Fonte: Corriere della Sera
di
Gli amici del giovane egiziano che studiava a Bologna sono stati arrestati per aver incontrato i diplomatici occidentali: sicuri che tacere serva ancora?
C’è qualcosa di peggio del cupo silenzio che da ieri sera circonda Patrick Zaki, chiuso di nuovo nella terribile sezione Skorpion 2 del carcere di Tora: il silenzio delle istituzioni italiane. Il ricercatore dell’Alma Mater di Bologna è stato arrestato in febbraio mentre rientrava in patria dall’Italia, dove seguiva un master: prima ancora che le sue idee politiche, sconta l’essere un cittadino egiziano e quindi un semplice «affare interno», oltre che il paragone ostinato di questi mesi con la vicenda di Giulio Regeni (nonostante i due non si conoscessero e fosse fin dall’inizio evidente la diversità dei due dossier). Naturalmente, ora è gioco facile per il dittatore accusare i media italiani di raccontare il caso Zaki in modo «errato», facendosi forte di quell’impunità che gli ha permesso di non subire mai vere condanne internazionali per le stragi degl’integralisti islamici, per l’oppressione d’ogni opposizione politica e sociale. Ci volle la tragedia di Regeni perché l’opinione pubblica italiana s’accorgesse del marcio in Egitto e delle nostre difficoltà nel trattare con un autocrate che ci compra fregate, ci appalta giacimenti di gas, può aprire e chiudere i rubinetti di migranti e terroristi. Quel che però è successo in questo mese — gli amici di Zaki arrestati per avere incontrato i diplomatici occidentali — è un’offesa che va oltre: Al Sisi accusa l’ong Eipr di sostegno al terrorismo, laddove i terroristi sarebbero le democrazie europee. Accodarsi come al solito alle proteste dell’Ue, senza esprimerne una propria, è un segno di debolezza. La linea della Farnesina è nota: nessun richiamo dell’ambasciatore, si rimane al Cairo ad ogni costo, con buona pace di quei pezzi di maggioranza che vorrebbero una linea più dura. Domani, in commissione a San Macuto comparirà Matteo Renzi e da ex premier racconterà come andò nei giorni drammatici di Regeni. Il 4 dicembre, la Procura di Roma presenterà il conto sulle torture di Giulio e il processo ai cinque 007 egiziani, contumaci, si trasformerà in un processo all’Egitto di Al Sisi. Siamo sicuri che tacere serva ancora?