Fonte: Sole 24 Ore
di Mariolina Sesto
Mercoledì o giovedì voto rischiosissimo per la maggioranza in Senato sulla relazione sulla giustizia del ministro M5s Bonafede. Il Pd chiede un’iniziativa politica per «evitare di andare a sbattere». Potrebbe essere questo rischio ad accelerare l’evoluzione della crisi. La prossima mossa tocca di nuovo a Conte
La crisi di governo continua a non trovare sbocchi. In questo stallo Conte e il governo devono però fare i conti con un appuntamento che, fra soli tre giorni, potrebbe far precipitare tutto. È l’esame al Senato della relazione del ministro pentastellato Alfonso Bonafede in materia di giustizia, calendarizzato per mercoledì 27 gennaio. «Un voto sul governo», mette in chiaro il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Ma su questo tema la maggioranza a Palazzo Madama non c’è.
Perché si cerca di rinviare il voto sulla giustizia
Dunque mercoledì il voto al Senato sulla relazione sullo stato della giustizia in Italia del guardasigilli Alfonso Bonafede è a fortissimo rischio per la maggioranza. Italia viva ha infatti anticipato il voto contrario ed anche alcuni senatori – potenziali sostenitori di Conte – come Sandra Lonardo Mastella hanno annunciato che non voteranno a favore.
Qualcun altro tace ma potrebbe prendere ugualmente le distanze come il socialista Riccardo Nencini (che ha votato con il governo la fiducia di martedì scorso). Insomma c’è tutta un’area centrista, di orientamento garantista sui temi della giustizia che non ama il ministro grillino Bonafede e non può impegnarsi su questo voto.
Un nuovo grosso ostacolo per la costruzione della cosiddetta “quarta gamba” necessaria a rafforzare la maggioranza di Conte. Ed anche il Pd, in sofferenza per l’impasse che dura ormai da oltre una settimana, con il vicesegretario Andrea Orlando invita il governo e il ministro Bonafede a prendere un’iniziativa politica «per evitare di andare a sbattere». A Bonafede in particolare i Dem chiedono di aprire con la sua relazione alle istanze garantiste che potrebbero puntellare il governo.
La prossima mossa tocca a Conte
Intanto si cerca di guadagnare tempo. E il voto sulla giustizia al Senato potrebbe slittare di un giorno, a giovedì 28 gennaio. Il possibile rinvio trapela da fonti di maggioranza, secondo le quali sarà in ogni caso la capigruppo, martedì, a fissare il calendario. Per impegni istituzionali del ministro, viene spiegato, la relazione potrebbe essere svolta mercoledì alle 16 alla Camera e al Senato il giorno seguente ma tutto dipenderà dalle valutazioni delle conferenze dei capigruppo.
Già, perché anche qui servirà un accordo con Italia viva e gli altri gruppi e se non lo si troverà anche il rinvio del voto sulla relazione potrebbe diventare difficile. A riprova del fatto che una maggioranza tanto risicata trova ostacoli a ogni angolo. Il tempo dunque stringe e tocca al presidente del Consiglio ancora una volta la prossima mossa: presentare il gruppo di nuovi sostenitori se li ha trovati oppure presentare le proprie dimissioni al capo dello Stato.
Cosa può succedere: Conte ter prima ipotesi
«O nei prossimi giorni si trova la maggioranza, altrimenti sono il primo a dire che stiamo scivolando verso il voto», avverte ancora Di Maio. Ma potrebbero essere proprio le dimissioni del premier, per assurdo, a facilitare la composizione di un nuovo governo Conte sostenuto anche da una nuova area centrista. Se infatti il governo si azzera, è più facile ricostituirne uno assegnando i ministeri alla nuova maggioranza.
Ma il Conte ter non è esente da rischi. Se infatti Pd e M5S perdessero potere e ministeri e non si trovasse un nuovo equilibrio, a quel punto l’esperienza di Conte potrebbe volgere al termine e lasciare posto a un governo istituzionale o a un governo di scopo che porti al voto.
Sale il pressing per un governo istituzionale
Non a caso, fiutando l’aria, Silvio Berlusconi ha prontamente rilanciato quella che da tempo considera la carta vincente: un governo istituzionale.
«L’emergenza richiede soluzioni di alto livello e l’unità sostanziale del Paese. Sono soluzioni che sto invocando da mesi, purtroppo finora inascoltato. In circostanze normali la strada più lineare sarebbe restituire la parola ai cittadini che attribuirebbero al centro-destra quella stessa maggioranza che abbiamo ottenuto in quasi tutti gli appuntamenti elettorali parziali negli ultimi anni. Ma gli italiani oggi non ci chiedono di pensare all’interesse di parte: una classe dirigente degna di questo nome pensa prima all’interesse collettivo» argomenta il Cavaliere in una nota ufficiale.
Insomma, se i tentativi per rimettere in piedi una maggioranza dovessero naufragare, il piano B sembra essere pronto a decollare. Ed anche nel partito di Matteo Salvini ci sarebbero già molti fan, a cominciare dal suo fedelissimo Giancarlo Giorgetti.