Fonte: La Stampa
di Nicola Lillo
«La norma sul soggiorno da 5 anni verrà cambiata». Smentito Tridico, asse ancora più forte con la Lega
La legge sul reddito di cittadinanza «riguarda coloro che sono cittadini italiani». A parlare non è un leghista, ma il leader dei Cinque Stelle Luigi Di Maio che sposa a parole la linea del Carroccio, contrario a concedere l’aiuto agli stranieri. Nella bozza che circola sulla misura infatti si prevede che il reddito vada ai cittadini italiani e anche agli stranieri residenti da almeno cinque anni. Ora Di Maio però fa mezzo passo indietro e ammette che la norma cambierà, smentendo anche il suo consigliere economico Pasquale Tridico, il quale aveva spiegato a La Stampa che la platea dei beneficiari avrebbe incluso anche chi non è italiano seppur residente da cinque anni.
«La lungo soggiornanza di cinque anni sarà cambiata e il nostro obiettivo è dare il reddito di cittadinanza agli italiani e ai lungo soggiornanti che abbiano dato un grande contributo al nostro Paese», spiega ora Di Maio. Impedire a chi non è italiano di accedere al reddito però va contro la legislazione europea. Per questo ora la «volontà politica» sarebbe di alzare l’asticella e dare il beneficio ai residenti da dieci anni, il tempo peraltro che serve per ottenere la cittadinanza. È ancora da capire però se questo limite particolarmente stringente sia conforme alle norme europee e alla Costituzione.
Il pressing della Lega
Fatto sta che il vicepremier ha dovuto cedere alle pressioni della Lega. E non è la prima volta. Il Carroccio ha infatti chiesto sia di limitare la platea ed escludere gli immigrati, sia di impedire che il reddito diventi puro assistenzialismo. Nel primo caso hanno imposto di alzare l’asticella, nel secondo di introdurre sgravi a favore delle aziende che assumono i beneficiari: in pratica chi fa un contratto a tempo indeterminato può incassare le mensilità rimanenti, fino a un massimo di sei. Provvedimenti che ora rendono un poco più digeribile questa riforma all’ala leghista del governo.
Per il resto la misura – che dovrebbe esser pronta per la prossima settimana – è in gran parte già scritta, con l’individuazione della platea (1,4 milioni di nuclei familiari e 5 milioni di individui, di cui solo un quinto cercherà attivamente lavoro), aiuti da 780 euro al single fino a 1330 euro per i nuclei più numerosi (498 euro in media a soggetto) e gli accordi obbligatori da sottoscrivere nei centri per l’impiego con l’obiettivo di trovare un’occupazione: il tutto finanziato da 7,1 miliardi già stanziati.
Il 47% degli aiuti al Nord
L’aiuto dovrebbe andare per il 53% nelle regioni del Sud e per il 47% al Nord. «La Lombardia sarà la terza regione per volumi di importo relativi al reddito – spiega Di Maio – quindi dobbiamo sfatare questo luogo comune per cui al nord va tutto bene». Le prime due invece sono Campania e Sicilia. A seguire ci sono Lazio, Puglia e Piemonte.
L’aiuto, che parte dal primo aprile, andrà a cittadini con Isee inferiore a 9360 euro, ma ci sono anche altri limiti che vanno dal patrimonio mobiliare al reddito: in questo modo la misura si avvicina molto al Reddito di inclusione del precedente governo ma con assegni più alti. Per quel che riguarda le offerte di lavoro, si prevede che possano arrivare fino a 100 km di distanza dalla residenza e, dopo un rifiuto, fino a 250 km. Al secondo «no» è possibile anche ancor più lontano da casa.