Fonte: Corriere della Sera
di Francesco Di Frischia e Domenico Comegna
Riparte il progetto «Busta arancione» dopo lo stop dello scorso dicembre. In aprile 7 milioni di lavoratori riceveranno il modulo con le simulazioni
La Busta Arancione
Dal prossimo aprile 7 milioni di lavoratori cominceranno finalmente a ricevere a casa la «busta arancione» dell’Inps che contiene una previsione della pensione futura. Il progetto, che aveva subito a dicembre uno stop per problemi finanziari, riparte grazie alla collaborazione con l’Agenzia per l’Italia digitale (Agid – che aggiunge 2,5 milioni per il 2016-2017 al milione che investe l’Inps). Questa partnership permetterà di raggiungere chi non è digitalizzato (e si tratta di ancora una fetta consistente dell’opinione pubblica nazionale) e sarà invitato a munirsi di «Spid», il Sistema unico di identità digitale, alias il pin unico per accedere ai servizi on line della Pubblica amministrazione. L’Istituto spedirà 150 mila missive arancioni al giorno.
Il presidente dell’ente previdenziale, Tito Boeri, e il direttore dell’Agid, Antonio Samaritani, ieri così hanno voluto promuovere l’utilizzo di Internet e dei servizi web nella Pa e la busta arancione viene associata ad un programma più ampio per la digitalizzazione degli italiani: «Solo il 30% usa la Rete per ottenere informazioni dalla Pa – ricorda Boeri – e purtroppo le ultime indagini ci dicono che siamo molto indietro dal punto di vista culturale». Tra gli esempi citati dai vertici dell’Inps «c’è poca consapevolezza sulle pensioni: infatti solo 1 italiano su 5 conosce come funziona il nostro sistema previdenziale». Rincara la dose Samaritani: «Sull’uso di servizi di e-government siamo terzultimi in Europa: peggio di noi solo Romania e Bulgaria». Dopo che ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha ribadito che non sono ancora stati definiti i tempi per la riforma chiesta da Boeri e che comunque sarà il governo a decidere, il presidente dell’Inps sottolinea: «L’intervento con la legge di Stabilità per il 2017 andrebbe bene. Non andrebbe bene tra tre anni».
Precario, 25 anni. Tra 42 anni avrà 300 euro
Chi ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi non è stato praticamente toccato dalla riforma Fornero. Anzi, l’ultima manovra in materia previdenziale gli offre la possibilità di anticipare il pensionamento prima dell’età della vecchiaia, che nel suo caso avverrebbe oltre il compimento dei 70 anni. Lui, infatti, potrebbe ottenere la pensione di anzianità, in teoria, a partire da 63 anni in presenza di un minimo di 20 anni di contribuzione. Ciò sempre che riesca a migliorare la sua posizione lavorativa, in quanto per accedere alla pensione prima dei 70 anni, il primo assegno non dovrà risultare inferiore a 2,8 volte la pensione sociale (1.256 euro di oggi).
Partendo dai 600 euro mensili che guadagna adesso, l’assegno Inps di conseguenza sarà molto modesto. Con i parametri del simulatore Inps, nell’ambito dell’operazione «La mia pensione», il nostro co.co.co. (25 anni di cui 5 già lavorati) potrà percepire, a 67 anni (o poco più), una rendita grosso modo pari a 300 euro.
Quadro, 39 anni. Incasserà il 64% dello stipendio
L’ingegner Rossi, impiegato in una azienda industriale con la qualifica di «quadro», ha 39 anni di età e lavora da 14 anni. Avendo riscattato la laurea (ingegneria, 5 anni), oggi può contare su una anzianità complessiva di 19 anni. Il suo stipendio annuo netto è di 29.000 euro, corrispondente a poco più di 2 mila e 200 euro netti al mese. La data del suo pensionamento è prevista per il 2041, all’età di 66 anni, dopo aver accumulato circa 45 anni di contribuzione. L’ingegnere prevede una carriera brillante: è già in predicato per essere promosso dirigente.
Con un incremento reale dello stipendio del 2,5%, oltre all’inflazione, e del Pil dell’1,5% (secondo le previsioni della “busta arancione” Inps), l’ingegnere potrà abbandonare l’attività con una pensione vicina al 64% dell’ultimo stipendio. Se intende innalzare il suo tenore di vita durante il pensionamento, visto che ha davanti a sé più di 25 anni, dovrà considerare l’adesione ad un fondo complementare (pensione di scorta).
Negoziante di 30 anni. La prima rata? Compiuti i 70
Le attuali regole dicono che la signorina Rossi, titolare di un piccolo esercizio commerciale, acquistato quando aveva 24 anni utilizzando la liquidazione del papà, potrà ottenere la pensione all’età di 67 anni ed un mese. Trattandosi di un negozio di modesta entità, la Rossi paga i contributi all’Inps sulla base del minimo imponibile pari nel 2016 a 15.548 euro annui. Supponendo un incremento reale del reddito e del Pil dell’1,5%, potrà ottenere una rendita pari a circa 10 mila euro, 770 euro mensili.
