Polemiche per le centinaia di arresti. Solidali con gli studenti anche professori e dipendenti
La guerra a Gaza e il dramma israelo-palestinese scuotono le grandi università americane. Il clima è teso dopo che i vertici di prestigiosi atenei, da New York University a Yale dopo la Columbia University, hanno chiesto l’intervento della polizia per sgomberare accampamenti di protesta nei campus, operazioni che hanno visto l’arresto di decine di manifestanti pro-palestinesi in un clima di accesa polemica e divisioni.
Da un lato si levano denunce di antisemitismo e intimidazione nei confronti di studenti ebrei, sollevato da dimostrazioni dove hanno trovato eco anche simpatie per Hamas; dall’altro invece rivendicazioni del diritto alla pacifica espressione e alla libertà accademica, messi in dubbio da giri di vite che hanno rari precedenti.
Sia le azioni delle forze dell’ordine che nuovi inviti al dialogo sono parsi però al momento incapaci di riportare la calma. Harvard per precauzione ha chiuso l’accesso allo Harvard Yard, al centro del campus, mentre tende sono state erette all’MIT. Manifestazioni e occupazioni, che da lunedì hanno coinciso con l’inizio della festività ebraica di Passover, sono avvenute anche a Berkeley in California, dove una dozzina di tende sventolano la bandiera “Solidarietà a Gaza”, come all’Università del Minnesota.
Le incognite emergono soprattutto a New York, nella catena di eventi e prese di posizione a Columbia, epicentro della crisi. La rettrice Nemat Shafik la scorsa settimana aveva chiesto per prima l’ingresso della polizia in università, mai accaduto dalle proteste contro la guerra in Vietnam nel 1968, portando ad un centinaio di arresti e sanzioni contro numerosi studenti. Adesso al fine di contenere i rischi ha offerto agli studenti l’opzione di seguire lezioni in remoto per completare il semestre, che si conclude il 29 aprile.
Ma le dimostrazioni sono proseguite e centinaia tra professori e dipendenti universitari, stando al New York Times, hanno firmato lettere critiche del crackdown e ventilato possibili censure simboliche della rettrice da parte del Senato universitario. Shafik, che durante recenti audizioni al Congresso si era impegnata a rispondere con determinazione a manifestazioni considerate illegali e a episodi di antisemitismo, ha detto d’essere cosciente del «dibattito sul ricorso o meno alla polizia nel campus» e sottolineato che un «miglior rispetto delle regole eviterebbe la necessità di contare su altri per mantenere la sicurezza della nostra comunità».
Laura Ann Rosenbury, rettrice del vicino Barnard College affiliato a Columbia, ha cercato un difficile equilibrio affermando che «l’esposizione a idee scomode è una vitale componente della formazione, ma nessuno studente deve sentirsi minacciato o escluso». Alla New York University, teatro nel frattempo di nuove proteste, lunedì notte gli arresti hanno raggiunto i 150, al termine di tafferugli con la polizia.
Poco a Nord, l’università di Yale in Connecticut, è altrettanto nella bufera: sono state arrestate 60 persone tra cui 47 studenti. Il rettore Peter Salovey ha dichiarato che «il clima era diventato sempre più difficile» e che l’obbligo dell’università è di mantenere la sicurezza e l’accesso per tutti alle sue strutture.
La guerra a Gaza aveva già messo sotto pressione le università statunitensi: nei mesi passati due rettori, di Harvard e della University of Pennsylvania, avevano rassegnato le dimissioni sotto piogge di critiche per non aver saputo denunciare con chiarezza l’antisemitismo nei campus durante audizioni parlamentari. Da allora la spirale di crisi si è tuttavia intensificata.
È una tensione che si è estesa al mondo del business e alla politica. Un grande finanziatore di Columbia, il conservatore Robert Kraft, ha annunciato la sospensione delle donazioni perché la leadership universitaria non sarebbe in grado di garantire la sicurezza nell’ateneo e contrastare «l’odio virulento». Deputati repubblicani hanno chiesto per simili ragioni le dimissioni di Shafik. Ma anche la governatrice dello Stato di New York, la democratica Kathy Hochul, ha detto di «non aver mai visto proteste così viscerali, con studenti che hanno paura di camminare per il campus».
E dalla Casa Bianca il Presidente Joe Biden nelle ultime ore ha denunciato ogni «intimidazione e invito alla violenza contro gli ebrei» e «l’aperto antisemitismo, esecrabile e pericoloso, che non ha alcun posto nei campus o nel Paese». Gli organizzatori delle manifestazioni, una rete diffusa comprese alcune associazioni pacifiste ebraiche, replicano di respingere ogni odio e pregiudizio e che simili episodi non li rappresentano. Affermano di temere che ogni critica a Israele sia tacciata di antisemitismo.