22 Novembre 2024

Pagare un lavoratore italiano costa circa 5 volte in più di quello che costa in Bulgaria. Ma al top della spesa c’è Lussemburgo dove la paga oraria è circa il doppio di quella italiana e circa 7 volte quella bulgara. La mappa del costo orario del lavoro in Europa la fornisce Eurostat che aggiorna i conti al 2020. Così mentre in Italia si alimenta il dibattito e la polemica sulle aziende che delocalizzano per risparmiare sul costo del lavoro e le fabbriche che chiudono per riaprire altrove emerge che nel 2020 il costo orario medio del lavoratore nell’Ue era di 28,9 euro.

Italia in media europea
Nel 2020 i costi orari del lavoro più elevati tra gli Stati membri sono stati registrati in Lussemburgo (47,7 euro), Danimarca (45,7) e Belgio (40,5), e i più bassi in Bulgaria (6,6), Romania (8,2) e Ungheria (9,8). L’Italia a circa 29 euro è in linea con la media Ue. Più basso è il livello della Spagna (circa 25 euro), mentre Bulgaria, Romania e Ungheria sono sulla parte bassa della classifica con un costo del lavoro poco più alto di 10 euro. Certo comunque una cifra enorme se confrontata con quella del Paese dove il lavoro costa meno al mondo: in Madagascar si guadagnano infatti 0,18 dollari all’ora (circa 0,17 euro al cambio attuale). Cifra però, anche se bassissima, che va confrontata con il costo complessivo della vita nei diversi Paesi. Sempre in Madagascar, ad esempio, si può affittare una piccola casa in città con meno di 85 euro al mese. Cifra che riportata a Roma consentirebbe il fitto di poco più di 3 metri quadrati (i prezzi nella Capitale vanno da circa 9 euro a poco più di 24 euro a metro quadro).

Dipendenti di imprese con più di 10 dipendenti
In ogni caso intanto in Europa i livelli registrati per il Lussemburgo sono stati 7,3 volte più alti di quelli registrati per la Bulgaria. Ma rispetto proprio ad un lavoratore malgascio la differenza è impressionante: 250 volte in più. I dati europei si riferiscono ai dipendenti a tempo pieno e a tempo parziale che operano in imprese con più di 10 dipendenti, in tutti i settori economici ad eccezione di: agricoltura, silvicoltura e pesca, pubblica amministrazione e difesa, sicurezza sociale. Il costo del lavoro – spiega Eurostat – si riferisce alla spesa complessiva sostenuta dai datori di lavoro per l’assunzione del personale, quello che copre i costi salariali e non salariali meno i sussidi. Sono inclusi i costi di formazione professionale o altre spese come i costi di assunzione, la spesa per abiti da lavoro e altro.

Incrementi all’inseguimento dell’inflazione
Le ore lavorate sono definite come i periodi di tempo impiegati dai dipendenti in attività dirette e accessorie per la produzione di beni e servizi, inclusi i normali periodi di lavoro, gli straordinari retribuiti e non retribuiti e il tempo impiegato per la preparazione, la manutenzione, la riparazione, la pulizia e la stesura di rapporti associati al lavoro principale. Sono esclusi i periodi di ferie e altri giorni festivi, le assenze per malattia e altri tipi di assenza per i quali i dipendenti sono retribuiti. Il costo orario del lavoro è definito come il costo totale del lavoro diviso per il numero di ore lavorate dai dipendenti. Intanto nel secondo trimestre del 2022 il costo orario del lavoro è aumentato del 4% nell’area dell’euro e del 4,4% nell’Ue, rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, spiegava Eurostat negli aggiornamenti. Necessario ricordare che il tasso di inflazione nell’eurozona è stato a novembre del 10% su base annua. Sotto la media Ue l’Italia che vede una crescita del 3%. Nell’area dell’euro, salari e stipendi per ora lavorata sono aumentati del 4,1%, mentre la componente non salariale è aumentata del 3,8%.

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