22 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

economia

di Rosaria Amato

Il governo propone un’assistenza complessiva alla persona per il suo inserimento nel mondo lavorativo. Non si tratta di un reddito minimo di cittadinanza. Alle risorse già previste dalla legge di Stabilità si potranno aggiungere quelle che potranno essere reperite dalle amministrazioni competenti (dunque ministero del Lavoro ed enti locali)

Una “misura nazionale di contrasto alla povertà”. Il sostegno economico, si legge nel testo del disegno di legge delega approvato nel pomeriggio dal Consiglio dei ministri, è “condizionato all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativo volto all’affrancamento dalla condizione di povertà”. Dunque il modello scelto dal governo per le nuove politiche di contrasto alla povertà, avviate con la legge di Stabilità 2016, non è quello di un reddito minimo di cittadinanza quanto piuttosto di un sostegno complessivo alla persona finalizzato soprattutto al suo inserimento lavorativo, sostegno che però include anche interventi altrettanto importanti, una serie di servizi ritagliati su misura per riscattare il beneficiario dallo stato di bisogno che lo confina a una condizione di esclusione sociale.

In particolare, la delega prevede “una progettazione personalizzata da parte dei servizi competenti dei comuni e degli ambienti territoriali assicurando la piena partecipazione dei beneficiari”. Una valutazione che probabilmente suggerisce di tener conto a 360 gradi delle esigenze della persona in difficoltà economica, che può non essere in condizione di lavorare perché per esempio ha molti figli piccoli: le famiglie con un solo genitore e con più di tre figli, in base ai dati Istat, sono tra quelle più esposte al rischio di povertà. Il progetto “su misura” si avvale non solo dei servizi pubblici, ma anche dell’eventuale supporto delle associazioni del Terzo Settore che già operano sul campo, è stato ricordato dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti nella conferenza stampa seguita al Consiglio dei ministri.

Il disegno di legge prevede inoltre un’altra delega per “la razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale”, e il “riordino della normativa in materia di sistema degli interventi e dei servizi sociali”. In quest’ottica, verrà istituito un organismo nazionale di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali, presso il ministero del lavoro e delle politiche sociali: ne faranno parte anche rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome, delle autonomie locali e dell’Inps. Al ministero andranno anche attribuiti i poteri di verifica e controllo. Ancora, si prevede il coordinamento delle politiche territoriali e anche il rafforzamento del Sistema informativo, proprio perché sia possibile rendere più rapide ed efficaci le comunicazioni tra enti e associazioni competenti.

La legge delega non stanzia risorse ulteriori a sostegno delle misure indicate, oltre a quelle già previste dalla Legge di stabilità. Eventuali ulteriori risorse, si legge nel provvedimento, dovranno essere reperite dalle amministrazioni competenti (dunque ministero del Lavoro ed enti locali) “attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali, allo stato di dotazione alle medesime amministrazioni”. Le risorse disponibili al momento, assicura il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, sono sufficienti per avviare misure di sostegno per 280 mila famiglie e 580mila bambini, in tutto 1.150.000 persone. In futuro però il governo prevede che al Fondo per la povertà istituito dalla Legge di Stabilità confluiranno anche le risorse che si libereranno in seguito agli interventi di razionalizzazione delle prestazioni assistenziali e previdenziali.

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