19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Maria Teresa Meli

Le preoccupazioni per un M5S anti Draghi. E sul ddl Zan, in aula al Senato mercoledì, c’è il rischio di altri franchi tiratori. Il segretario del Pd spinge la legge sull’omofobia ma nel partito continua il pressing per il dialogo


«È una notizia positiva. Ero sicuro che avrebbero trovato le ragioni per andare avanti insieme». A sera Enrico Letta, dopo la svolta pentastellata, fa il punto telefonico con qualche dirigente del suo partito. Il segretario è soddisfatto: la paura che il Movimento «deflagrasse» era forte, ma ora quel pericolo è stato evitato. Quello del Pd in realtà è un mezzo sospiro di sollievo. Nonostante l’armistizio grillino i dem non sono tranquillissimi. Il timore non è che il Movimento si sfili dal governo lasciando il Pd a sostenere l’esecutivo insieme a Salvini. No, su questo hanno ricevuto ampie rassicurazioni da Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri ha spiegato sia a Letta che ai ministri dem che non è intenzione sua né tantomeno di Grillo abbandonare la barca che non affonda. Non a caso uno dei suoi interlocutori pd, l’altro giorno, con qualche collega si è lasciato sfuggire questa battuta: «Alla fine della festa mi sa che Di Maio è molto meglio di Conte, almeno lui ha imparato a fare politica».
È una battuta certo, ma nel Pd le quotazioni del ministro degli Esteri stanno salendo, mentre quello di Conte scendono. Di Maio ha dimostrato in questa vicenda grillina tutte le sue doti di mediatore e i dem hanno apprezzato, Anche se nel Pd nessuno pensa che l’ex premier abbia la forza di far cadere questo governo, preoccupa l’idea di un Conte all’assalto di Draghi, come è accaduto in questi giorni con la riforma Cartabia. Per il Partito democratico sarebbe complicato essere alleato di chi punta al logoramento del presidente del Consiglio, dal momento che Letta su questo punto è stato molto esplicito: «Con Draghi, che deve rimanere a Palazzo Chigi fino al 2023, abbiamo l’occasione irripetibile di fare le riforme».
I timori del Pd riguardano anche lo schieramento che Letta ha in mente di costruire in vista della prossime elezioni politiche. Le fibrillazioni, infatti, potrebbero proseguire e rallentare il progetto del segretario. Il quale si sta dando un gran da fare per rafforzare l’identità dem e per costruire quel campo largo del centrosinistra che, con le Agorà sarà aperto alle esperienze civiche. Ma il terzo step del suo progetto, quello che prevede un’alleanza elettorale con il Movimento stenta a decollare per le convulsioni e confusioni grilline. Fintanto che la situazione è questa Letta è costretto a parlare con tutte le anime del M5S. Oltre Conte e Di Maio anche Crimi, Fico, Patuanelli.
Il segretario dem comunque continua a elogiare l’ex premier: «Con Conte ho un rapporto solido e positivo e anche se abbiamo idee diverse, per esempio sulla giustizia, sono convinto che faremo molta strada insieme». È una convinzione, però, che non tutti sembrano avere: non la componente di Base riformista, la corrente di Lorenzo Guerini e Luca Lotti, non la corrente dei «Giovani turchi» di Matteo Orfini. Peraltro gli effetti delle fibrillazioni grilline — e questo è un altro motivo di preoccupazione per il Pd — potrebbero riverberarsi sulla legge Zan, che verrà discussa martedì nell’aula del Senato. Letta è intenzionato ad «andare avanti» senza se e senza ma: «Sono straconvinto e penso che chi ci vuole far entrare nel pantano delle negoziazioni punti solo a far saltare la legge». Però il segretario ha un pezzo dei suoi che è in sofferenza e che è uscito allo scoperto (Andrea Marcucci e Base riformista) chiedendo un’interlocuzione con Matteo Renzi. Adesso il timore è che dentro il Movimento i franchi tiratori possano rivelarsi più di quanti si crede.

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