22 Gennaio 2025

John Elkann: «L’attenzione di Trump per le politiche che sostengono una base manifatturiera competitiva negli Stati Uniti è estremamente positiva»

L’annuncio del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sui dazi del 25% sulle importazioni di veicoli da Messico e Canada a partire dal 1 febbraio allarma, non a torto, l’industria automobilistica europea. Già alle prese con una concorrenza globale (si legga: cinese) sempre più serrata e dal 1 gennaio scorso con regole di Bruxelles sulle emissioni di CO2 ancora più intransigenti (anche se sul punto il vicepresidente della commissione, Séjourné, ha promesso un «piano strategico» in tempi relativamente rapidi), le case si trovano ora a fronteggiare una minaccia che potrebbe mettere in crisi le operazioni negli Stati Uniti.

L’effetto dazi si concretizzerebbe nell’erosione dell’Ebitda (l’utile prima di interessi, tasse, ammortamenti e svalutazioni) dei brand coinvolti, fino al 17%, nello scenario peggiore, secondo un recente report di S&P Global Ratings.

La strategia delle case europee: obiettivo resilienza

Stellantis, una delle Big Three con Gm e Ford (Chrysler, Jeep, Dodge e Ram i suoi brand negli Usa), sarebbe tra i gruppi più penalizzati, ma ha optato per un approccio collaborativo. John Elkann, presidente del gruppo, ha trascorso quattro giorni a Washington per incontrare Trump e alti funzionari dell’amministrazione.

«La chiara attenzione di Trump per le politiche che sostengono una base manifatturiera robusta e competitiva negli Stati Uniti è estremamente positiva», è la posizione espressa da Stellantis in una nota. «Non vediamo l’ora di lavorare con lui sugli obiettivi cruciali del rafforzamento della nostra industria e dell’economia nazionale».

Tuttavia, con il 40% dei veicoli venduti negli Usa prodotti in Messico e Canada, l’impatto dei dazi potrebbe lasciare il segno. Stellantis deve al mercato nordamericano quasi la metà dei suoi profitti.

Volkswagen, primo produttore europeo, ha espresso preoccupazione, definendo le nuove tariffe doganali «un danno per i consumatori americani e per l’industria automobilistica globale». La casa tedesca, che produce quasi 350mila veicoli all’anno nello stabilimento messicano di Puebla (dove sarà prodotta la Golf), ha comunque ribadito il proprio impegno negli Stati Uniti, con oltre 10 miliardi di dollari investiti tra lo stabilimento di Chattanooga e una joint venture con il produttore di pick up e suv elettrici Rivian.

Il ceo di Bmw, Oliver Zipse, ha evidenziato che la casa di Monaco «assembla più veicoli negli Stati Uniti di quanti ne venda ed esporta più dagli Stati Uniti di quanto importi». Un dato significativo, considerando che il gruppo produce nella Carolina del Sud modelli per il mercato globale.

Vda: i dazi di Trump spingerebbero l’inflazione anche negli Usa

I dazi potrebbero aumentare l’inflazione per i consumatori statunitensi, esattamente l’opposto di quanto ha promesso Trump, ha ricordato Hildegard Mueller, presidente dell’associazione tedesca dell’industria automobilistica Vda. «Queste misure rischiano di alzare i costi per tutti, consumatori inclusi», ha dichiarato Mueller. Ma anche la presidente della Vda ha auspicato un dialogo costruttivo con la Casa Bianca.

Scholz: incentivi Ue per le auto elettriche in Europa

Mentre le case europee cercano di gestire l’impatto delle tariffe, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato al World Economic Forum di Davos un piano europeo di sussidi per l’acquisto di auto elettriche. Nel 2024, la domanda di Ev ha subito un calo significativo a causa dello stop a programmi di incentivi, prezzi troppo elevati, reti di ricarica ancora insufficienti e rapido calo del valore residuo. Per Scholz «l’e-mobility è il futuro» e che «chi sostiene il contrario danneggia la nostra industria».

Il nuovo europrogramma di incentivi punterebbe a sostenere il settore nella vendita di auto alla spina, aiutando i produttori a rispettare i nuovi limiti sulle emissioni. Insomma la Ue si vede messa alle strette dai dazi di Trump e dalle regole sulle emissioni che lei stessa si è data, dopo avere a sua volta imposto pesanti dazi alle importazioni sulle autovetture elettriche prodotto in Cina.

Il problema riguarda anche i fornitori

Anche i principali componentisti, come i colossi tedeschi Bosch e Continental, hanno lavorato per spostare parte della produzione e mitigare l’impatto, ma i dazi statunitensi sulle importazioni di auto dal Messico sarebbero un problema molto serio per gli stessi player statunitensi (GM rischia fino al 25% del suo Ebitda), oltre che europei, giapponesi e sudcoreani.

In Asia, la minaccia dei dazi statunitensi ha colpito le azioni di Honda, Mazda, Hyundai e Kia, che producono in Messico. In Europa, Volkswagen e Stellantis sono scese rispettivamente dello 0,21% e dell’1,53%. Per Bmw -1,79%, Mercedes-Benz -0,57%.

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