19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Fiorenza Sarzanini

Urgenza, reati, permessi e cittadinanza revocata. Il ministro: solo limature. L’incognita dei rilievi del Quirinale. Via lo status di rifugiato dopo una condanna in primo grado ma anche per parenti condannati


La relazione che illustra il provvedimento specifica che «i testi hanno subìto delle limature con l’obiettivo di rispondere pienamente ai requisiti di necessità e urgenza». Eppure è proprio questa la prima incognita per il decreto sicurezza che questa mattina il titolare del Viminale Matteo Salvini porterà al Consiglio dei ministri. Le perplessità del Colle su modalità e contenuti non sono un mistero, così come quelle di una parte del Movimento 5 Stelle, contraria alla «stretta» che il leader leghista vuole imporre in materia di permessi di asilo e protezione umanitaria. Ma il leader leghista ha deciso di tirare dritto, pur nella consapevolezza che quelle «limature» potrebbero non essere sufficienti a superare i dubbi di costituzionalità. E così sono quattro i punti che rimangono controversi e rischiano la bocciatura o comunque una modifica pesante. Tenendo conto che i «rilievi» mossi dal Quirinale la scorsa settimana e le «correzioni» richieste dal ministero della Giustizia guidato dal grillino Alfonso Bonafede non sono stati tutti accolti. Nonostante sia stato ben chiarito dal Colle che non si possono modificare principi previsti dalla Costituzione con una legge ordinaria com’è appunto quella di conversione di un decreto.
Lo strumento del decreto legge deve essere utilizzato per fronteggiare una situazione di emergenza. Per soddisfare questo requisito, nella relazione tecnica si specifica che il provvedimento ha come scopo quello di «rafforzare i dispositivi a garanzia della sicurezza pubblica, con particolare riferimento alla minaccia del terrorismo». E poi, esaminando i vari punti che riguardano l’arrivo dei migranti, si sottolinea come ci sia necessità e urgenza di «scongiurare il ricorso strumentale alla domanda di protezione internazionale», e di «garantire l’effettività dell’esecuzione dei provvedimenti di espulsione», ma anche di «adottare norme in materia di revoca dello status di protezione internazionale in conseguenza dell’accertamento della commissione di gravi reati». Saranno gli esperti giuridici del Quirinale e dover valutare se ciò sia sufficiente alla controfirma del presidente Sergio Mattarella per la trasmissione in Parlamento.
Nel luglio scorso Salvini aveva diramato una circolare per invitare prefetti e commissioni territoriali a utilizzare «criteri rigorosi nell’esame delle istanze». Il decreto va oltre e prevede «l’abrogazione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari» che vengono sostituiti da «permessi per meriti civili o per cure mediche o se il Paese di origine vive una calamità naturale». Al di fuori di questi tre casi, non potrà essere concessa l’accoglienza in Italia, ma il via libera alla norma non è scontato perché sia il Quirinale sia la Giustizia hanno evidenziato la necessità di rispettare i trattati e le norme internazionali che prevedono una rosa molto più ampia di possibilità. Trova invece d’accordo tutti la «revoca della protezione umanitaria ai cosiddetti “profughi vacanzieri”». L’esempio più eclatante è quello dei cittadini eritrei che dopo aver ottenuto lo status tornano in patria nei periodi di festa e dunque non possono essere ritenuti in «situazione di rischio».
La prima stesura del provvedimento prevedeva la «revoca del permesso di rifugiato a chi viene denunciato per reati come la violenza sessuale, lo spaccio di droga, la violenza a pubblico ufficiale». Il testo che arriva in Consiglio dei ministri è stato modificato e stabilisce che ciò avvenga dopo la condanna di primo grado, ma anche questo potrebbe non bastare perché la Costituzione prevede la presunzione di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio. E dunque, anche se fosse approvato in Parlamento — eventualità remota visto che introdurrebbe un principio che poi potrebbe valere per tutti i cittadini, italiani e stranieri — potrebbe essere la Consulta a renderlo inefficace. Anche perché tra le novità ipotizzate c’è l’allargamento della revoca in caso di condanne dei parenti, il che violerebbe il principio secondo cui la responsabilità penale è personale.
Il decreto preparato dagli esperti del Viminale prevede la «revoca della cittadinanza per gli stranieri considerati una minaccia per la sicurezza nazionale». Una misura che dovrebbe scattare in maniera automatica. Ma proprio su questo ci sono le maggiori critiche, anche se fosse previsto di procedere in via discrezionale esaminando caso per caso. La cittadinanza è infatti inserita tra i diritti inviolabili. E dunque non si può sospendere.

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