Di rinvio in rinvio si cerca di guadagnare tempo sul meccanismo europeo, mentre prende forma il disegno di legge quadro in materia di ricostruzione
L’Aventino al contrario, un inedito assoluto in Parlamento, con la maggioranza che lascia la commissione e fa passare un primo voto sul Mes delle opposizioni. E un secondo inedito, un Consiglio dei ministri rinviato, a sorpresa, per «sopraggiunti motivi personali» non meglio specificati della presidente del Consiglio. Giovedì non è stata la giornata migliore per Giorgia Meloni, alle prese anche con la grana del caso Santanché, con la ministra del Turismo pronta alle querele e il partito che le fa quadrato attorno.
I motivi della tensione
La premier, dice qualche ministro ha avuto modo di parlarle, sarebbe parecchio irritata dal polverone che si è alzato sul Mes, ma anche da distinguo, tensioni e scivoloni che si ripetono in Parlamento tra i partiti della maggioranza. Tanto da farla sbottare, riferisce più di qualcuno, «avanti così e torniamo a contarci al voto». Di certo il rinvio del Consiglio dei ministri, improvviso, non contribuisce a rassenerare gli animi. Anzi. Si racconta che Matteo Salvini non l’abbia presa affatto bene. Doveva essere il Consiglio dei ministri dell’annunciatissima riforma del Codice della strada, che il ledaer della Lega va raccontando da settimane, e ancor di più dopo il caso degli youtuber romani e del piccolo di 5 anni rimasto vittima a Casalpalocco. Provvedimento che Salvini va comunque in serata a spiegare in televisione. In più, premier e vicepremier avrebbero discusso anche sulla nomina del commissario per la ricostruzione che in molti davano in arrivo in occasione della riunione di governo poi rinviata, proprio in concomitanza con il primo ok al disegno di legge quadro con le regole generali per gli interventi dopo le calamità.
Verso il voto in Aula
E non è la prima volta che i due si trovano in disaccordo sulla gestione post emergenza in Emilia Romagna e nelle altre aree colpite dalle alluvioni di maggio. La pura cronaca vede comunque la maggioranza trovare, a fatica e dopo numerosi contatti tra i capigruppo, una posizione unitaria sul Mes. Nessuno si presenta in commissione Esteri dove Pd, Iv-Azione e +Europa si votano da soli (con l’astensione di M5S e Avs), l’adozione del testo base che chiede la ratifica della riforma del meccanismo europeo. La Lega, raccontano, sarebbe stata la più riottosa da convincere e tra le file di FdI si rincorrono i sospetti sui rischi di sorpese se davvero il 30 giugno, come da calendario, si andrà in Aula. Proprio mentre Meloni sarà impegnata con il Consiglio europeo – di cui parla con Roberta Metsola che ieri ha visto a Palazzo Chigi, insieme a Raffarele Fitto fino attorno alle 17.30, quando doveva esserci, in origine, la riunione del Consiglio.
Exit strategy al vaglio
Da Bruxelles si guarda «con attenzione» al dibattito italiano, fanno sapere intanto fonti europee. E non è un mistero che ci si attenda, alla fine, l’ok alla ratifica. Una soluzione cui parte della maggioranza sarebbe, raccontano, oramai rassegnata. Ma va costruita la giusta “narrazione”. Per questo si sta cercando di guadagnare tempo di rinvio in rinvio. Che succederà ancora non è chiaro. Si starebbe ragionando su varie exit strategy, dalla replica dell’assenteismo – «ingiustificato» per il Pd che parla di maggioranza «indecente»- ma sarebbe clamoroso in Aula, all’ipotesi di un qualche emendamento che rassicuri sul fatto che il Mes non sarà mai richiesto dall’Italia, magari ponendo condizioni specifiche come una maggioranza qualificata per l’ok all’accesso.
Il commissario «sia un manager»
Un soggetto con competenze manageriali, che avrà la facoltà anche di agire in deroga al Codice degli appalti e la cui nomina avverrà d’intesa con le Regioni e le Province autonome interessate. Il Ddl quadro in materia di ricostruzione post calamità prende forma e martedì prossimo potrebbe superare la prova al Consiglio dei ministri. Il tutto in vista del futuro decreto legge che poi nello specifico riguarderà i provvedimenti per la gestione del dopo alluvione in Emilia Romagna. Il disegno di legge quadro in materia di ricostruzione post calamità (che riguarda ogni possibile caso) fissa i binari su cui potrà muoversi il futuro commissario per la ricostruzione nella regione ed è ormai definitivo che non si tratterà del governatore Bonaccini, il quale però incalza il governo («non mi permetto di dire chi deve essere, solo che facciano presto. Il mio predecessore, Vasco Errani, dopo il terremoto del 2012, è stato nominato dopo pochi giorni»)
La rosa dei nomi
Tra i nomi papabili ci sono invece quello del Nicola dell’Acqua, attuale commissario per l’emergenza idrica, e Giuseppe Vadalà, generale di brigata della Forestale. Il coinvolgimento dei governatori e di altre figure è comunque previsto: secondo la bozza del Ddl, attraverso Dpcm potrà essere essere nominata una cabina di coordinamento che affianchi il commissario. La cabina di coordinamento è presieduta dal commissario straordinario del governo alla ricostruzione e composta dal capo del Dipartimento Casa Italia della presidenza del Consiglio, dal capo del Dipartimento della Protezione civile, dai presidenti delle Regioni e delle Province autonome interessate, dal sindaco metropolitano ove presente, da un rappresentante delle Province interessate designato dall’Upi, da un rappresentante dei Comuni interessati designato dall’Anci.