22 Novembre 2024
Meloni2

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L’obiettivo resta anche da una parte sbloccare gli aiuti europei (500 milioni di euro) e almeno alcune rate dei quasi 2 miliardi di dollari messi sul tavolo dal Fmi; dall’altra strappare dal presidente Saied un po’ di flessibilità sulle riforme che il Fondo monetario internazionale pone come condizione e che il presidente tunisino rigetta come diktat inaccettabili

Nelle ultime settimane è calato il numero di migranti arrivati in Italia dalla Tunisia e dopo l’invito del presidente Kais Saied la visita di Giorgia Meloni a Tunisi è stata organizzata in 48 ore: sono due segnali che generano ottimismo nel fronte italiano alla vigilia della missione della premier, una visita lampo in mattinata che ha un duplice obiettivo. Da una parte sbloccare gli aiuti europei (500 milioni di euro) e almeno alcune rate dei quasi 2 miliardi di dollari messi sul tavolo dal Fmi; dall’altra strappare da Saied un po’ di flessibilità sulle riforme che il Fondo monetario internazionale pone come condizione (la fine di alcuni sussidi su benzina e farina, il taglio della spesa per i dipendenti pubblici, per limitare il debito) e che il presidente tunisino rigetta come diktat inaccettabili.

Il timore per le nostre infrastrutture energetiche
Obiettivo è evitare il default del paese nordafricano che avrebbe conseguenze gravissime per l’Italia e non solo.In ballo oltre al “rischio esodo”, di cui già in questi ultimi mesi si è avvertita la pressione crescente con il moltiplicarsi degli sbarchi, c’è anche il timore per le nostre infrastrutture energetiche: il gas algerino, divenuto primo fornitore dell’Italia, passa infatti per quasi 400 chilometri attraverso la Tunisia prima di raggiungere il Mediterraneo e approdare in Sicilia allacciandosi alla rete nazionale. Meloni ne è ben consapevole. E non a caso ha più volte sollecitato l’intervento dell’Europa e del Fmi.

La questione dei flussi migratori
La visita è stata preceduta da un lavoro diplomatico che da mesi vede coinvolti la stessa premier e il ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Oggi la Tunisia è in difficoltà – ha spiegato la presidente del Consiglio -. Vive una situazione molto delicata perché rischia un default finanziario e chiaramente se va giù il governo tunisino vivremo uno scenario assolutamente preoccupante. Ed è su questo scenario che lavoriamo». Dopo la telefonata di venerdì scorso, Meloni ha incontrato Saied e poi Najla Bouden Ramadan (anche lei prima donna premier nel suo Paese): in agenda le relazioni fra Italia e Tunisia (presto legate anche da un elettrodotto sottomarino di 200 chilometri), ma soprattutto gli aiuti internazionali e del tema, decisamente intrecciato, dei flussi migratori. L’incontro fra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il presidente della Repubblica di Tunisia, Kais Saied, al Palazzo presidenziale di Cartagine è durato circa un’ora e 45 minuti.

Il trilaterale con von der Leyen e il premier olandese Rutte
Quella dei flussi migratori è una questione su cui il presidente tunisino ha proposto una conferenza ad alto livello tra i Paesi interessati, fra Nord Africa, Sahel, Sahara e Mediterraneo. Da marzo il governo italiano denuncia l’allarme Tunisia con il timore di una catastrofe umanitaria, con 900mila potenziali rifugiati. «Il prossimo Consiglio Ue», a fine giugno, «deve agire subito», auspicava Meloni al G7: in Giappone ne ha parlato con il presidente francese Emmanuel Macron, con Kristalina Georgieva, direttrice generale del Fmi, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Qualche giorno dopo, al vertice della Comunità politica europea, ha avuto anche un trilaterale con la stessa von der Leyen e il primo ministro olandese Mark Rutte, che sul dossier migranti ha una linea vicina a quella di Meloni, e non ha escluso la possibilità di un viaggio insieme in Africa. Così nasce questa missione italiana ( nota a tutte le cancellerie Ue), nuova tappa africana dopo Algeria e Libia.

Il piano Mattei
Un percorso anche legato al Piano Mattei, che sarà presentato a ottobre. La gestione del dossier Tunisia può diventare emblematico. L’Fmi continua a tenere bloccato il finanziamento di circa 2 miliardi di dollari (approvato ad ottobre) a causa delle scarse garanzie offerte da Saied sia sul fronte delle riforme che del rispetto delle regole democratiche.

La politica pragmatica di Meloni
«Ma siamo sicuri che questa rigidità sia la strada migliore? Se questo governo va a casa noi abbiamo presente quali possano essere le alternative? Credo che l’approccio debba essere pragmatico, perché altrimenti noi rischiamo di peggiorare situazioni che sono già compromesse», ha detto Meloni al G7. Da Tunisi è arrivato il plauso del ministro degli Esteri Nabil Ammar che ha definito la posizione italiana «intelligente e costruttiva». La speranza italiana è che da Tunisi arrivi un segnale rassicurante sulla volontà di un accordo equilibrato. Ed è con questi presupposti che Meloni incontrerà Saied.

Il ruolo del presidente Saied
Saied è a capo dell’unico Paese uscito dalle primavere arabe con una democrazia, però sempre più fragile. Ha risposto a muso duro a quelle cancellerie che hanno criticato l’arresto dello storico leader del partito islamico tunisino, Ennhadha Rached. Il tema dei diritti civili non è estraneo alle tensioni che hanno frenato i finanziamenti del Fmi. In Tunisia, dice Patrick Zaki a Repubblica, «è evidente una preoccupante deriva verso la dittatura».

La partita giocata da Berlino
Ma sulla vicenda tunisina decisivo sarà anche il ruolo che vorrà giocare la Germania. Giorgia Meloni la prossima settimana riceverà a Roma il cancelliere tedesco Olaf Scholz. L’incontro sarà chiarificatore. Da Berlino in questi mesi sono arrivati segnali incoraggianti, in particolare sulla necessità di intensificare gli sforzi, anche finanziari, verso i Paesi che sono al centro dell’emergenza migratoria tra cui, ovviamente la Tunisia ma anche la Libia.

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