Fonte: Corriere della Sera
di Francesco Verderami
Sensibilità politica e dovere istituzionale avrebbero dovuto indurre maggioranza e opposizione a chiedere già la scorsa settimana la convocazione almeno delle commissioni Esteri e Difesa
E finalmente ieri pomeriggio, a centotrenta ore dall’operazione Soleimani in Iraq e dopo che Russia e Turchia si sono di fatto spartite la Libia, il Parlamento italiano si è destato dal torpore delle feste e ha chiesto al governo di «riferire urgentemente» su una crisi che da giorni ha spinto il mondo sull’orlo del precipizio. Sensibilità politica e dovere istituzionale avrebbero dovuto indurre maggioranza e opposizione a chiedere già la scorsa settimana la convocazione almeno delle commissioni Esteri e Difesa. È la prassi in simili frangenti. Nè bisogna scomodare certi eventi del passato, quando le Camere restarono aperte la notte per seguire l’inizio della prima guerra nel Golfo, o furono teatro di drammatici dibattiti mentre Belgrado veniva bombardata. Eppure l’Italia, oggi persino più di allora, è coinvolta nella crisi libica e in quella medio-orientale, ha interessi politici ed economici da difendere, e tremila uomini dispiegati nei teatri di guerra. Ma in un Parlamento lobotomizzato, l’unico tema che appassionava ieri i suoi pochi frequentatori era la trattativa sulla prescrizione.
E la presenza del ministro degli Esteri a Montecitorio, era segnalata giusto in barberia. D’altronde è una settimana che i politici nazionali tentano di non farsi distrarre dalle questioni internazionali: a Roma Di Maio e Zingaretti si sono visti, ma per parlare di legge elettorale; in Emilia Romagna Salvini ha lanciato un tweet per Trump, poi ha continuato a cucinare tagliatelle; e Conte da palazzo Chigi ha postato un suo ricordo in bianco e nero. Sono foto da tenere a mente quando riscoppierà la polemica sulla centralità del Parlamento, ridotto ormai a luogo di bivacco tra strafalcioni grammaticali, storpiature lessicali e incredibili affermazioni. Ieri alla Camera il grillino Cabras ha definito l’attacco americano contro il generale iraniano «una violazione del diritto internazionale». È stato autorizzato da Di Maio? È una linea condivisa dal governo? O il Parlamento è diventato lo Speakers’ Corner di Hyde Park?