Ipotizzando una crescita del Pil inferiore , all’1%, l’assegno mensile si ridurrebbe a 712 euro. In questo caso, la pensione anticipata potrebbe essere raggiunta dopo aver accumulato 44 anni e 11 mesi di contribuzione, nel 2054,all’età di 69 anni. Cosa che in realtà non potrà avvenire: il primo assegno non riesce a superare la barriera stabilita dalla legge. Anche la signora Rossi quindi dovrà aspettare di compiere i 70 anni, età in cui la pensione viene pagata indipendentemente dall’importo.
Funzionario di 55 anni. Intascherà l’80% della busta paga
Il dottor Verdi, funzionario presso la Regione, ha 55 anni di età e lavora da 26 anni. Appena iniziato l’attività lavorativa ha provveduto a riscattare la laurea, per cui oggi può contare su una anzianità complessiva di 30 anni. Il suo stipendio annuo lordo è di 57 mila euro, corrispondente a 2.700 euro netti al mese. La data del suo pensionamento è prevista per il mese di marzo del 2028, all’età di 67 anni e 10 mesi, dopo aver accumulato 42 anni e 10 mesi contribuzione.
La sua rendita sarà calcolata con il cosiddetto sistema «misto»: retributivo per l’anzianità acquisita sino al 1995 e contributivo per l’anzianità acquisita dal 1996 in poi. Ipotizzando un incremento reale dello stipendio e del Pil dell’1,5%, potrà starsene a casa con un assegno Inps pari a circa 2 mila e 700 euro mensili. Il suo «tasso di sostituzione» supera addirittura l’80% dell’ultimo stipendio. Una ulteriore dimostrazione che la carriera lunga premia decisamente la pensione.
Impiegato di 30 anni di età, 5 anni di anzianità e 1.100 euro al mese
Il signor Bianchi, impiegato presso una ditta di servizi , ha 30 anni di età e, dopo brevi periodi da “precario”, ora lavora stabilmente da 5 anni. Per ottenere la pensione anticipata il Bianchi dovrà aspettare di compiere i 69 anni e 9 mesi, nel 2055, dopo aver accumulato un’anzianità Inps pari a 44 anni e 10 mesi. La sua busta paga registra un netto di 1.200 euro mensili. Supponendo un incremento reale dello stipendio dell’1,5% (ipotesi di inflazione attesa del 2%) e di una crescita del Pil sempre dell’1,5%, potrà lasciare l’ufficio con una rendita pari a poco più di 19 mila euro, 1.400 euro mensili.
In effetti, andrebbe in pensione con un tasso di sostituzione, una «copertura» rispetto all’ultimo stipendio, decisamente buono: pari all’87%. Ciò, tra l’altro, dimostra che il sistema di calcolo “contributivo” premia le carriere lunghe. Anche ipotizzando una crescita del Pil inferiore , pari all’1%, l’assegno mensile dell’Inps, che scenderebbe a mille e 300 euro, si attesterebbe comunque all’80% dell’ultima busta paga. L’esempio dimostra che il criterio di calcolo “contributivo” non è sempre penalizzante e premia decisamente le carriere lunghe.
35 anni di età, 10 anni di anzianità e 1.200 euro al mese
Il signor Fusaro, impiegato presso una azienda commerciale, ha 35nni di età e lavora da 10 anni. Se non ci saranno ulteriori interventi sui requisiti richiesti per la pensione, il Fusaro all’età di 69 anni e 11 mesi, nel 2049. La sua busta paga registra un netto di 1.200 euro mensili. Ipotizzando un incremento reale dello stipendio dell’1,5% (ipotesi di inflazione attesa del 2%) e di una crescita del Pil sempre dell’1,5%, potrà ritirarsi contando su una rendita pari a poco più di 19 mila euro, 1.400 euro mensili. In effetti, andrebbe in pensione con un tasso di sostituzione, termine usato dai tecnici per determinare il valore di «copertura» della pensione rispetto all’ultimo stipendio, decisamente buono: pari all’83%.
Ciò, tra l’altro, dimostra che il sistema di calcolo “contributivo” premia le carriere lunghe. Anche ipotizzando una crescita del Pil inferiore , pari all’1%, l’assegno mensile dell’Inps, che scenderebbe a mille e 300 euro, si attesterebbe comunque al 79,5 % dell’ultimo stipendio. Niente male, anche se per raggiungere tale obiettivo occorre lavorare, senza interruzioni, per quasi 45 anni. Impensabile fino a poco tempo fa, quando per la pensione di anzianità bastavano 35 anni.
Insegnante, 35 anni di età e 15 di lavoro
Letizia, insegnate di scuola media, lavora da 15 anni. Ma grazie al riscatto dei 4 anni di laurea già pagato a suo tempo, alla fine di quest’anno scolastico riesce comunque a raggiungere 20 anni. La nostra insegnante è nata a giugno del 1980, per cui potrà lasciare la cattedra a settembre del 2040, al compimento del 60° anno di età, dopo aver accumulato 44 anni di servizio. Siccome all’epoca non avrà ancora compiuto i 62 anni di età, Letizia sarà soggetta alla famosa penalizzazione (1% per ogni anno sino al 60° e 2% per ogni anno di anticipo successivo al sessantesimo) dell’1,75% circa.
