23 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Paolo Gallori

Dopo il comizio negato e il ‘respingimento’ della ministra turca, Erdogan torna ad attaccare: “Olanda nazista e fascista, la pagherà”. L’Aja replica seccamente, ma la crisi diplomatica si estende ad altri paesi: la Danimarca chiede al primo ministro Yildirim di rinviare la sua visita a Copenaghen, Berlino annuncia limiti ai comizi e anche in Francia cresce la polemica

Nessun calo di tensione sul filo delle relazioni tra Turchia e Olanda dopo che il governo dell’Aja ha ‘respinto’ due ministri di Ankara che dovevano tenere comizi a favore della riforma presidenziale per la comunità turca olandese. La crisi diplomatica, piuttosto, si allarga e coinvolge i paesi più vicini all’Olanda, come Danimarca e Germania, che hanno espresso sdegno per i riferimenti al nazismo fatti dal presidente turco Erdogan. Le autorità turche hanno fatto chiudere l’ambasciata olandese ad Ankara e il consolato olandese a Istanbul, in cima al quale è stata issata la bandiera turca al posto di quella olandese, mentre gruppi di dimostranti gridavano in strada “Allahu Akbar” e insulti contro la “maledetta e razzista Olanda”.
Erdogan, parlando in comizio a Istanbul, ha alzato ulteriormente i toni: “L’Occidente – ha detto alla folla – ha mostrato in modo chiaro e in un paio di giorni il proprio vero volto”, ovvero una “lampante dimostrazione di islamofobia”. Il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, ha aggiunto che “la Turchia si aspetta che il resto dell’Europa condanni duramente l’atteggiamento olandese”. Invece la crisi si allarga perché altri paesi europei si schierano dalla parte dell’Aja. Il premier danese Lars Løkke Rasmussen ha chiesto oggi al suo omologo turco Binali Yildirim di “rimandare” la sua visita, prevista per fine marzo. “Un simile incontro non potrebbe tenersi facendo astrazione degli attuali attacchi portati dalla Turchia ai Paesi Bassi”, si legge in un comunicato del governo di Copenhagen.
Da Berlino il ministro degli Interni Thomas de Maiziere ha parlato all’emittente Ard dei “chiari limiti” posti ai ministri di Erdogan di fare campagna in Germania. “Prima di porre un bando bisogna valutare con molta attenzione. Ma esistono chiari limiti, ad esempio eventuali violazioni del codice penale. Bene, chi insulta la Germania o il suo ordine costituzionale deridendolo in modo malizioso può essere perseguito. Quello di certo è un limite”. Tradotto, vuol dire che dopo gli “insulti” di Erdogan (“siete ancora nazisti”), la Germania non permetterà ai suoi ministri di tenere comizi per la comunità turca sul suo territorio.
Polemiche anche in Francia, dove il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha potuto tenere, a Metz, il comizio di propaganda a favore della riforma presidenzialista imposta da Recep Taiypp Erdogan. Dopo Marine Le Pen e Francois Fillon, anche l’altro candidato alle presidenziali, Emmanuel Macron, è intervenuto con una nota ufficiale:
“Il governo turco – ha scritto Macron – ha fatto affermazioni inaccettabili, mettendo in discussione in maniera grave i valori europei e i nostri partner più vicini, in particolare la Germania e l’Olanda. Non ci può essere alcuna debolezza di fronte a questi attacchi. Per questo condanno in modo fermo tali provocazioni. L’Unione europea deve reagire unita”.
Intanto in Olanda la polizia ha proceduto all’arresto di 12 persone che questa mattina hanno inscenato davanti al consolato turco di Rotterdam una nuova protesta degenerata in disordini. La portavoce della polizia ha dichiarato che gli arresti sono conseguenti alle violenze e all’attentato all’ordine pubblico imputabili ai turco-olandesi – una comunità di 500mila persone, molte delle quali con doppia nazionalità – che armati di bottiglie e sassi si sono scontrati con gli agenti in assetto antisommossa.
