19 Settembre 2024

Fonte: Huffington Post

di Angela Mauro

Mercoledì la direzione Dem sulle deroghe per premier e ministri. Punto interrogativo su Manconi, in lista Giuliano Da Empoli. Intesa con Verdini, forse

Giuliano Da Empoli dentro. Luigi Manconi chissà. Di certo diranno addio alle Camere diversi parlamentari Dem tra i meno renziani o non renziani, quasi fosse una nuova diaspora silenziosa dopo la scissione del febbraio scorso. Fuori per scelta propria Pietro Ichino, Vannino Chiti, Giorgio Tonini, Massimo Mucchetti oltre a Anna Finocchiaro e Rosi Bindi, che lo hanno annunciato già prima della pausa natalizia. E invece sull’alleanza tra Pd e Ala di Denis Verdini ancora non è detta l’ultima parola, anche se è materia scottante per il Nazareno: dal quartier generale renziano continuano a fioccare dinieghi e silenzi.
Mercoledì alle 18 il segretario Dem Matteo Renzi riunisce la direzione nazionale del partito. Non è ancora quella decisiva sulle candidature per le politiche (c’è tempo fino al 29 gennaio). Ma servirà a stabilire le deroghe per i parlamentari che si ricandideranno pur avendo già maturato i 15 anni in Parlamento, limite previsto dallo Statuto. Anche Manconi è tra coloro che avrebbero bisogno di deroga per correre. E su di lui, simbolo della battaglia sullo ius soli, capofila dello sciopero della fame a staffetta sostenuto da amministratori, società civile e ministri (Delrio) per ottenere la nuova legge sulla cittadinanza (invano), si addensano punti interrogativi.
A sostegno della ricandidatura di Manconi firmano anche il ministro Carlo Calenda e Emanuele Macaluso, sottoscrizioni fresche di oggi che si vanno ad aggiungere ad altri nomi pesanti: i genitori di Giulio Regeni, Ermanno Olmi e Massimo Cacciari, Dacia Maraini e Agnese Moro, il filosofo pur vicino a Renzi Massimo Recalcati, Padre Guido Bertagna e Gianni Amelio, gli scrittori Elena Stancanelli e Nicola Lagioia e tanti altri. Molti sono rappresentanti di aree lontane dal Pd: la ricandidatura di Manconi potrebbe servire a riavvicinarle, potrebbe essere il tentativo di recuperare un pezzo di immagine pubblica dopo il fiasco sullo ius soli. E invece Renzi tentenna.
Di per sé, il segretario non gradisce che le petizioni gli impongano la linea. Anche se c’è da vedere: di petizione a sostegno di una sua corsa elettorale parla anche il campano Franco Alfieri, capo della segreteria del governatore Vincenzo De Luca, ex sindaco di Agropoli noto per “le fritture di pesce” da offrire in campagna elettorale per acchiappare voti, come gli disse in un comizio della campagna referendaria il presidente della Regione Campania, lodandolo per le sue qualità “clientelari”. Sarà no anche per Alfieri?
Renzi intanto su Manconi non si scalda. Nessun tweet, nessun incontro per sostenerne la causa, nessuna mossa sullo stile di quelle fatte per Paolo Siani, il fratello di Giancarlo, giornalista ucciso dalla Camorra, in lista Pd in Campania, porta-bandiera della battaglia Dem contro la criminalità organizzata. Sullo ius soli invece nessun simbolo e nessuna battaglia, anche in campagna elettorale. Anzi: a maggior ragione in una campagna elettorale che vede virare a destra la maggior parte delle forze politiche in campo.
Quanto alle altre deroghe, dopo i mugugni nei territori, il segretario ha deciso di restringerle a pochi casi: il premier Paolo Gentiloni e i ministri che ne necessitano (Minniti, Pinotti, per esempio) e pochissimi altri (tra i parlamentari di sicuro ne avranno bisogno Roberto Giachetti, deputato ed ex candidato Pd al Comune di Roma, e l’ambientalista Ermete Realacci). Non ne avrà bisogno Luigi Zanda, capogruppo al Senato che sarà candidato sempre a Palazzo Madama nel collegio ‘Roma 1’. Ma molti altri vecchi con alle spalle 15 anni di esperienza in Parlamento, hanno deciso di farsi da parte.
E così non saranno ricandidati il veltroniano Giorgio Tonini, attuale presidente della Commissione Bilancio del Senato. E anche Vannino Chiti, capofila della battaglia contro la legge costituzionale poi bocciata dal referendum 2016, non si ricandida. Stessa scelta per Massimo Mucchetti, ex del Corriere, candidato nelle liste Pd nel 2013 dall’allora segretario Pierluigi Bersani: con Renzi non ha nulla a che spartire. Ma anche Pietro Ichino, giurista e giornalista, una delle personalità inizialmente vicine al segretario toscano, considera terminata la sua esperienza da parlamentare. In attesa delle decisioni del partito Beppe Fioroni, che si mette a disposizione del segretario. E non tornano in Parlamento Rosi Bindi e Anna Finocchiaro.
Nel caso degli ultimi citati, si tratta di personalità che in Parlamento ci hanno trascorso una vita intera o quasi. Dunque avrebbero bisogno delle deroghe. Ma comunque il ‘gruppone’ di chi si fa fuori da solo è composto da nomi non particolarmente legati a Renzi, anche se si sono collocati in maggioranza Pd al congresso (vedi Tonini, per esempio). E’ come se, al termine di una legislatura faticosa anche dal punto di vista dei rapporti con il segretario, in molti abbiano deciso di farsi da parte per non chiedere il favore della deroga, per chiudere un ciclo politico, per alzare bandiera bianca forse rispetto a un Pd profondamente cambiato.
Oltre all’economista Tommaso Nannicini, che mercoledì presenterà in direzione i cento punti del programma Pd, sarà in lista anche Giuliano Da Empoli, intellettuale, personalità del renzismo fin dall’inizio, scrittore che ha accompagnato il segretario in numerose visite istituzional-politiche all’estero, anche quando era premier.
Quanto alle alleanze, ancora il cerchio non si è chiuso intorno al Nazareno. Anzi: i cerchi. Perché oltre all’intesa con i Radicali di Tabacci e Bonino (ancora aperta), oltre a quella (già chiusa) con i Verdi e i Socialisti della lista ‘Insieme’, non è escluso un accordo con Ala di Denis Verdini. Nonostante le smentite ufficiali del Pd. Lo schema cui i verdiniani stanno lavorando sarebbe quello di resuscitare il vecchio simbolo dei Repubblicani, l’Edera, e candidarsi così, alleandosi poi con i Dem. Un meccanismo che consentirebbe agli ‘eredi’ di La Malfa di non raccogliere le firme per correre, permetterebbe a Verdini di candidare i suoi in collegi sicuri in Toscana (tipo l’ex direttore del ‘Giornale della Toscana’ a Prato), al Pd porterebbe voti sul proporzionale anche nel caso in cui la lista Ala-Pri non raggiungesse il 3 per cento. E’ un’offerta che al Pd hanno difficoltà ad accettare pubblicamente e che comunque per ora viene subordinata al fatto che in lista non ci sia Denis, il garante del patto del Nazareno con Berlusconi. Solo così, ragiona una fonte Dem, l’intesa potrebbe risultare meno indigesta all’elettorato democratico. Se pure, chissà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *