Fonte: La Repubblica
di Viola Giannoli
Intervista alla ministra per le Politiche Giovanili
“Noi siamo ancora qui impantanati a discutere del ddl Zan, ma fuori i giovani sono molto più avanti”. Fabiana Dadone, 37 anni, Movimento Cinque Stelle, è la ministra per le Politiche giovanili e con loro, i giovani, dialoga, soprattutto sui social: di politica, impresa, vaccini, sessualità.
Ministra, lo Stato può aiutare e in che modo i percorsi di transizione verso un altro sesso?
“Al di là dell’aspetto medico e psicologico, che resta fondamentale, bisogna continuare il cammino culturale. Noi dobbiamo abituare il Paese a un dibattito sull’affettività: è una tematica ritenuta di secondo piano, di cui ci ricordiamo solo quando si scatena il dibattito parlamentare e invece è fondamentale”.
Cosa intende?
“Credo che si debba lavorare sul rispetto reciproco, sull’insegnare ad accettare il proprio corpo così com’è, sul decostruire un modello di bellezza unico e standardizzato che coincide con quello che la società ci impone, sul rifiutare il concetto di normalità, sul discutere di come si creano i rapporti umani. I ragazzi sono molto più aperti di noi che abbiamo ancora ritrosia ad affrontare questi temi”.
Ludovica, che a 16 anni ha iniziato il trattamento con farmaci bloccanti, ha raccontato ieri a “Repubblica” i pettegolezzi a scuola, gli insulti su Instagram. Come si combatte l’odio transfobico?
“Penso chele famiglie e le scuole, dove i ragazzi passano la maggior parte del loro tempo, possano e debbano fare di più. Sui social ad esempio vanno bene i controlli, le restrizioni ai profili, la censura, ma c’è un problema culturale legato alla diffusione di messaggi di odio. E non penso solo all’omofobia e alla transfobia ma anche al bullismo, alla stigmatizzazione in base a ipotetici parametri di bellezza o di una normalità che non esiste”.
Le scuole in cui c’è la carriera alias, che riconosce cioè l’identità di genere scelta, sono pochissime; gli atenei appena la metà del totale.
“Bisogna prendere le prassi migliori e farne una norma uniforme. Non c’è dubbio che il riconoscimento delle carriere alias debba essere esteso a tutta Italia. Anche questo fa parte del percorso culturale e linguistico”.
Per cambiare nome sui documenti c’è un procedimento molto complesso, anche a garanzia dei percorsi di transizione, pensa che le procedure debbano essere snellite?
“In Italia c’è ovunque una ipertrofia dei passaggi burocratici e personalmente auspico procedure più snelle in ogni campo. Ma la legge di riassegnazione del genere risale al 1982, io non ero ancora nata. È ora di aggiornarla. Non bisogna smantellare le tutele di un percorso delicato come la transizione, ma su alcune cose la giurisprudenza tutta e il Paese si sono spinti più avanti”.
Tra i ragazzi che incontra trova più apertura rispetto alla sua generazione o c’è un allarme sociale maggiore legato alle violenze di genere?
“Purtroppo leggiamo dalle cronache di continui episodi di ragazzi pestati perché omosessuali, considerati diversi. E questo ci dimostra che dobbiamo lavorare di più sul rispetto e l’inclusione. Un allarme sociale c’è. Non perdiamo di vista però che la maggior parte dei giovani ha una sensibilità spiccata, un’attenzione contro le discriminazioni e il bullismo. Come per la campagna di sensibilizzazione sui vaccini per gli under 30 che ho lanciato, anche su questo gli influencer possono avere un ruolo positivo e dare forza ai loro coetanei per combattere la violenza”.
Il ddl Zan è una legge necessaria?
“Assolutamente sì. Un conto è la libertà di opinione, un conto è l’istigazione all’odio, l’accanirsi contro chi ha un orientamento sessuale o un’identità di genere diversi dai nostri. Trovo assurdo il dibattito che si è creato in Parlamento tra chi è pro e contro”.
È un tema che divide anche la maggioranza del suo governo. come si esce dall’impasse?
“Il governo c’entra poco, è il Parlamento a essere sovrano. Il Movimento ha chiesto assieme al centrosinistra di discutere la legge entro fine giugno, senza accorparla ai ddl del centrodestra che vogliono escludere, tra le altre cose, la transfobia dai reati puniti. Bisogna spogliarsi delle ideologie e andare incontro alla società là fuori, alle ragazze e ai ragazzi che ci chiedono aiuto e tutele”.