23 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Nando Pagnoncelli

La percezione che la sinistra non garantisca più protezione sociale. La Lega cavalca la crisi


Gli eclatanti risultati delle elezioni umbre non rappresentano un fulmine a ciel sereno, ma sono la risultante di un processo di cambiamento che ha investito la regione e non solo.
I dati ci indicano che, nelle elezioni regionali, l’area di centrosinistra mantiene sino al 2010 — sia pur con qualche scricchiolio — una sua consistenza sostanzialmente stabile, addirittura a partire dalle prime consultazioni del 1970. Infatti se, sia pure un po’ arbitrariamente, sommiamo le forze che allora potevano essere attribuite all’area della sinistra (Pci, Psi, Psiup, Psdi) troviamo a loro favore il 60% e oltre dei voti validi. Dopo la scomparsa di queste forze il centrosinistra e la sinistra (Pds, Rifondazione, Ulivo, Pd) ottengono insieme tra il 58 e il 63% dei voti validi nelle elezioni che vanno dal 1995 al 2010. Dati simili si trovano specularmente — e anche qui un po’ arbitrariamente — per il centrodestra. La prima incrinatura seria di questa egemonia si registra alle regionali di cinque anni fa, dove la coalizione di centrosinistra cede oltre 15 punti rispetto alle elezioni precedenti, con i 5 Stelle che ottengono un risultato doppio rispetto a quello di domenica scorsa e la Lega che diventa il primo partito del centrodestra.
Oggi il dato vede un’ulteriore contrazione del centrosinistra, che perde complessivamente circa 7 punti, il dimezzamento del Movimento 5 Stelle rispetto alle regionali precedenti (ma in calo di 20 punti rispetto al risultato delle politiche 2018), il grande balzo in avanti della Lega e il quasi raddoppio di Fratelli d’Italia.
Le ragioni di questo profondo cambiamento sono riconducibili a due aspetti tra loro collegati. Il primo è un aspetto culturale, che come tale non riguarda solo l’Umbria, cioè la crisi del modello delle regioni rosse, quel circuito che teneva insieme partito, amministrazioni, cooperative. E gli scandali legati alla sanità umbra hanno dato un contributo importante a questa percezione.
Tuttavia, la crisi di quel sistema non è solo il prodotto di un cambiamento culturale, per quanto rilevante. Il modello, infatti, non riesce più a rispondere alle richieste di sviluppo e di protezione sociale che lo hanno reso vincente. I dati Istat ci dicono che il Pil umbro è quello che ha visto una delle maggiori contrazioni negli anni della crisi, battuto solo dal Molise. Tra il 2007 e il 2017 l’Italia ha perso il 5,2%, l’Umbria il 15,6%, anche a causa degli effetti del terremoto (non a caso anche le Marche segnano una contrazione dell’11,6%). Qui sta appunto parte importante della spiegazione: la sinistra non sembra riuscire a continuare a garantire la protezione sociale ai cittadini colpiti dalla crisi, mentre la Lega ne fa il proprio cavallo di battaglia. È un tema che riguarda anche le altre regioni che vanno al voto, pur se le loro condizioni economiche sono molto diverse e meno acute le difficoltà. Ma anche per il centrosinistra di Emilia e Toscana — gli altri due «bastioni» delle regioni rosse — la capacità di rispondere a queste attese diventa centrale.

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