19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Goffredo Buccini

In campo enti locali e associazioni: un segnale per il governo

Potremmo chiamarli risvegli. Con una buona dose di fai-da-te e sfruttando al meglio la fetta del vecchio Bando periferie non caduta sotto la tagliola della maggioranza gialloverde (una prima tranche di 500 milioni già assegnati a 24 città, contro il congelamento di fatto di un’altra successiva tranche da un miliardo e 600 milioni) pare avviarsi il riscatto dei due più simbolici ghetti d’Italia: Corviale a Roma e le Vele di Scampia a Napoli.
Nei prossimi mesi i due falansteri proveranno a mutare un destino tracciato per loro quasi quaranta anni fa da un’architettura madre di isole metropolitane criminogene (per citare un urbanista cinico e tagliente come Rem Koolhaas, l’architetto è del resto colui che «fa in modo che il mondo accetti visioni che non vuole, costruendole»).
La quasi simultaneità degli interventi è un segnale molto forte mandato dagli enti locali e dai territori a una politica nazionale che ha di nuovo rimosso sin dal dopo elezioni il tema (oltre al balletto sui fondi per le periferie colpisce la mancata ricostituzione in questa legislatura di una Commissione parlamentare il cui disegno istitutivo langue — nemmeno calendarizzato — in Parlamento). Le aree più a disagio del Paese si riorganizzano con le proprie forze o sfruttando al meglio le risorse (scarse) a disposizione. I profili del governatore laziale Nicola Zingaretti, candidato forte per la segreteria del Pd, e del sindaco napoletano Luigi de Magistris, forse prossimo a provarsi su un più largo palcoscenico, marcano il segno politico delle due operazioni.
Corviale, ispirata alla unité d’habitation marsigliese di Le Corbusier, è diventata l’icona dei mali di Roma. Di fronte a un degrado quasi programmato (il «Serpentone» fu occupato ancor prima di essere finito), gli architetti si divisero. Massimiliano Fuksas ne propose l’abbattimento. Franco Purini ne difese l’autore (l’opera è di Mario Fiorentino, morto mentre venivano ultimati i lavori) con parole spiegabili solo con l’ideologismo del tempo: «Fiorentino aveva una concezione dell’abitare come movimento eroico. Voleva che il suo edificio fosse soprattutto una dimostrazione teorica che non concedesse nulla alla privatezza o all’agio». A giudicare, diremmo, dai tormenti di seimila poveri eroi confinati lì dentro c’è da riconoscere che l’obiettivo fu… raggiunto sin da subito.
Ora i lavori del famoso chilometro verde del quarto piano (noto al grande pubblico grazie al film «Scusate se esisto») si faranno: diretti da Guendalina Salimei (interpretata nella pellicola da Paola Cortellesi) ed eseguiti da una ditta di Ivrea con bando Ater e 21 milioni in gran parte della Regione, fermi dal 2006/7. Il quarto piano doveva essere la spina di coesione del Serpentone, il «boulevard» di negozi e servizi, venne subito espugnato e frazionato da centinaia di occupanti abusivi: verrà demolito e ricostruito con alloggi regolari e spazi verdi. Siccome per i lavori bisogna fare tabula rasa delle occupazioni del piano, quelli di «Corviale Domani», il coordinamento di 50 associazioni locali, hanno avviato i «trasferimenti» (così li chiamano, non sgomberi) e senza «la cavalleria», cioè le forze dell’ordine (parole del loro leader Pino Galeota). Dicono di essere «un modello anti Salvini», nel senso che lavorano sulla trattativa e non sulla ruspa. Punti di vista. Ma in effetti hanno già ricollocato 15 famiglie sgomberate dal quarto piano e, lavorando accanto all’Ater, contano di procedere a colpi di 15 alla volta per i prossimi cinque anni, tempo di durata dei lavori (c’è un secondo progetto da 11 milioni per la rigenerazione dell’area circostante). I 15, totalmente in nero, adesso hanno stipulato contratti per acqua e luce. È un bel segno di discontinuità.
Anche a Scampia l’associazionismo è linfa sotto le Vele (tra le 200 piccole associazioni di quartiere va segnalata «Scugnizzeria», prima libreria aperta qui, dal cugino di una vittima innocente della camorra). Continua il lavoro straordinario di Gianni Maddaloni che, dalla sua palestra di judo, contende i ragazzi di strada alle baby gang: pur abbandonato anche da de Magistris che gli ha chiesto quegli arretrati dell’affitto (la struttura è comunale) che mai gli altri sindaci avevano preteso. De Magistris da anni promette l’abbattimento delle Vele, ma stavolta potrebbe farcela davvero, entro giugno. I soldi ci sono: Napoli era tra le 24 città fortunate rientrate nel primo bando con il progetto abbattimento, 18 milioni, più 9 milioni europei del Pon metro; la città metropolitana è rimasta fuori per una seconda tranche sull’accessibilità del quartiere ma potrà avere accesso all’avanzo di bilancio prima vincolato. Il progetto è approvato, 184 alloggi regolari sono già stati consegnati ad ex occupanti, restano altri sgomberi in ballo, «ma siamo a un ottimo punto», sostiene l’assessore Carmine Piscopo. Tre delle ultime quattro Vele (erano sette in origine, cominciarono a smantellarle, poi nel 2003 si bloccò tutto) dovrebbero cadere nei prossimi mesi, la quarta diventerebbe sede della città metropolitana («così portiamo Scampia in centro», dice il sindaco). La demolizione di questa mala Napoli darebbe concretezza a un’amministrazione spesso sedotta da progetti fantasiosi come la criptovaluta. A Scampia, peraltro, il terreno è fertile: ancora aspettano il ritorno di Di Maio. «Venne a giugno promettendo legalità, speriamo non si scordi», dice Maddaloni. Sulla turbolenta giostra del populismo meridionale, un Gigino sogna di soppiantare l’altro.

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