19 Settembre 2024

SPECIALE EXPO 2015

Fonte: la Stampa

La Stampa
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Si punta a un’eredità sospesa tra reti virtuali e sostenibilità

Primo maggio 2016: sono terminati i clamori dell’Expo, conclusa nell’autunno precedente, e Milano si sta lentamente riavendo da mesi vissuti intensamente. Si torna alla normalità, ma la città non è quella di due anni prima. Solo ora si può cominciare a comprendere quello che è avvenuto e cosa rimarrà come patrimonio stabile.

Perché questa è la vera sfida all’interno dell’impresa. Non solo fare il possibile perché questo evento internazionale riesca nel migliore dei modi possibili, ma soprattutto comprendere fino in fondo cosa Expo lascerà a Milano e al Paese negli anni a venire. L’interrogativo appare obbligatorio, perché Expo è un evento collettivo prodotto con risorse pubbliche, ed è importante fin d’ora cominciare a immaginare cosa lascerà in dote alla città, e quali richieste è necessario portare agli amministratori perché tutto avvenga nel miglior modo possibile.

Spazi metropolitani

Cominciamo dai manufatti che rimarranno a Milano già a partire dal prossimo anno. Tra una decina di giorni verrà aperta al pubblico Expogate, coppia di padiglioni gemelli costruiti di fronte al Castello Sforzesco che fungeranno da centro informativo per le attività dell’esposizione. Gli edifici, in tubolari di metallo bianco e cristallo, sono il risultato di un concorso a inviti aggiudicato al milanese Alessandro Scandurra, uno dei migliori giovani talenti della nostra architettura contemporanea.

Non appena i soloni della conservazione a tutti i costi hanno scoperto che i padiglioni sopravviveranno all’Expo per ospitare il nuovo Urban Center, diventando così un segno stabile della città, sono partite le abituali polemiche. Verranno progressivamente spente dall’uso quotidiano che faremo di questi eleganti edifici e dall’inedito spazio pubblico che genereranno, in quella che una volta era un’irrisolta piazza-parcheggio per autobus e taxi.

Altro cantiere in corso è la Darsena, riqualificata grazie al progetto del francese Jean François Bodin, che a più di otto anni dalla vittoria del concorso internazionale vede finalmente realizzarsi l’intervento che recupererà una delle poche memorie urbane d’acqua sopravvissute e gli spazi pubblici contigui. Questo importante bacino dovrebbe essere il punto di partenza per il controverso progetto delle «Vie d’acqua», un percorso di piste ciclabili e pedonali intrecciate a spazi verdi che dovrebbe collegare questa parte di città al recinto dell’Expo. Pare si siano trovate soluzioni tecniche e politiche capaci di fare ripartire il cantiere di questo ambizioso progetto territoriale, ma conoscendo bene i vizi italiani manteniamo il condizionale fino al completamento di questa iniziativa.

In città ci sarà anche spazio per il Palazzo della Triennale, occupato nei mesi dell’Expo dalla grande mostra curata da Germano Celant, allestita da Italo Rota e dedicata al rapporto tra arte e cibo. Grazie a questa iniziativa si completeranno i lavori di restauro del Palazzo dell’Arte e il suo tetto verrà recuperato come spazio pubblico.

Il «recinto» e le aree verdi

Dalla città passiamo al recinto dell’Expo. Le uniche certezze sono rappresentate dal fatto che il Palazzo Italia sarà probabilmente l’unico padiglione a sopravvivere insieme a tutta l’infrastrutturazione pedonale e verde che comprenderà il lago, la grande arena all’aperto, la collina e il sistema d’acqua e parco costruiti per definirne i confini. Oltre a questo Milano erediterà una delle piastre meglio cablate d’Europa, organizzata grazie a un sistema viario razionale. Il potenziamento di autostrade, alta velocità e linee metropolitane dimostra il ruolo di stimolo che ha avuto Expo nel processo di revisione del sistema infrastrutturale milanese e anche di acceleratore di tutta una serie di azioni urbane.

Ma la vera sfida sarà rappresentata soprattutto da un salto di mentalità, ovvero da come Milano sarà capace d’immaginarsi nei prossimi decenni trattando questo fondamentale evento con una maturità istituzionale e culturale da grande metropoli europea, dimenticandosi in fretta della festa e guardando con coraggio al futuro.

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