Anche in Germania, come in Austria, i ministri di Ankara, inviati dal presidente Erdogan presso le locali comunità turche per perorare la causa della riforma costituzionale che sarà sottoposta a referendum il prossimo 16 aprile, si erano imbattuti in analoghi divieti decisi dalle municipalità in base a ragioni di ordine pubblico. Erdogan aveva reagito duramente soprattutto contro la Germania, evocando i fantasmi del nazismo.
E sono state proprio le ritorsioni minacciate da Erdogan a “costringere” il governo olandese a vietare l’ingresso nel Paese dei due ministri turchi. Lo ha spiegato chiaramente il primo ministro Mark Rutte questa mattina: “Per noi è impossibile trattare sotto questo genere di ricatto”. Rutte, in particolare, si è detto “scioccato” soprattutto dalla decisione della ministra Fatma Betul Sayan Kaya di voler raggiungere la sede del comizio di Rotterdam in auto nonostante il governo olandese avesse fatto capire come l’iniziativa fosse ritenuta inpoortuna. In precedenza, come detto, il governo aveva negato l’atterraggio al volo di Cavusoglu. “Avevamo tracciato una linea rossa”, ha rimarcato Rutte, “se ci sarà un’escalation dovremo rispondere, ma faremo tutto quanto è in nostro potere per fare scendere la tensione”. Anche se, ha poi aggiunto Rutte, “è la Turchia che dovrebbe scusarsi per aver paragonato gli olandesi ai nazisti”.
Nel frattempo, il ministro Cavusoglu ha tuonato ancora contro l’Olanda da Metz, dove ha potuto tenere il suo comizio davanti a 800 esponenti della comunità turca, che in Francia conta 700mila persone: “Non ci accontenteremo delle scuse olandesi, ci saranno ripercussioni – ha promesso Cavusoglu -. Stiamo pianificando ogni passo”. Da Ankara, gli ha fatto eco il premier Binali Yildirim: “E’ stato trasmesso alle autorità olandesi il messaggio che ci sarà una risposta nei modi più duri. Risponderemo con la stessa moneta a questo comportamento inaccettabile”. Finché non è stato lo stesso Erdogan a intervenire nuovamente: “L’Olanda pagherà un prezzo per aver danneggiato le relazioni tra i due Paesi, per aver trattato vergognosamente una nostra ministra e altri esponenti. Nazismo, fascismo, solo quel genere di regimi agisce così. L’Olanda imparerà cosa sia la diplomazia. Le insegneremo cos’è la diplomazia internazionale”.
Erdogan esaspera i toni, sventola disinvoltamente sotto il naso dell’Europa gli spaventosi spettri del suo Novecento traducendoli nell’avanzata delle destre populiste e xenofobe di cui i governi nella Ue sarebbero ostaggio. Ma tutto questo suo forzare le relazioni internazionali generando prevedibili conseguenze sembra, ancora una volta, una studiata strategia a uso puramente domestico. Perché sul referendum del 16 aprile la Turchia è divisa. I sondaggi più recenti di cui si ha notizia registrano in Turchia sempre una propensione al “no” rispetto a un cambiamento costituzionale che darebbe al presidente il potere di scegliersi ministri, generali, giudici. E a Erdogan in particolare aprirebbe la possibilità di restare potenzialmente alla guida del Paese fino al 2029.
Il voto dei turchi all’estero può essere decisivo. Ma i rilevamenti demoscopici segnalano una significativa percentuale di indecisi persino tra gli elettori dell’Akp, il partito del presidente, non solo tra quelli delle altre formazioni. Come convincerli? Propinando loro un’Europa, che già prima del golpe di luglio frenava sul processo di integrazione della Turchia nella Ue per i suoi inadeguati standard democratici e soprattutto per una legge antiterrorismo che costringeva la stampa ad autocensurarsi, che ora non vuole i ministri turchi. Non deve essere un grosso problema attaccare un’Europa divisa, mai così debole, spaventata dai migranti, l’ingrata Europa che paga la Turchia per tenersi i disperati siriani. La Turchia non deve parlare con l’Europa, ma con Putin e Trump (andare alle voci: Gulen e combattenti curdi in Siria). Quanto basta per tornare a solleticare l’orgoglio nazionale perché si traduca in una nuova investitura per l’uomo forte di Ankara. L’unico in grado di fargliela “pagare”.

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