L’ambasciatore alle Nazioni Unite Ali Bahreini supervisiona la conferenza in cui si discute del ruolo di scienza e tecnologia nella promozione dei diritti umani. Nel suo Paese, intanto, si succedono esecuzioni, arresti e violenze
Sadeq Tajik e Yadollah Farokhi sono stati impiccati all’alba. Quando sorge il sole e le città ancora dormono è il momento prediletto dal regime per punire i cittadini che infrangono le sue leggi. Lo ha fatto anche ieri, nel giorno in cui ha assunto la presidenza del Forum sociale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Una coincidenza sfortunata? Vediamo: se avesse assunto la presidenza due giorni prima, secondo la ong Hrana, l’avrebbe iniziata mentre giustiziava altri cinque detenuti; sei giorni prima, sarebbe coincisa con la data della morte di Armita Garavand, la sedicenne uccisa dalla polizia morale perché non aveva il velo. Non c’è ora in Iran in cui non ci sia un arresto ingiusto, un’aggressione per dei capelli al vento, una minaccia per un post sui social, un’impiccagione.
Eppure, in uno scontro tra realtà e palazzi di vetro, il 2 e il 3 novembre il regime degli ayatollah, con l’ambasciatore alle Nazioni Unite Ali Bahreini, supervisiona la conferenza in cui si discute del ruolo di scienza e tecnologia nella promozione dei diritti umani. Quale contributo innovativo potrà portare l’ambasciatore del Paese che usa la tecnologia per il riconoscimento facciale delle donne senza velo?
La nomina era arrivata a maggio, non senza critiche e richieste di revoca. Il Forum di Ginevra è un consesso sui diritti umani, una riunione più simbolica che decisiva, ma questo non placa la rabbia del popolo iraniano che si chiede come possa l’Onu lasciare nelle mani della Repubblica islamica — sostenitrice di Hamas, che uccide Mahsa Amini — un incontro come questo. A luglio, Josep Borrell ha difeso la nomina dell’Iran facendone una questione di rotazione regionale. Ma la ong UN Watch ha spiegato che il gruppo dei Paesi asiatici a cui appartiene la Repubblica islamica ha ricoperto la carica quattro volte negli ultimi sei anni. Da Teheran arriva un ultimo dato: a ottobre, sono stati impiccati 78 prigionieri.