20 Settembre 2024

POLITICA

Fonte: La Stampa

Vincenzo_De_Luca

È il 17 luglio scorso. Il collegio della prima sezione del Tribunale civile di Napoli, presieduto da Umberto Antico, è in camera di consiglio. A un certo punto il giudice relatore, Anna Scognamiglio, si apparta, alza la cornetta del telefono e compone il numero del marito Guglielmo Manna, svelandogli la decisione presa dal collegio.

Manna, dirigente dell’ospedale pediatrico Santobono, non sa di essere intercettato dalla Procura antimafia di Napoli che indaga sui clan e gli appalti nella sanità pubblica.

«Tu credi di essere intelligente solo tu, e invece anch’io sono furbo», risponde alla moglie. Adesso il giudice e il manager dicono di essere separati in casa, quasi per fare intendere che tra di loro è il gelo.

Ma per dirla con un inquirente, magari sono stati o sono «litigati» ma questo non toglie che sulla decisione della sospensione dell’applicazione della Severino nei confronti del presidente della giunta campana, Vincenzo De Luca, marito e moglie sembrano avere agito in totale sintonia. Appena la telefonata tra i due si conclude, Manna digita un sms: «E’ andata come previsto». Destinatario del messaggio è il gruppo variegato di avvocati, mediatori, uomini di De Luca che lavorano per neutralizzare la Severino.

Alcune date da tenere presente. A fine giugno il neo governatore della Campania, da poche settimane eletto, viene sospeso in applicazione della Severino, essendo stato condannato a Salerno per abuso d’ufficio. Il 2 luglio un giudice monocratico decide di congelare la sospensione. Il 16 luglio per cinque ore, alla prima sezione civile del Tribunale di Napoli si svolge una udienza che discute il caso. Il giorno dopo si riunisce la Camera di Consiglio, il 22 la decisione viene depositata. Gli atti vanno alla Consulta. O meglio andranno alla Consulta perché ancora oggi è in piedi alla Cassazione un «conflitto di giurisdizione». I giudici supremi dovranno stabilire se la sospensione della Severino è materia della giustizia amministrativa o di quella ordinaria.

Dunque, qualcosa non quadra. Il 17 luglio la notizia è fuori. Il marito del giudice relatore comunica allo staff di De Luca che il governatore può tranquillamente andare avanti.

Ma è da almeno una settimana prima della camera di consiglio che il telefono di Manna è sotto intercettazione e già da alcune telefonate si intuisce che si sta organizzando qualcosa di illecito. Come le telefonate di Manna con uno degli avvocati indagati nelle quali chiede di poter attivare Nello Mastursi, il fidato e storico braccio destro di De Luca, per una nomina pesante nella sanità pubblica.

Il 2 agosto, lui confida alla moglie: «Sono stato chiamato in Regione». Lei: «Se dovesse essere quello, ti metti in ferie e parti. Speriamo bene». Il giorno dopo, ancora Guglielmo Manna alla moglie: «Dovrebbe essere Na1, gira voce. Non ho chiesto Napoli ma Caserta, Avellino o Benevento». E aggiunge: «Sono stato segnato su una specie di bloc notes».

Naturalmente anche nei giorni a seguire, il marito del giudice Scognamiglio parla al telefono con Mastursi, con gli avvocati mediatori, con l’ex coordinatore delle liste elettorali a sostegno di De Luca, Giuseppe Vetrano. Mai viene registrata una telefonata diretta di Manna con De Luca.

Siamo a settembre, e la Procura antimafia di Napoli, visto il coinvolgimento del giudice del Tribunale civile, trasferisce le intercettazioni alla Procura di Roma, per competenza. Il 19 ottobre scattano le perquisizioni contro gli indagati. Non tutti, non viene perquisito Vincenzo De Luca, quasi a segnalare una differenza – in questa fase delle indagini – tra le posizioni degli indagati. Insomma, De Luca sapeva o era stato tenuto all’oscuro della promessa di un incarico nella sanità pubblica per il marito del giudice Scognamiglio?

Vincenzo De Luca fa sapere che il 28 ottobre aveva chiesto di essere sentito dalla Procura di Roma. Quindi sapeva delle perquisizioni e di essere indagato. Il 3 novembre la Procura di Roma risponde al governatore che prima vuole concludere gli accertamenti e successivamente lo convocherà.

Il 19 ottobre si svolgono le perquisizioni. Venti giorni dopo un comunicato della Regione fa sapere che Nello Mastursi si è dimesso perché non è in grado di svolgere il doppio incarico di segretario regionale organizzativo del Pd e capo della segreteria del governatore. Quello che più colpisce la Procura di Roma è che nessuno dei perquisiti fino a ieri si è rivolto al Riesame.

 

 

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