Ipotizzando incremento reale del reddito dell’1,5% (ipotesi di inflazione attesa del 2%) e di una crescita del Pil sempre dell’1,5%, potrà ottenere una rendita pari a circa 14 mila e 500 euro, grosso modo 1.115 euro mensili. La professoressa, dunque, si ritirerebbe con un tasso di sostituzione pari al 62%. Pure ipotizzando una crescita del Pil inferiore, pari all’1%, in modo tale che l’assegno mensile dell’Inps scenderebbe a 1.070 euro, realizzerebbe comunque il 59% circa dell’ultimo stipendio incassato dalla scuola.
Artigiano 38enne che lavora da 20 anni (reddito 30.000 netti)
Titolare di una avviata officina meccanica, in cui vi lavora da 20 anni (i primi 4 era collaboratore del padre) il signor Leonardo ha un dipendente ed un apprendista. Per il 2014 dichiara al Fisco un reddito d’impresa netto pari a 30 mila euro. Conta di andare in pensione, ammesso che le regole non cambino nel frattempo, nel luglio 2040, al compimento di 63° anno di età, dopo aver accumulato 45 anni di contribuzione. Supponendo un incremento reale del reddito dell’1,5% (ipotesi di inflazione attesa del 2%) e di una crescita del Pil sempre dell’1,5%, potrà ottenere una rendita pari a circa 24 mila e 600 euro, grosso modo 1.900 euro mensili.
Osservando attentamente, si scopre che il signor Leonardo si ritirerebbe con un tasso di sostituzione (valore di «copertura» della pensione rispetto all’ultimo reddito, che per gli autonomi è inferiore a quella dei dipendenti), abbastanza soddisfacente: pari al 60%. Pure ipotizzando una crescita del Pil inferiore, pari all’1%, così che l’assegno mensile dell’Inps scenderebbe a mille e 800 euro, realizzerebbe comunque il 58% circa dell’ultimo reddito.
Artigiano 50enne che lavora da 28 anni (reddito 38.000 netti)
Titolare di una avviata officina meccanica, in cui vi lavora da 28 anni (i primi 4 era collaboratore del padre) il signor Francesco ha due dipendenti ed un apprendista. Per il 2014 dichiara al Fisco un reddito d’impresa netto pari a 38 mila euro. Conta di andare in pensione, ammesso che le regole non cambino nel frattempo, in ottobre del 2031, al compimento di 66 anni e 5 mesi di età, dopo aver accumulato 44 anni e 5 mesi di contribuzione. La sua rendita sarà calcolata con il cosiddetto sistema “misto”: retributivo (legato al reddito) per l’anzianità acquisita sino al 31 dicembre 1995 e “contributivo” per l’anzianità acquisita dal primo gennaio 1996 in poi.
Supponendo un incremento reale del reddito dell’1,5% (ipotesi di inflazione attesa del 2%) e di una crescita del Pil sempre dell’1,5%, potrà ottenere una rendita pari a circa 30 mila e 500 euro, grosso modo 2.350 euro mensili. Osservando attentamente, si scopre che il signor Francesco si ritirerebbe con un tasso di sostituzione (valore di «copertura» della pensione rispetto all’ultimo reddito), abbastanza soddisfacente: pari al 64%. Pure ipotizzando una crescita del Pil inferiore, pari all’1%, così che l’assegno mensile dell’Inps scenderebbe a duemila e 200 euro, realizzerebbe comunque il 63% circa dell’ultimo reddito.
Dirigente di 60 anni e 4 mila euro netti al mese
L’ingegner Russo, dirigente industriale, ha 60 anni di età e lavora da 35 anni. Avendo riscattato la laurea (ingegneria, 5 anni), oggi può contare su una anzianità complessiva di ben 40 anni. Il suo stipendio annuo lordo è di 90 mila euro, corrispondente a poco più di 4 mila euro netti al mese. La data del suo pensionamento è prevista nel 2018, all’età di 63 anni, dopo aver accumulato 42 anni e 10 mesi contribuzione.
La sua rendita sarà calcolata con il cosiddetto sistema “misto”: retributivo (legato alla media degli ultimi stipendi) per l’anzianità acquisita sino al 31 dicembre 1911 (avendo più di 18 anni al 31 dicembre 1995) e “contributivo” per l’anzianità acquisita dal primo gennaio 2012 in poi. Con un incremento reale dello stipendio e del Pil dell’1,5% – in questo caso, in cui gran parte della rendita viene calcolata con il criterio retributivo, il Pil influisce ben poco – l’ingegnere potrà ritirarsi con una pensione molto vicina all’80 dell’ultimo stipendio. Anche l’ingegnere, dunque, appartiene alla generazione sfuggita all’austerity messa a punto della riforma Monti-Fornero.