata.
Le tensioni Ue-Varsavia e l’asse fra conservatori in Europa
La sentenza della Corte può surriscaldare ulteriormente i rapporti fra Bruxelles e Varsavia, già in bilico da anni per le violazioni dello Stato di diritto imputate a Varsavia. Il governo di destra a guida di Diritto e giustizia, il partito che esprime il premier Mateusz Morawiecki, rientra nel cosiddetto blocco Visegrad: il gruppo di Paesi dell’Est Europa, capeggiato in tandem da Polonia e Ungheria e ritenuto la fronda più insidiosa per l’establishment comunitario. L’ultimo episodio sulla china autocratica di Varsavia si è materializzato con l’istituzione di una commissione per valutare le ingerenze russe in un lasso di tempo compreso fra il 2007 e il 2022, periodo che coincide con gli otto anni al potere dell’ex premier e numero uno del Consiglio europeo Donald Tusk. L’esecutivo ne parla come una misura per tutelare il voto, l’opposizione la interpreta come una manovra per sbarazzarsi di Tusk in vista del voto ed è già scesa in piazza contro il testo.
Il caso può complicare, in parallelo, anche i negoziati per una nuova maggioranza di destra al Parlamento Ue intentati fra alcuni esponenti del Partito popolare europeo e il gruppo dei Conservatori e riformisti. La stessa vicenda di Tusk può essere un ostacolo all’intesa, visto che racchiude in sé gli estremi delle rispettive forze politiche: Tusk è uno storico esponente del Partito popolare europea e la sua sigla polacca, Piattaforma pubblica, fa opposizione – dal centro – al governo di destra di Varsavia; Diritto e giustizia è fra i partiti più influenti nella famiglia dei Conservatori, capeggiata da Giorgia Meloni.