19 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

Il segretario dem sul disegno di legge contro l’omotransfobia resta sulla sua posizione e rifiuta di accettare il compromesso proposto dal leader leghista: “Sì al confronto in Senato” dove oggi inizia la battaglia sugli emendamenti

“Non c’è nessun cambio di linea. Si al confronto in Senato. Nessun negoziato con Salvini. Per noi il testo Camera rimane il migliore”. Nel giorno in cui inizia in Senato la battaglia sugli emendamenti, Enrico Letta ribadisce  a Repubblica la posizione del Pd sul disegno di legge contro l’omotransfobia. Nessuna apertura. Si va avanti. Il segretario dem, ancora una volta, rifiuta di accettare il compromesso proposto dal leader leghista: modificare i punti 1,4 e 7 del ddl con l’invito di “aprire al confronto”. Ma da Letta arriva l’ennesimo no.
Per il ddl Zan è la settimana decisiva. Oggi scade il termine per presentare le modifiche al disegno di legge contro l’omotransfobia e la Lega sembra intenzionata a presentare una serie di emendamenti per spingere il Pd ad accettare la proposta di mediazione che avrebbe anche il sostegno di Italia Viva. Ma la battaglia, che inizia oggi in aula a Palazzo Madama, quasi certamente si fermerà subito. Prima della pausa estiva ci sono tre decreti da votare, che hanno la precedenza. Concreto è il rischio del rinvio a settembre: slitterà anche la resa dei conti. Gli emendamenti leghisti sono fatti in modo da conquistare i dem e i 5S critici, oltre che per ricevere l’appoggio di Italia Viva. Nei voti segreti potrebbero trasformarsi in altrettanti franchi tiratori.
Ieri, Salvini aveva invitato ancora Letta ad aprire un confronto. Secca e dura la risposta del segretario dem: “Quando mi si chiede perché non parlo con Salvini di questo tema, io dico: Salvini ritiri tutte le posizioni omofobe che ha espresso in Europa, a partire dal sostegno alle legge di Orban”, in riferimento al provvedimento voluto dal governo conservatore ungherese che vieta ai minori la diffusione di qualsisasi contenuto che promuova l’omossessualità e che ha spinto la Commissione europea ad aprire una procedura di infrazione contro il Paese magiaro.

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