22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Lorenzo Bini Smaghi

Non è detto che le ipotesi su cui si fonda la manovra del governo si verifichino: meglio individuare correttivi da mettere eventualmente in atto in caso contrario

La strategia politica ed economica sottostante la Nota di aggiornamento del Def si basa su una serie di ipotesi che meritano una attenta considerazione.
1. Il primo fattore che sembra motivare l’impostazione complessiva della manovra è la discontinuità rispetto alle politiche messe in atto negli ultimi 20 anni, fallite perché improntate all’austerità. I dati degli ultimi 20 anni sembrano confermare la necessità del cambiamento. Il reddito pro-capite italiano non è cresciuto, mentre il debito pubblico è aumentato, soprattutto dopo la grande recessione del 2008-09. Tuttavia, i dati degli ultimi due decenni mostrano che in Italia di austerità ce n’è stata ben poca. Il surplus primario – che misura il saldo di bilancio al netto degli interessi – è aumentato solo in due occasioni: nel 2006-07, e nel 2011-12. In tutti gli altri anni la politica è stata espansiva. Ad esempio, dal 1999 al 2005 il surplus primario è stato gradualmente azzerato, da oltre il 4% registrato all’inizio dell’euro. Dal 2013 al 2018 il surplus è di nuovo diminuito, di circa 2 punti, rispetto al Pil. L’Italia ha messo in atto una politica di bilancio sistematicamente pro-ciclica, espansiva quando l’economia cresceva, e restrittiva durante il rallentamento, per rimettere i conti a posto dopo gli eccessi precedenti. La manovra attuale rischia di essere in piena continuità con quanto fatto in passato, e di portare, prima o poi, ad una drastica correzione per correggere il tiro.
2. La seconda motivazione è che il problema dell’Italia non sia il debito ma la bassa crescita. In effetti, se l’Italia avesse registrato in passato la crescita media degli altri Paesi europei, non avrebbe oggi problemi di debito pubblico. La questione da porsi è come mai siamo cresciuti poco, e se la soluzione sia di fare più debito pubblico. Il confronto con gli altri Paesi mostra che la bassa crescita italiana sia dovuta principalmente all’insufficienza di riforme economiche per rendere il Paese competitivo, in particolare per quel che riguarda l’efficienza della pubblica amministrazione, la lentezza della giustizia, l’evasione fiscale, la lotta alla corruzione, ecc. Le istituzioni internazionali come il Fmi, l’Ocse e la Commissione europea chiedono da anni all’Italia di fare riforme per innalzare il potenziale produttivo del Paese. Il rischio, in sintesi, è che il problema della crescita italiana non si risolva con più debito, anzi si aggravi.
3. Il terzo fattore sottostante all’entità della manovra è l’aspettativa che le resistenze avanzate dalla Commissione europea vengano meno nell’arco di qualche mese, in particolare dopo le elezioni di maggio 2019, perché queste determineranno una maggior rappresentanza dei partiti cosiddetti populisti-sovranisti. Non bisogna tuttavia dimenticare che in molti Paesi, soprattutto quelli del Nord Europa, il rafforzamento di questi partiti è determinato, oltre che dai problemi migratori, da una avversione nei confronti dei Paesi con debito elevato, soprattutto nel Sud Europa. In prospettiva, dopo le prossime elezioni il Parlamento e la Commissione europea rischiano di essere meno inclini a mettere in atto soluzioni di solidarietà nell’affrontare sia i problemi migratori sia quelli economici.
4. La quarta motivazione della manovra si basa sulla convinzione che i mercati non reagiranno in modo eccessivo, e se anche ciò si verificasse la Banca centrale europea dovrebbe intervenire, perché l’Italia è troppo grande per fallire e trascinerebbe con sé il resto dell’Europa. È difficile prevedere l’evoluzione dei mercati finanziari. Vi è tuttavia il rischio che l’evoluzione registrata nelle ultime settimane venga sottostimata. Non conta infatti solo il livello dello spread, ma anche la tendenza. Un calo dello spread determina un guadagno in conto capitale, ed incoraggia gli investitori ad acquistare, mentre uno spread in aumento spinge a vendere, alimentando il movimento al rialzo. Inoltre, uno spread sui livelli recenti penalizza le aziende italiane che si devono indebitare, rispetto a quelle degli altri Paesi, e spinge il sistema bancario a ridurre l’erogazione di credito, per difendere il livello patrimoniale. Un altro rischio che corre il Paese è di sovrastimare l’effetto di contagio che una eventuale crisi italiana potrebbe avere sugli altri Paesi, e la disponibilità delle istituzioni europee, in particolare la Bce, a intervenire per aiutare sempre e comunque l’Italia, senza condizioni. In effetti, rispetto alla crisi del 2011-12 la Bce ha adottato lo strumento dell’Omt (outright monetary transaction) che gli consente di intervenire in acquisto di titoli di Stato, anche in modo illimitato, ma solo se il Paese adotta un programma di aggiustamento concordato con le istituzioni europee. I Paesi contagiati da un eventuale sbalzo dello spread italiano potrebbero far ricorso a tale programma e beneficiare dell’acquisto della Bce. I mercati hanno già incorporato questa aspettativa, e gli spread di altri Paesi periferici, come la Spagna o il Portogallo, hanno risentito in misura minima delle turbolenze italiane. Anche l’Italia potrebbe chiedere il sostegno illimitato alla Bce, ma tale aiuto sarebbe, come negli altri casi, condizionato a un programma di risanamento delle finanze pubbliche, per assicurarne la sostenibilità nel tempo. La condizionalità è parte integrante dello strumento monetario, come confermato nella sentenza della Corte di Giustizia europea.
In conclusione, la manovra di bilancio presentata dal governo italiano si basa su una serie di ipotesi che riguardano la situazione economica e politica del Paese e dell’Unione Europea. L’economia non è una scienza esatta, quanto meno la politica. Tuttavia, è necessario avere in mente che alcune delle ipotesi menzionate sopra potrebbero non verificarsi, nel qual caso il successo dell’operazione sarebbe fortemente a rischio, e metterebbe a rischio il futuro del Paese. È necessario tenerlo in mente non solo per individuare misure correttive da mettere eventualmente in atto in modo tempestivo, ma soprattutto per evitare, come spesso è avvenuto in passato, di attribuire la responsabilità del fallimento a un complotto esterno.

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