20 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

di Paolo Baroni

Il Consiglio dei ministri vuole aumentare del 50% gli indennizzi di chi verrà mandato via, stretta sui contratti a termine

Sostiene Di Maio che il decreto dignità è «solo un primo passo avanti»: il governo infatti ha dichiarato guerra alla precarietà, «licenzia il Jobs act», e per rendere l’occupazione davvero più stabile entro il prossimo anno promette di abbassare il costo del lavoro. «Lo faremo con la prossima legge di Bilancio» ha assicurato ieri il ministro del Lavoro e dello sviluppo che in serata al Consiglio dei ministri ha portato il suo «Decreto dignità». Che dopo aver perso nei giorni scorsi diversi pezzi per strada, nella versione finale assesta un duro colpo al Jobs act.

Indennizzi, si cambia
Per disincentivare i licenziamenti «ingiusti» e rafforzare la lotta ai contratti precari si prevede infatti di aumentare del 50% degli indennizzi rispetto alla norme attualmente in vigore. Col Jobs act, infatti, il governo Renzi aveva di fatto superato la gran parte dei casi in cui era previsto il reintegro del posto di lavoro previsto dall’articolo 18 a fronte di licenziamenti senza giusta causa. Dal 2015 per i nuovi assunti a tempo indeterminato è rimasto il reintegro solo per i licenziamenti nulli o discriminatori e in caso di provvedimenti disciplinari annullati dal giudice perché insussistenti. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati o effettuati per motivi economici al lavoratore è corrisposto in risarcimento «certo e crescente» a seconda dell’anzianità di servizio pari a 2 mensilità ogni anno di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi. Ora questo tetto viene innalzato a 36,mnetre il minimo sale a 6. Non solo, ma è stato confermato anche il giro di vite sui contratti a termine che potranno durare al massimo 24 mesi anziché 36, col numero dei rinnovi che scende da 5 a 4 ed un aumento dello 0,5% dei contributi da versare ogni volta, e l’obbligo di indicare la causale dopo il primo contratto. «Iniziamo a smantellare quella parte del Jobs act che ha creato precarietà ed è solo l’inizio ,perché spero che il Parlamento ci metta mano in maniera ancora più solida e più forte» ha spiegato il ministro.
Il resto del Decreto dignità, approvato in serata dal consiglio dei ministri, che ha pure dato l’ok al decreto motovedette e passato la delega sul Turismo a Centinaio, è quello annunciato nei giorni scorsi, con qualche ritocco che ha depotenziato il pacchetto fiscale. Per il resto c’è il divieto a far pubblicità al gioco d’azzardo e le misure per contrastare la delocalizzazione delle imprese e sanzionare i «prenditori» che sfruttano lo Stato.

In diretta su Facebook
«Oggi è il giorno in cui le cose che non si potevano fare, c ome ci dicevano tutti, si sono fatte» ha annunciato via Facebook Di Maio a fine consiglio bypassando la conferenza stampa finale. «Sono emozionato, perchè da oggi si cambia davvero».

LE MISURE DEL DECRETO
Contratti a termine
Arriva la stretta sui contratti a termine. Il limite massimo si riduce infatti da 36 a 24 mesi, non sarà più possibile effettuare 5 proroghe ma si scende a 4 ed ad ogni rinnovo il costo dei contributi da versare da parte dei datori di lavoro sale dello 0,5%.
Oggi per i rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato (somministrazione compresa) il prelievo è pari all’1,4% dell’ imponibile previdenziale e serve a finanziare la Naspi.
In caso di rinnovo, e per i contratti oltre 12 mesi, tornano le causali temporanee e oggettive o per esigenze sostitutive, connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria per picchi e attività stagionali.
Sul fronte dei contratti di somministrazione, il decreto stabilisce che al lavoratore da somministrare assunto a tempo determinato si dovrà applicare la disciplina del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, fatte salve speciali previsioni di legge. Contrariamente ai primi annunci, come previsto poi in seguito, nessun intervento è stato invece previsto per lo staff leasing.

Delocalizzazione
Contro la delocalizzazione attuata da imprese che abbiano ottenuto dallo Stato aiuti per impiantare, ampliare e sostenere le proprie attività economiche, il decreto Dignità prevede che «l’impresa beneficiaria dell’aiuto pubblico decade dal beneficio concesso ed è sottoposta a sanzioni pecuniarie di importo da 2 a 4 volte quello del beneficio fruito». L’arco temporale di mantenimento obbligatorio delle attività economiche che hanno beneficiato del sostegno pubblico però «è pari a 5 anni» rispetto ai 10 ipotizzati in un primo momento. Il beneficio andrà restituito con gli interessi maggiorati fino a 5 punti percentuali. Il vincolo si applica a qualunque delocalizzazione effettuata tanto in Paesi extra Ue, quanto in altri Stati dell’Ue, e trova applicazione nei confronti di imprese beneficiarie di tutti gli aiuti di Stato agli investimenti, indipendentemente dalla relativa forma (contributo, finanziamento agevolato, garanzia, aiuti fiscali, compresi iperammortamento e concessione di crediti di imposta legati alle attività di ricerca e sviluppo). Un altro articolo punta a preservare per 10 anni l’occupazione presso le imprese che hanno beneficiato di aiuti di Stato.

Fisco
In campagna elettorale Di Maio aveva promesso che come prima cosa una volta al governo avrebbe abolito 400 leggi inutili, compreso redditometro, spesometro e split payment. Impegno poi ribadito al momento di mettere piede per la prima volta al ministero dello Sviluppo. «Tutti i contribuenti devono essere considerati innocenti sino a prova contraria», ha sostenuto a più riprese il leader dei 5 Stelle.
In realtà nel Decreto dignità il pacchetto «Fisco facile» esce annacquato. Il redditometro infatti non viene abolito, ma per gli accertamenti dal 2016 in avanti viene solo prevista la necessità di un nuovo decreto ministeriale di attuazione, sentendo l’Istat e le associazioni dei consumatori, puntando a «riorientarlo maggiormente in chiave di contrasto all’evasione fiscale derivante dall’economia non osservata». Lo spesometro, per il quale veniva previsto uno slittamento delle scadenze, non verrebbe proprio toccato; mentre lo split payment che consente alla Pa di trattenere direttamente l’Iva, in bilico sino all’ultimo perché avrebbe potuto produrre una caduta del gettito, verrà abolito solo per i professionisti e resta in vigore per le imprese.

Giochi
Sulla pubblicità di giochi o scommesse con vincite in denaro scatta il divieto totale, con pesanti sanzioni a carico di tutti i contravventori pari al 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità ed un minino di 50 mila euro (che salgono a 100/500mila se rivolta a minori). Ad accertare le violazioni e a comminare le sanzioni sarà l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), mentre è previsto che gli incassi vadano a finanziare il fondo per il contrasto al gico d’azzardo patologico.
Il nuovo divieto si applica, dalla data di entrata in vigore del decreto, a «qualsiasi forma di pubblicità, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse manifestazioni sportive, culturali o artistiche, trasmissioni televisive o radiofoniche, stampa quotidiana e periodica, pubblicazioni in genere, affissioni e internet», mentre dal 2019 varrà anche per «le sponsorizzazioni e tutte le forme di comunicazione». Sono esclusi i contratti in essere, le lotterie nazionali a estrazione differita, a partire dalla Lotteria Italia, ed i luoghi sul gioco sicuro e responsabile dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli.

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